A cinque anni dall’acclamato memoir “La straniera”, Claudia Durastanti torna con un’opera di fantasia, il romanzo “Missitalia”: un’avventura di eroine, viaggiatrici audaci dalla Lucania alla Luna e ritorno. L’autrice porta il suo racconto attraverso duecento anni di storia, e lo fa volare mescolandone le prospettive, con una lingua densa

“Devo dir­telo, adesso che stiamo per congedarci: ho sempre preferito le persone che avevano storie e non insegnamenti. Dalla tua spe­cie verranno le eroine, le rivoluzionarie, le sante”.

Missitalia di Claudia Durastanti

Le donne di Claudia Durastanti sono lupe in una terra selvaggia, streghe, baccanti, esploratrici temerarie: tra calanchi e crateri naturali, la Val d’Agri è un sud magico, una terra di sortilegi e di mistero che affronta gli urti instabili del progresso.

In Missitalia (La Nave di Teseo) le donne attraversano lo spazio e il tempo, accarezzano sassi come pietre miracolose, si riuniscono in comunità, diventano spie, salvano gli scarti dell’umanità, sono capaci di grandi speranze e grandi bugie.

Italo Calvino scriveva che Carlo Levi aveva descritto un altro mondo all’interno del nostro. Anche il mondo della Val d’Agri è un altrove, apparentemente fuori dalla storia, una terra inquieta che produce olio nero, che vede il progresso con diffidenza perché sa che con la modernità e le sue chimere dovrà perdere l’orientamento per poi ritrovarlo, ma solo facendo ritorno.

Durastanti porta il suo racconto attraverso duecento anni di storia, lo fa volare mescolandone le prospettive: la realtà è fatta di un futuro in cui credere come se fosse già successo, perché tutto è collegato, e la propria terra protegge anche quando la si vuole abbandonare. È una terra promessa, una madre terra che dà origine ma accoglie anche la fine di tutto, un’entità ancestrale dove spazio e tempo si incontrano e si fondono, per permettere di essere se stessi, parte di un insieme, consapevoli dell’effetto delle azioni sugli altri.

Gioca con la Terra e la Luna, e con i tempi verbali, Missitalia, risale all’origine darwiniana non per trovare un senso, ma per preservare la bellezza del mistero: come il sud che è tante cose contemporaneamente, un mondo fuori dalla storia, un po’ stregonesco.

Subito dopo l’unità d’Italia, Amalia Spada è un’avventuriera che accoglie nella sua casa una comunità di giovani, abbandonate, ribelli e peregrine. È l’inizio della storia, una congrega di lupe che relegano gli uomini, clandestini e in fuga, nel sottosuolo, che conoscono la speranza e la violenza, sorridono a un pittore, i loro ritratti pieni di smorfie e carattere di chi cerca una nuova vita, e la chiama libertà. Quella casa è una zona franca, una caverna, un luogo di creatività e libertà, un mausoleo di sassi.

Quando arriva la Fabbrica, gli animi si dividono, chi ne rimane affascinato, e poi vittima, chi la considera irreale, quella industrializzazione di cui si dicono meraviglie, un futuro altro, un tempo diverso, ma non meno irrequieto del proprio. In molte fuggono dalla casa, dalla terra per cercare quell’altrove dove costruire il loro futuro anteriore.

Il cambiamento è essenza dell’immobilità e loro sono come anguille, che si trasformano, si spostano, streghe e guerriere, creature primordiali che è impossibile definire.

“Le anguille nascono nello stesso mare, poi si spostano fino ad arrivare in luoghi impensabili. Nessuno sa dire come si riproducono. Però non nascono e non muoiono, si trasformano e basta”

Resistere al mondo che cambia significa trasformarsi in una coordinata che nessuno può trovare, una destinazione segreta in una caccia al tesoro. Molti anni dopo, nel dopoguerra, Ada è una studiosa, in missione nella terra dei suoi avi, che partorisce petrolio, intriso di potere, ma mantiene ancora intatto il suo mistero ancestrale. La Val d’Agri è la coordinata da raggiungere, un luogo e un tempo da riesumare come materia di studio, in una ricerca antropologica che scava nei sentimenti più semplici, nei bisogni più elementari, e fa affiorare le voci, uguali negli anni, anche in uno spazio che ha conservato la sua violenza di terra inquieta e secca. Non è più una casa che protegge ma un guscio da aprire, sfruttare e studiare, dal quale emana sensualità e segretezza.

È il tempo della conservazione della memoria, che osserva e preserva tutto, commemorando anche la realtà tossica delle trivelle.

“Il tempo si stava liquefacendo ed era penetrata una sensazione di disordine da ultime creature di una specie: i sopravvissuti non desideravano l’esilio, quanto una forma di protezione per tutto l’ambiente circostante”

Nel futuro più prossimo, la donna di Claudia Durastanti è A: la Lucania è la base da cui partono le navicelle per la colonizzazione dello spazio e vive specularmente alla sua gemella lunare, il mondo nuovo dove tutto doveva essere diverso ed è tutto uguale, in una fissità che nega il fluire del tempo, ripudia il concetto di passato e di futuro, proibisce la parola fine.

In questa terra di frontiera, la realtà avveniristica svuota anche l’identità, e riduce a lettera prima la protagonista, l’alpha, una donna solitaria, resa fragile nel corpo, ma forte nel recuperare le cose perdute, nel ridare vita agli oggetti, per un’ecologia dei rifiuti in un presente che si è fatto discarica di tutto quello che all’umanità sembrava inutile.

La Terra, allora, desertificata e aspra, ritorna a essere terra promessa, si riscatta con la nostalgia dell’assenza e anche dell’indifferenza subita, pronta a riaccogliere: è l’approdo imperfetto dove poter ritornare e continuare a far scorrere il tempo, a sovrapporre il mondo fantasticato e quello agito.

“Io, la vita, ho saputo farla quasi e solo così: immaginando una felicità che doveva accadere, dando già per certo che accadesse”.

la straniera claudia durastanti

La straniera, pubblicato da La Nave di Teseo nel 2019, è un memoir familiare incentrato sulla figura della madre della scrittrice, in cui Durastanti intreccia la sua storia personale con brevi inserti saggistici in cui riflette su classe, disabilità e politica. Nel nuovo libro, l’autrice e traduttrice classe ’84 lascia da parte l’autofiction

Facile accontentarsi del futuro, più difficile attraversare la vita ricercando la verità: Missitalia è un’avventura di eroine, viaggiatrici audaci dalla Lucania alla Luna e ritorno, unite da corrispondenze invisibili, capaci di immaginare la felicità, le mille possibilità di quello che potremmo essere, di quello che gli altri potrebbero essere se li immaginiamo, lasciando che ci sia spazio per i sogni.

Claudia Durastanti torna dopo il successo di La straniera con un lavoro di fantasia, ma di sentimenti veri, densi come la sua lingua, crea mondi che richiamano la sua terra e diventano storie (mai insegnamenti), per interpretare il nostro tempo e la nostra umanità, fatta di donne fortissime, di progressi dolorosi, di miti arcaici e di un futuro da continuare a inventare, vivendolo ogni giorno.

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Fotografia header: Claudia Durastanti, credit Lorenzo Poli

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