Dal premio speciale a Claudio Magris (“che, con il suo lavoro, ci ha mostrato in che modo la grande letteratura riesce a parlare di noi”), al riconoscimento a Pajtim Statovci (“Gli altri bambini mi chiedevano sempre: sei più albanese o finlandese? Personalmente non mi sono mai posto il problema, ma gli altri sì”): il Premio Lattes Grinzane 2022, alla 12esima edizione, è stata l’occasione per incontri (anche con gli studenti delle Langhe) e riflessioni sul ruolo della scrittura e sulla capacità dei libri di affrontare le grandi questioni della contemporaneità. Grazie alle voci e ai diversi punti di vista di autrici e autori provenienti da tutto il mondo, come l’islandese Auður Ava Ólafsdóttir (“Attraverso i miei libri voglio provare a fuggire ogni forma di pessimismo. E questo perché credo nelle persone”) e l’italiana Simona Vinci (“Sono una lettrice, prima che una scrittrice”) – Il reportage de ilLibraio.it

Immerso nella foschia autunnale delle Langhe si è svolto l’appuntamento conclusivo per l’edizione 2022 del Premio Lattes Grinzane 2022, riconoscimento internazionale intitolato a Mario Lattes, giunto alla dodicesima edizione, che fa concorrere insieme autori italiani e stranieri ed è dedicato ai migliori libri di narrativa pubblicati nell’ultimo anno.

Il premio speciale a Claudio Magris

Tra i protagonisti di questa edizione Claudio Magris, a cui è stato assegnato il Premio Speciale Lattes Grinzane, attribuito ogni anno a un’autrice o autore internazionale di fama riconosciuta a livello mondiale, che nel corso del tempo abbia raccolto un condiviso apprezzamento di critica e di pubblico. Nel corso della cerimonia di premiazione al Teatro sociale Busca di Alba, condotta dallo scrittore Alessandro Mari, Magris si presenta sul palco, dopo essere stato introdotto così dal professore Giulio Ferroni: “Claudio Magris, con il suo lavoro, ci ha mostrato in che modo la grande letteratura riesce a parlare di noi”. Parole colme di ammirazione, stima e gratitudine da parte del critico letterario precedono l’intervento di Magris che, non rinunciando a uno spirito sferzante e leggero, regala al pubblico una lectio magistralis indimenticabile.

Claudio Magris nella cerimonia di premiazione del Premio Lattes Grinzane

Claudio Magris nella cerimonia di premiazione del Premio Lattes Grinzane (foto tratta dalla pagina Facebook del Premio)

Nella motivazione della Giuria Tecnica si parla del germanista Magris come di “uno dei maggiori critici letterari del Novecento“. Lo scrittore e intellettuale triestino “è oggi il narratore che più di altri ci sa trascinare verso alcuni stabili valori umani che se ne stanno al riparo dai mutamenti, valori che egli ha saputo mettere in rilievo soprattutto attraverso personaggi vissuti all’ombra dei grandi e che hanno fatto loro da spalla; personaggi travolti dalla vita, che non hanno fatto ma subìto la Storia, e non per questo deboli, ma di singolare forza nella loro malinconia o nella loro irriducibile vitalità”.

Claudio Magris, edito in Italia principalmente da Garzanti, nella sua lectio, dopo aver ringraziato la giuria, ha raccontato “il mondo in cui e da cui” sono nati i suoi libri, “le avventure, gli incontri e gli equivoci che si sono incrociati nella genesi e nel loro divenire”.

Le scrittrici e gli autori in gara

E veniamo a cinque romanzi finalisti, inizialmente selezionati dai docenti, intellettuali, critici e scrittori che formano la Giuria Tecnica, e poi affidati alla lettura e al giudizio di 400 studenti delle Giurie Scolastiche, avviate in 25 scuole superiori, da Aosta a Catania (passando per Torino, Alba, La Spezia, Assisi, Campobasso, Foggia, Crotone etc.), fino ad Atene: Auður Ava Ólafsdóttir, con La vita degli animali (Einaudi; traduzione di Stefano Rosatti), Pajtim Statovci con Gli invisibili (Sellerio; traduzione di Nicola Rainò), Simona Vinci con L’altra casa (Einaudi), Jesmyn Ward con Sotto la falce (NN Editore; traduzione di Gaja Cenciarelli), C Pam Zhang (Usa) con Quanto oro c’è in queste colline (66thand2nd; traduzione di Martina Testa).

