“Il segreto di Amador” di Kiko Amat è un romanzo dal ritmo serrato, che racconta la storia di uomini persi in una spirale di brutalità e sadismo, che vivono in un mondo feroce, nel quale l’amore è una colpa e la compassione è disonore. Ma in cui, forse, resta il ricordo dell’innocenza perduta, nella devastazione del presente e del passato

Due uomini che vivono una vita disperata, animata quasi solo da violenza e rimorsi, finiscono per incrociarsi in un’avventura dal ritmo serrato e dai toni cupissimi, in un mondo in cui si muovono figure squallide o cattive, tutte senza apparente possibilità di redenzione.

Il segreto di Amador di Kiko Amat, edito da e/o e tradotto da Pino Cacucci, è un noir ambientato a Barcellona in ambienti sordidi e terribili. Quelli in cui si muove Fran Amador, che fa parte di un gruppo di ultras del Barcellona, i Lokos.

Il segreto di Amador di Kiko Amat

Ma il tifo è l’ultima delle loro preoccupazioni. Di fatto, sono un piccolo gruppo di criminalità organizzata, che si occupa di spaccio ed estorsioni. Una sorta di tribù con una struttura gerarchica e regole brutali e primitive.

Amador è uno dei capitani ma non è il kapo, l’uomo al comando si chiama Cid. Uno psicopatico sottilmente malvagio, un individuo orribile che però di Amador è stato il primo grande amore.

Parallelamente ad Amador, nel libro si muove César, un ex giocatore di rugby, un gigante enorme e dalle apparenze spaventose che lavora come sicario per un’organizzazione che riceve richieste singolari, quelle di punire uomini che hanno fatto qualcosa di molto cattivo. E punirli in un modo altrettanto spietato, come se questo potesse portare riparazione al dolore.

César ha una sorella e una nipote. Una famiglia, o quel che ne resta dopo un passato tormentato. Una delle poche cose pure che gli rimangono, qualcosa da proteggere ad ogni costo, da proteggere a suo modo. E proprio per questo dovrà incrociare la strada dei Lokos. 

Sorretto da una scrittura incalzante in cui l’azione del presente si mescola ai continui flashback sul passato, Il segreto di Amador ha la capacità di essere allo stesso tempo un romanzo che mostra la tonalità monocorde della ferocia e tutte le sfaccettature, le possibilità perdute e gli amori irrealizzati che i suoi protagonisti covano dentro.

“Ogni volta che sta per eliminare qualcuno pensa che quel qualcuno era stato un bambino (…) Quando vede notizie su guerre, incidenti, attentati, pensa a tutti i morti, allo spreco dei loro anni precedenti, tutto inutile. Amador è mai stato bambino?“.

Il segreto di Amador è certo l’omosessualità, gli amori clandestini che nessuno del suo gruppo deve scoprire. Quei momenti di tenerezza che devono restare nascosti. Ma, in fondo, il suo vero segreto è in generale proprio un desiderio di amore, sempre frustrato, che non è mai riuscito a conoscere da piccolo e che gli ha rovinato la vita e persino i ricordi.

Nato povero, in una famiglia devastata, con un padre che è in parte responsabile dei suoi traumi ma per il quale ancora prova una forma di affetto. E il Cid, il kapo, è colui che lo ha conquistato, sedotto, aprendogli un mondo dove sfogare ancora di più la sua rabbia perdendo però pezzo a pezzo la sua dignità di uomo, l’empatia, la compassione. E ora di quel legame giovanile non c’è più nulla, il Cid è solo quello che comanda e Amador il suo consigliere, il braccio destro nel turbinio di sopraffazioni, torture, pestaggi. Ma qualcosa in lui, come una sorta di vaga reminiscenza di ciò che non è stato e avrebbe potuto essere, permane. Un sussulto, come le lacrime che inspiegabilmente lo colgono e lo spaventano, costringendolo a picchiare di più, picchiare più forte.

Così come César, che ha messo la violenza al servizio di un distorto concetto di giustizia, mantiene la volontà di conservare intatto quel piccolo nucleo di famiglia che gli è rimasto, quell’ipotesi di serenità e purezza. Le loro vite, però, corrono troppo veloci, ingoiate da qualcosa che non riescono a controllare, e che per loro è diventato un istinto, l’unico modo che conoscono per reagire e ottenere ciò che vogliono. E finiranno per muoversi uno alla ricerca dell’altro tra case abbandonate, bar malfamati e posti di lusso, in una scia di sangue che sembra impossibile da fermare.

E tutto, intorno a loro, appare squallido. Tutto sadico e meschino, come gli scagnozzi dei Lokos, privi di rimorso e di vero attaccamento a qualsiasi cosa che non sia il denaro e la volontà di salire gradini nella piramide di comando, a costo di ingoiare umiliazioni dall’alto e infliggere sofferenze a chi sta più in basso. Il loro mondo è regolato da un codice d’onore che non ha nulla di onorevole, e costringe a calpestare l’umanità altrui e la propria.

La lunga catena di dolore ha prodotto mostri e non si può più spezzare, anche se Amador dentro di sé forse lo vorrebbe. “Ti senti come un orco gigantesco che ha appena spento un incendio pisciandoci sopra mentre tutti gli si lanciavano contro tirandogli frecce negli occhi, ma alla fine si rendono conto che é buono, che il problema era il sassolino nella scarpa (…) Magari non ci teneva proprio a diventare così, cazzo, ma gli è toccato”. E se anche la luce, flebile che ancora si agita dentro Amador o César probabilmente non varrà a salvarli, potrebbe invece evitare a qualcuno, che nelle loro storie non c’entra niente, di pagare per tutti.  

Con Il segreto di Amador Kiko Amat (classe ’71, nato nella periferia barcellonese, da un rugbista e da un’ausiliaria del manicomio locale) ha scritto allo stesso tempo un romanzo d’azione duro e martellante, che scende nella depravazione e nella violenza più ferina, e un libro straziante sull’innocenza perduta, e l’amore che non è riuscito a trovare uno sbocco.

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