“L’ho capito leggendo (la scrittura la si capisce sempre e solo leggendo), l’ho capito facendo il libraio: tutte le storie sono balene. Tutte. Le storie balenano, emergono dall’abisso in cui nuotano per prendere fiato e i lettori sono l’ossigeno di cui si alimentano: i lettori sono l’aria che permette alle storie di respirare, di vivere”. Su ilLibraio.it la riflessione di Alessandro Barbaglia, libraio e scrittore, che torna con “Nella Balena”

Che ore sono? Va sempre a finire così: quando leggo casco in un posto che non riguarda il tempo, che è sganciato e lontano dal suo ticchettio. Mi sdraio – leggo sdraiato, sì, quasi sempre; sottolineo a matita e prendo appunti tutti storti – apro il libro e i secondi, i minuti, le mezzore vanno avanti senza di me: io resto lì. Nella storia.

Poi però quando smetto di leggere – o interrompo un istante magari per fare pipì – la prima domanda che mi assale è sempre la stessa: che ore sono? Non porto l’orologio, spesso appoggio il telefono chissà dove, fuori è maggio il buio non arriva mai. Ho letto dieci minuti? Un paio d’ore? Per scoprirlo a volte conto le pagine: è un esercizio senza senso, certe pagine durano un minuto, altre delle ore. Alcune una vita.

Che ore sono? Me lo domando come un tic (o come un tic tac, diranno i lettori che non hanno troppo in antipatia Lewis Carroll).

E chiudo il libro. Se mi fermo a pensarci è sempre tardi.

Qualche anno fa ho avuto un’idea bizzarra: scrivere un romanzo con una balena come protagonista. Poi ho fatto altro. Anzi: mi sono quasi vergognato di quel pensiero.

Dai, non scherziamo, certe cose non si fanno. Ci vuole rispetto. Una balena in un romanzo è come dire: “Sai, pensavo di scrivere un poema in endecasillabi diviso in tre cantiche che racconta di un viaggio ultraterreno tra Inferno, Purgatorio e Paradiso…”.  Se fai una cosa così dopo Dante sei matto e irrispettoso, se scrivi di balene dopo Moby Dick hai perso la scala di valori.

balene

E così ho continuato a leggere e a perdere il senso del tempo. Nella vita faccio il libraio, ho scritto un paio di romanzi, certo, ma vivo soprattutto leggendo storie e romanzi altrui; non devo per forza scrivere se non ho qualcosa a bruciarmi la pelle. E a me, da un po’, la pelle s’infiammava solo per le balene: un archetipo così grande che, se hai un po’ di giudizio, non ti azzardi a confinare in una storia. Torno a leggere. Tic tac… Tic tac… Che ore sono? Tic… tac…

Finché non mi assale una sveglia. Improvvisa. E la sveglia è uno squillo che senti negli occhi, è un nuovo modo di vedere le cose.

Sì, una sveglia, capisco che devo scrivere di una balena. E posso farlo perché se lo faccio non faccio nulla di male, non commetto vilipendio letterario, non pecco di arroganza, non esagero, anzi: non posso fare altro. L’ho capito leggendo (la scrittura la si capisce sempre e solo leggendo), l’ho capito facendo il libraio: tutte le storie sono balene. Tutte. Le storie balenano, emergono dall’abisso in cui nuotano per prendere fiato e i lettori sono l’ossigeno di cui si alimentano: i lettori sono l’aria che permette alle storie di respirare, di vivere.

Sì, è così: le storie bucano le onde a bocca spalancata (non sono forse fauci piccolissime e gigantesche le pagine di un libro aperto dentro cui infiliamo la faccia?) e inghiottono il lettore, lo portano con sé, giù negli abissi, o tra i flutti, su in isole lontane. Ovunque. Le storie ci prendono nel loro ventre e nuotando ci portano via da tutto, persino dal tempo. Alla fine ci partoriscono nuovi. E la domanda “che ore sono” è sempre lecita, perché dopo ogni storia inizia un tempo nuovo. Da zero. Fin che si è nella storia si vive il tempo del racconto: un perenne adesso sempre nuovo.

Sì, le storie sono balene, i lettori ossigeno. L’oceano è tanto grande.

Ecco perché potevo scrivere di una balena, perché di qualsiasi storia mi fossi occupato avrei comunque avuto a che fare con una balena, e allora tanto valeva raccontare di quella che amo di più, la mia: la Balena Goliath.

Ho scoperto la storia della balena Goliath su una locandina da Circo. La locandina diceva: “Solo per oggi, a Vercelli, vieni a visitare la Balena Goliath”. E’ una locandina del 1972.

Ora, io lavoro a Vercelli, è in Piemonte, il mare dista, se va bene, 250 chilometri. Che ci faceva una balena a Vercelli in piazza Camana nel 1972? Ecco la storia di cui mi innamoro. Quella dell’impresario Teatrale di Torino, Giuseppe Erba, che compra in Norvegia una balena, una meraviglia di 22 metri e 680 quintali, la carica su un camion e la porta a Torino, nel 1954. E qui la tiene esposta una settimana permettendo al pubblico pagante di visitare il ventre oscuro della balena.

Ecco da dove arrivava la balena passata da Vercelli nel 1972, era la stessa che aveva conquistato Torino nel 1954. Già, ma in quei 18 anni tra l’apparizione a Torino e il passaggio da Vercelli cosa accade alla mia balena? Quali altri città visita? E come fa una balena a viaggiare così? E dopo Vercelli, quando nessuno sente più parlare di lei, che fine fa? Una balena di 22 metri non può certo sparire!

Eccoci, quando hai le domande, inizia il romanzo. Quando ti chiedi: e poi come va avanti?, la storia funziona.

Il mio Nella Balena è la storia vera della più grande balena giramondo di tutti i tempi (resterà in tournée in Italia e in Europa fino agli inizi degli anni ’80, percorrerà più chilometri su strada di quante onde non abbia mai visto, incontrerà 40 milioni di esseri umani…). Potevo non raccontare una storia così? E potevo non raccontare la storia di tutti coloro che la grande balena hanno incontrato? Come cambia la tua vita se visiti il ventre oscuro di una balena? Cosa diventi se abiti con il tuo corpo la pancia di una balena? E che cos’è la balena Goliath, un mostro o una meraviglia? E ancora, che differenza c’è tra un mostro e una meraviglia? Insomma, Nella balena è la mia storia di balene. La storia della Balena Goliath, una storia vera, ripeto, ma totalmente inverosimile. Come dire: “Sai, quando leggo è come se finissi dentro il ventre di una balena”, girarsi, vedere in piazza la balena Goliath, pagare un biglietto ed entrare davvero nella grande pancia della balena. E trovare laggiù i propri genitori.

Se non è la storia più bella del mondo questa, io non saprei trovarne un’altra.

E, a proposito, ma non guardarti il polso, sai dirmi che ore sono?

nella balena barbaglia

L’AUTORE – Alessandro Barbaglia (nella foto di Francesco Lillo, ndr), poeta e libraio (qui le sue riflessioni pubblicate da ilLibraio.it, ndr), è nato nel 1980 e vive a Novara. Con Mondadori ha pubblicato La Locanda dell’Ultima Solitudine, finalista al Premio Bancarella, e L‘Atlante dell’Invisibile. Ora torna in libreria con Nella balena, romanzo poetico e impastato di archetipi.

 

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