Come ha notato nella sua analisi su ilLibraio.it Laura Pariani, scrittrice e giurata del premio, “quest’anno i cinque libri finalisti del Premio Lattes Grinzane raccontano l’esperienza della perdita che porta inevitabilmente con sé lo smarrimento del senso del mondo: come dice Eugenio Montale in una sua celebre poesia, sotto il peso della perdita si ha l’impressione che non servano più ‘le coincidenze, le prenotazioni,/ le trappole, gli scorni di chi crede/ che la realtà sia quella che si vede’. Questi libri guidano il lettore verso una risposta possibile alla domanda fondamentale: che fare se la persona – o il bene – a cui tenevamo molto ha assunto la forma dell’assenza? Per chi si trova a vivere tale esperienza, parlarne può dare sollievo e spesso salva”.

 Pajtim Statovci, il vincitore

Blazer cobalto, camicia con una fantasia psichedelica, e poi un dettaglio ricorrente, quasi come fosse un amuleto: un serpente al collo e uno disegnato sulle scarpe (un modello di Dr. Martens a edizione limitata). Così Pajtim Statovci sale sul palco per ritirare il Premio: è il suo Gli Invisibili a essere decretato il libro vincitore tra i cinque in gara.

Bolla, il titolo originale dell’opera di Statovci, fa infatti riferimento a un serpente, una creatura della mitologia albanese, che vive per tutto il tempo nascosto in un antro ma, una volta all’anno, viene liberato e si trasforma in un drago a più teste e sputa fuoco.

In fondo anche i personaggi del romanzo di Statovci sono costretti a vivere così: nascosti, nella vergogna. Una storia disperata che parla di un amore impossibile, di guerra, di sogni infranti, ma soprattutto di voglia di fuggire da qualsiasi etichetta che la società impone: “Sono piuttosto allergico alla parola ‘identità“, ha dichiarato l’autore durante la conferenza stampa, “e poi, cosa si intende con questo termine? Cosa stabilisce? Sono nato in Kosovo e sono arrivato in Finlandia quando ero piccolissimo. Gli altri bambini mi chiedevano sempre: sei più albanese o finlandese? Personalmente non mi sono mai posto il problema, ma gli altri sì: erano gli altri che avevano bisogno di affibbiarmi un identità di cui io, però, non ho mai sentito l’esigenza”.

Pajtim Statovci durante la cerimonia Premio Lattes Grinzane

Il vincitore Pajtim Statovci con Alessandro Mari durante la cerimonia Premio Lattes Grinzane (foto dalla pagina Facebook del Premio)

Statovci è nato in Kosovo nel 1990 ed è cresciuto in Finlandia, dove si è trasferito con la famiglia fuggita dalla guerra quando aveva due anni: “Per gli altri ero sempre quello sfortunato, quello con un trauma, ma questa visione è riduttiva e non vera. Inoltre, credo che questo mondo individualista abbia costruito una sorta di mito intorno al trauma“, ha spiegato poi l’autore davanti a una classe gremita di studenti e studentesse. “Devi imparare dagli errori del passato, devi migliorare, devi andare in terapia, devi ritrovare te stesso. Non sono d’accordo con questa retorica che ci vuole sempre propositivi e costruttivi. A volte il trauma non porta a niente. A volte dagli errori non si impara. E per me, come scrittore, è molto più interessante indagare come ci si sente a vivere la sofferenza, piuttosto che capire dove porta”.

Pajtim Statovci ha esordito nel 2014 ed è arrivato in Italia due anni dopo con L’ultimo parallelo dell’anima (Frassinelli), che ha vinto il Premio Helsingin Sanomat. Le transizioni (Sellerio, 2020), il suo secondo romanzo, è stato finalista al National Book Award e si è aggiudicato il Toi-sinkoinen Literature Prize nel 2016, mentre nel 2018 gli è stato assegnato l’Helsinki Writer of the Year Award.

Pajtim Statovci, Gli invisibili

Con Gli invisibili ha ricevuto il prestigioso Finlandia Prize, che ha consacrato l’autore come il più giovane vincitore di ogni tempo. Prima di scendere dal palco, Statovci ha letto un discorso di ringraziamento, rivolgendosi infine a Sellerio, la casa editrice che gli ha permesso di far conoscere la sua voce in Italia: “Avete realizzato il mio sogno, e questo per me vale il mondo”.

