In “Regina rossa”, primo titolo di una trilogia-bestseller, Juan Gómez-Jurado dimostra una freschezza irriverente degna di Chandler, senza perdere la gravitas che si addice a un thriller

«Ispettore Gutiérrez… Quella signora non è un poliziotto né una criminologa. Non ha mai impugnato un’arma, né ha mai portato un distintivo, e tuttavia ha salvato decine di vite.»
«Come?»
«Potrei dirglielo, ma non voglio rovinarle la sorpresa.» 

Madrid, giorni nostri. Jon Gutiérrez è un poliziotto con un problema più grosso di lui, e sì che lui è grosso parecchio, quasi un gigante. Per incastrare un magnaccia (a fin di bene) Jon ha fatto ricorso a mezzi non proprio legali, ma purtroppo per lui qualcuno (in effetti la prostituta che voleva salvare) l’ha filmato e condiviso su Internet. Ora la sua carriera è al palo, e se gli va bene lo attende il lastrico, se gli va male una cella. Poi dal nulla spunta fuori un personaggio misterioso – Mentor, si fa chiamare – che gli propone uno scambio: le prove del suo reato svaniranno come neve al sole (da Internet? Possibile?) se Jon convincerà una certa persona a salire in auto con lui. Tutto qui? Tutto qui. E dove sarebbe l’inghippo? L’inghippo, risponde Mentor con un sorriso, è la certa persona.

Juan Gómez-Jurado, Regina rossa

C’è stato un omicidio. Un omicidio brutale, scenografico, da serial-killer hollywoodiano. Soprattutto, un omicidio ai vertici della società, di quelli che esigono una soluzione rapida e la più assoluta discrezione. Per quest’ultima non ci sarebbe problema: Mentor e la sua organizzazione esistono apposta. Ma quanto alla soluzione, tutto è troppo ingarbugliato e incomprensibile per i normali investigatori. In casi come questi, rarissimi ma cruciali, la polizia alza le braccia e passa la palla all’unica persona in tutta la Spagna in grado di risolvere l’irrisolvibile: Antonia Scott. Sempre che Antonia, quella palla, abbia voglia di raccoglierla e di tirarla in rete. Al momento, povero Jon, pare proprio di no.

Campione di vendite in patria per due anni consecutivi, primo titolo di una trilogia che ha superato il milione di copie ed è in corso di traduzione in 40 paesi, Regina rossa (Fazi, traduzione di Elisa Tramontin) di Juan Gómez-Jurado arriva in Italia con un certo ritardo e con l’immancabile aria sospetta dei successi annunciati (anzi, già compiuti). Un milione di copie? In un mercato latino? Capisco in Germania o nel mondo anglosassone, dove si legge tantissimo. Ma in Spagna? Forse l’autore è un personaggio televisivo (non lo è). Forse è stato raccomandato dal re in persona (sembra di no). E com’è possibile che un bestseller del genere sia rimasto sotto il radar così a lungo, quando ormai i grandi autori internazionali escono in Italia nello stesso giorno della pubblicazione originale, e a volte pure prima? Mistero. Mistero doppio, se si considera la variabile aggiuntiva dell’equazione: la qualità. Di sicuro – pensiero corrente – se ha venduto tanto non sarà chissà che libro. E invece.

Regina rossa ha parecchie frecce al suo arco. Tra queste la principale non è la trama, che non è stereotipata, non precisamente, ma semina stereotipi a bracciate, come faceva Casablanca secondo la celebre analisi di Umberto Eco. Ci sono le morti atroci, il serial killer diabolico, i poliziotti che si ostacolano tra loro, persino la vittima prigioniera e la discesa dell’eroe nel sottosuolo, nella miglior tradizione fiabesca, ma Gómez-Jurado li usa, se così si può dire, come eccipienti: ingredienti necessari per sostenere il thriller mentre, tra un colpo di scena e l’altro (imprevedibile è imprevedibile, questo va detto) si fanno largo i due veri protagonisti della narrazione: i personaggi, e la voce. La geniale Antonia Scott, tra Limitless e Lucy, sulla quale ci sarebbe tantissimo da dire ma (come da citazione iniziale) non vogliamo rovinare soprese; l’esilarante Jon Gutiérrez, che riesce a essere allo stesso tempo Don Chisciotte e Sancio Panza; la povera Carla, e l’Altra Carla che le contende il comando; il malefico Ezequiel, dal mistero resistente; l’eroico ed esecrabile Parra; e poi la tatuatrice, con omaggio a Michael Connelly; l’ambasciatore inglese, dritto dritto dai romanzi vittoriani; il silenzioso Marcos (prima o poi parlerà?); e naturalmente il signor White, che contiamo diventi un nuovo Moriarty. Il cast, si direbbe per un film, è stellare, e merita cinque stelle.

Ma se le stelle di un giudizio potessero essere sei, sarebbe la voce narrante a portarsi a casa il jackpot. “Un cigno nero è, secondo una teoria recente, un evento terribile ad alto impatto che né la scienza né la storia potrebbero aver anticipato. Come l’11 settembre, la crisi immobiliare del 2008 o il ritorno dei marsupi”. “Bivio, conflitto, alternativa, argomento cornuto, strada senza uscita. A qualcosa serve la laurea in Lettere. Alla fine sai un sacco di sinonimi per definire una situazione di merda”. “I capelli in cima alla testa sono dritti. Ha l’aria di aver dormito in macchina, perché ha dormito in macchina.” “All’ispettore Gutiérrez servono una birra da 33 e un’entrecôte con peperoni talmente grande che ha un codice postale a parte”. “Il cuore gli scalpita nel petto come un ballerino di flamenco al compleanno di un narcos”. “Antonia, ovviamente, è una ferma credente nell’ateismo, che è un’altra forma di religione, solo più economica”.

Gómez-Jurado racconta così, per 430 pagine, con una freschezza irriverente degna di Chandler, senza perdere la gravitas che si addice a un thriller.

Ma mi rendo conto che questa recensione inizia ad allungarsi oltre il lecito. Succede quando un romanzo ti riempie di cose – e non ho nemmeno accennato alla passione di Antonia per i koan e per le parole speciali in altre lingue (la mia preferita: glas wen)! In breve, riassumendo, ecco le ragioni per cui vale la pena leggere Regina rossa: una trama imprevedibile, una voce indimenticabile, ma soprattutto lei, Antonia Scott. Lisbeth Salander ha finalmente un’erede.

L’AUTORE – Fabiano Massimi è nato a Modena nel 1977. Laureato in Filosofia tra Bologna e Manchester, bibliotecario alla Biblioteca Delfini di Modena, da anni lavora come consulente per alcune tra le maggiori case editrici italiane. Dopo il successo del romanzo d’esordio L’angelo di Monaco, un thriller in equilibrio tra realtà storica e avvincente finzione, sempre con Longanesi ha da poco pubblicato I demoni di Berlino. Con Mondadori è uscito Il Club Montecristo, giallo umoristico su carcere e relazioni.

Qui i suoi articoli scritti per ilLibraio.it.

Fotografia header: Juan Gómez-Jurado GettyEditorial 12-07-2021

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