Atmosfere alla “Black Mirror” nei racconti di Kim Fu, che coinvolgono l’aspetto sensoriale (e giocano con la vista, con il tatto, con il gusto). La brillante raccolta “Mostri meno noti del ventunesimo secolo” si inserisce nel filone della speculative fiction. Nelle storie sono maneggiate con abilità tutte le declinazioni del genere: dalla sci-fi al distopico, dal realismo magico all’horror…

Da Naomi Alderman a Margaret Atwood, da Squid Game a Philip K. Dick’s Electric Dreams: negli ultimi anni la speculative fiction sembra essere tra i generi più popolari, capace di raccontare e analizzare le complessità della nostra realtà attraverso il linguaggio del fantastico.

Mostri meno noti del ventunesimo secolo di Kim Fu, edito in Italia da Racconti edizioni (traduzione di Chiara Reali) è un’aggiunta brillante a questo filone letterario: a leggere i racconti che compongono questa raccolta sembra quasi di trovarsi in un episodio di Black Mirror, o della più classica The Twilight Zone.

Mostri meno noti del ventunesimo secolo di Kim Fu

Maneggiando con abilità tutte le declinazioni del genere – dalla sci-fi al distopico, dal realismo magico all’horror più puro – e conservando però uno stile sempre asciutto, che lascia che siano i fatti a parlare, Kim Fu utilizza le lenti del surreale e del fantastico per dare voce alle inquietudini della società moderna. I mostri del nostro secolo, appunto, personali e collettivi allo stesso tempo.

In primis, c’è il rapporto con la tecnologia. Nel racconto di apertura alla raccolta, Colloquio pre-simulazione XF006877, Fu immagina una società in cui servizi di realtà aumentata a pagamento consentono agli uomini di dare sfogo alle loro più intime fantasie, spesso dalla dubbia moralità. Al contrario, un uomo che desidera rivedere un’ultima volta la sua defunta madre, si scontra con la resistenza dell’operatore della simulazione. Con una narrazione che lascia tutto al discorso diretto, l’autrice solleva domande sulle implicazioni etiche della tecnologia e sulla dipendenza che può causare. Così come accade in Dopo aver ucciso mia moglie, in cui, in un futuro in cui la morte può essere aggirata stampando in poche ore nuove versioni di sé stessi, un marito e una moglie continuano a uccidersi a vicenda per fuggire la monotonia e tenere vivo il loro rapporto (ma anche perché, semplicemente, possono farlo).

Talvolta i mostri di Fu assumono sembianze concrete: ne L’uomo della sabbia, una rivisitazione inquietante del Sandman del folklore europeo appare di notte alla protagonista insonne; in Bridezilla, un mostro marino viene avvistato dai media internazionali il giorno in cui una coppia decide di sposarsi. Non sono che le incarnazioni delle nostre personali inquietudini quotidiane. In una società in cui ci si deve “sbattere così tanto per rilassarsi”, l’insonnia di Kelly diventa identitaria quando la giovane non rifugge il mostro ma anzi, si unisce al a lui in maniera sensuale e totalizzante. Il mostro che mangia o ingloba a sé gli organismi marini che trova lungo il suo corso riflette le paure della protagonista – e forse di un’intera generazione – rispetto al matrimonio, in cui la personalità del singolo corre il rischio di essere divorata, annientata.

E quindi perché “meno noti”? I mostri della raccolta di Kim Fu sono nel loro aspetto e nella loro occorrenza sicuramente originali, ma le esperienze di cui si fanno simbolo sono familiari a tutti noi abitanti del ventunesimo secolo. E quelli che incutono più paura forse sono quelli invisibili, non manifesti. In Liddy, la prima a volare, la complessità della pubertà e il rapporto con un corpo che cambia sono affrontati in chiave fantastica attraverso la storia di un’adolescente a cui spuntano improvvisamente delle ali alle caviglie. In Maggiolini, il più horror tra i racconti della raccolta, dal gusto esplicitamente kafkiano, una giovane in fuga da una relazione violenta affitta una casa che viene invasa da insetti.

Sono, questi, racconti che coinvolgono l’aspetto sensoriale e giocano con la vista, con il tatto, con il gusto. Quest’ultimo, in particolare, è il grande assente del racconto che chiude la raccolta, in cui a seguito di una misteriosa pandemia, che fa eco a quella del Covid-19, il cibo perde improvvisamente di sapore per l’umanità intera. E mentre la vecchia generazione continua ad aggrapparsi al ricordo dei sapori perduti, rifiutando il suo nuovo presente, la nuova finisce per dimenticare, secondo un naturale processo di adattamento. A tutto ci si abitua: prima o poi anche i mostri non fanno più notizia.

Mostri meno noti del ventunesimo secolo è il primo libro di Kim Fu ad arrivare nelle librerie italiane. Negli Stati Uniti il suo romanzo d’esordio, For Today I Am a Boy, le è valso un Edmund White Award ed è stato tra i finalisti al PEN/Hemingway Award.

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Fotografia header: Kim Fu, credit: Photo by L D’Alessandro

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