Tra l’elaborata motivazione che ha portato la giuria a scegliere il libro di Statovci, svetta una frase che resta impressa e che restituisce tutto il senso di questo dilaniante romanzo: “L’amore, per chi non lo sa coltivare, è uno specchio che non si può attraversare“.

Auður Ava Ólafsdóttir e la crisi climatica

Sono stati molti e importanti i temi trattati durante il Premio: merito dei libri in gara, che sono riusciti ad affrontare questioni di grande rilevanza con diversi sguardi e forme letterarie.

Auður Ava Ólafsdóttir, autrice islandese già conosciuta in Italia per romanzi come Rosa candida, Hotel Silence, Miss Islanda, La donna è un’isola L’eccezione e il rosso vivo del rabarbaro, ha presentato il suo nuovo La vita degli animali (Einaudi; traduzione di Stefano Rosatti), un libro in cui parla del mistero più grande dell’universo: quello della vita, quello della morte, quello del caos che sembra regolare ogni cosa.

Audur Ava Ólafsdóttir, La vita degli animali

Nonostante la densità dei discorsi, Ólafsdóttir è in grado di infondere nei suoi interlocutori quella rara (e preziosa) sensazione di non essere mai a disagio: sorriso dolce e modi affabili, la sua presenza è elegante e posata, il suo italiano incredibilmente puntuale e ricco: “Questo è un libro che parla di luce in un mondo buio. È un libro sugli uomini e sulla loro fragilità. Ma è anche un libro sulle responsabilità che noi esseri umani abbiamo nei confronti della terra in cui viviamo”.

Nata a Reyjkavìk nel 1958, l’autrice (che ha insegnato Storia dell’arte ed è stata direttrice del Museo dell’Università d’Islanda) ha rimarcato in più occasioni l’urgenza di aprire gli occhi di fronte alla crisi ambientale che stiamo attraversando: “Noi siamo esseri in grado di pensare, possiamo trovare soluzioni ecologiche alla crisi climatica. Ma la domanda è: vogliamo veramente farlo?“.

Auður Ava Ólafsdóttir al Premio Lattes Grinzane

La scrittrice islandese Auður Ava Ólafsdóttir alla cerimonia del Premio Lattes Grinzane (foto dalla pagina Facebook del Premio)

E di fronte a chi si sente spiazzato e spaventato nell’affrontare questi urgenti problemi, Ólafsdóttir risponde con fermezza: “Attraverso la mia letteratura voglio provare a fuggire ogni forma di pessimismo. E questo perché credo nelle persone, credo nel cambiamento, e credo che l’ottimismo sia la strada più difficile da perseguire. Nonostante tutto, rimane sempre forte in me il desiderio di non abbandonarmi alle forze oscure, di aggrapparmi alla speranza. Ma bisogna agire. Perché anche se l’uomo ha bisogno della natura, la natura non ha bisogno dell’uomo“.

La magia di Simona Vinci 

L’estrema limpidezza e luminosità di Ólafsdóttir sfumano nelle parole di un’altra importante scrittrice in gara, che pure, con il suo romanzo, scava nei grandi interrogativi esistenziali. Ma lo fa in modo misterioso, intimo e profondo. Stiamo parlando di Simona Vinci e del suo L’altra casa (Einaudi), libro di cui già avevamo parlato su ilLibraio.it e che in questa occasione rileggiamo attraverso le parole dell’autrice, vincitrice del Premio Campiello 2016 con La prima verità.

La mia è una storia di fantasmi. Una storia ambientata in una casa infestata e che quindi si rifa, in un certo senso, a tutta una tradizione letteraria gotica, ma poi la reinventa a modo suo”.

Simona Vinci alla cerimonia del Premio Lattes Grinzane

La scrittrice Simona Vinci alla cerimonia del Premio Lattes Grinzane (foto dalla pagina Facebook del Premio)

Quando parla, la voce di Simona Vinci incanta e seduce, trasporta verso un altro mondo – un mondo doppio e magico (“A me è sempre piaciuta la magia“, ha svelato l’autrice) – in cui ci sembra di smarrirci, di perdere i contorni, di sbiadire: “Questo è proprio uno dei temi del romanzo, l’idea di perdere quello che hai di più caro. È un tema che è molto legato anche a quello dello sfiorire del talento, che sicuramente è una delle questioni più tormentate per chi fa un mestiere artistico. Perché il percorso non è mai certo: si può avere successo in un attimo, ma poi bisogna saper continuare, bisogna insistere”.

l'altra casa simona vinci

La storia di Vinci è un labirinto e uno specchio, confonde e distorce, ma ha un cuore vivo che pulsa e che appartiene a tutti: “Il centro di tutta la narrazione è la casa, che è un luogo a cui tutti siamo legati, ognuno a modo proprio. Dalla casa si fugge, ma alla casa si tende. Non si vuole restare imprigionati, ma si desidera mettere radici“.

Dei bambini non si sa niente, Come prima delle Madri, Mai più sola nel bosco. Dentro le fiabe dei fratelli Grimm, In tutti i sensi come l’amore, Parla, mia paura e molti altri libri ancora: Simona Vinci è un’autrice prolifica, amante della poesia, delle fiabe e della lettura in generale: “Questa mattina cercavo in borsa una penna. Non l’ho trovata. In compenso ho trovato molte matite. Questo cosa dice di me? Che sono una lettrice, prima che una scrittrice“. E la sua vasta produzione, così variegata e allo stesso tempo così personale, ne è la più evidente dimostrazione: “Per me la scrittura è provare a raccontare chi la voce non ce l’ha“.

L’importanza della rappresentazione

Partiamo proprio dalle parole di Simona Vinci per parlare di un altro argomento che è stato ampiamente discusso durante le giornate del Premio Lattes Grinzane: quello dell’importanza della rappresentazione.

Si tratta di una delle questioni letterarie più delicate, attorno alla quale si è sviluppato nel corso degli ultimi anni un accesso dibattito. Il vincitore Pajtim Statovci ha raccontato di aver iniziato a leggere “per trovare nei libri qualcuno che mi assomigliasse. Ma non c’era. E così ho iniziato a scrivere“. E anche Ólafsdóttir ha dichiarato di aver scelto come protagonista del suo libro un personaggio che sentiva vicino, per non appropriarsi di voci che non le appartenevano.

In questo senso significativi sono anche gli altri due romanzi in gara Sotto la falce di Jesmyn Ward (NN Editore; traduzione di Gaja Cenciarelli) e Quanto oro c’è in queste colline di C Pam Zhang (66thand2nd; traduzione di Martina Testa).

Nessuna delle autrici – del Mississipi la prima e originaria di Pechino la seconda – è presente alla cerimonia per motivi di salute (e l’assenza ne determina, da regolamento, l’impossibilità di concorrere per il Premio, che può essere ricevuto solo in presenza), ma di entrambe viene fornita un’appassionata lettura da parte di due ragazzi appartenenti alla giuria scolastica.

Sotto la falce. Un memoir libri consigliati 2021

Ward, considerata una delle maggiori scrittrici americane contemporanee, vincitrice per due volte del National Book Award con Salvare le ossa e Canta, spirito, canta, scrive un memoir feroce, in cui rievoca momenti di una vita avvelenata dal dolore: la morte delle persone a lei care, la povertà, la disoccupazione, la sfortuna. Un racconto spietato che, come si legge dalla motivazione dei giurati, “unisce la fiera ricerca delle proprie radici al dolente atto d’accusa nei confronti di un razzismo mai deliberato”.

C Pam Zhang, Quanto oro c’è un queste colline

C Pam Zhang – che con questo suo esordio è stata finalista ai Lambda Literary Award e nominata al Booker Prize – rielabora il genere western e lo mescola con elementi onirici, raccontando il punto di vista degli immigrati cinesi nel grande Ovest americano. Anche la sua è una storia brutale che affronta “il razzismo, il dolore della perdita e la differenza di genere”, attraverso una voce pervasa da elementi incantati e ipnotici.

Le parole dei ragazzi che le presentano sul palco racchiudono il senso di tutti gli interventi che si sono svolti nei giorni della dodicesima edizione del Premio Lattes Grinzane – e forse il senso di tutti gli interventi che si consumano, sempre, intorno ai libri: la letteratura è un strumento per capirci, per conoscerci, per uscire fuori di noi e poi ritornare migliori di come eravamo prima di aver iniziato a leggere.

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