“Ho passato anni e anni china sulle parole di Lucho. La sua vita è un pezzo di storia del Novecento, raccontarla vuol dire spiegare fenomeni molto complessi e anche gettare luce sulla sua opera. Credo sia difficile per chi non lo conosceva bene capire con quale rapidità passava da un’espressione serissima, che ti intimidiva, a una risata contagiosa. Di converso, tutta la sua vita sembra fatta per essere raccontata, e a un anno di distanza io non riesco ancora a credere che se ne sia andato…” – Intervista a Ilide Carmignani, storica traduttrice di Sepúlveda, ora in libreria con il libro per ragazzi “Storia di Luis Sepúlveda e del suo gatto Zorba”

Un giorno di tanto tempo fa bussò alla nostra porta un umano grande e grosso, con barba, baffi e capelli neri. Somigliava straordinariamente a Zorba, un mio vecchio amico, come gli umani somigliano sempre al loro gatto o al loro cane. Non aveva gli artigli lunghi come un cerino, ma il sorriso invisibile era lo stesso. Capii allora con emozione che era il famoso Luis Sepúlveda“.

A parlare, in un curioso rovesciamento di ruoli, è un gatto che ci fa immediatamente tornare in mente Storia di una gabbianella e del gatto che le insegnò a volare (Guanda), e che compare fra i narratori della storia per ragazzi Storia di Luis Sepúlveda e del suo gatto Zorba, scritta da Ilide Carmignani e pubblicata da Salani a un anno dalla morte del celebre scrittore, vittima del coronavirus.

Carmignani, nata a Lucca e a oggi fra le traduttrici più importanti nel panorama letterario italiano, è nota per essere la “voce” di autori del calibro di Roberto Bolaño e, appunto, di Sepúlveda (di recente ritratto anche da Bruno Arpaia nel volume Luis Sepúlveda. Il ribelle, il sognatore, di cui su ilLibraio.it è stato pubblicato un estratto).

Amica da anni di Luis, detto “Lucho”, per l’occasione ha raccontato la sua vita in forma di favola, cominciando il suo racconto dai nonni e dall’infanzia a Santiago, per poi ricordare il primo amore e l’incontro con Carmen Yáñez, sua compagna della vita (è con una sua poesia che si apre il volume, poi chiuso dalla sua postfazione).

Ad ascoltarlo parlare è proprio un gatto, a cui lo scrittore narra dell’entusiasmo per l’elezione di un presidente chiamato Allende e del tragico golpe che lo costringerà all’esilio, della lunga esperienza in Amazzonia accanto agli indios shuar, fino all’arrivo ad Amburgo, dove, in una realtà tutta nuova, inventerà la favola della gabbianella per far addormentare i suoi tre bambini.

Una vita avventurosa, generosa e intensissima, “incandescente” come dice lui stesso, che qui diventa un esemplare atto di restituzione: un monumento a uno scrittore e all’amore verso la letteratura capace di creare legami.

Ilide Carmignani, forte di un lungo sodalizio di carta con Sepúlveda, ha infatti trovato una forma, un’architettura e una voce tutta sua, eppure al contempo intonata a quella dello scrittore.

ilLibraio.it ha contattato tramite email l’autrice, vincitrice del premio di Traduzione Letteraria dell’Instituto Cervantes e da sempre dedita alla divulgazione del lavoro del traduttore attraverso seminari, conferenze e scritti, per parlare della sua prima opera di narrativa e del suo rapporto con lo scrittore cileno.

Storia di Luis Sepúlveda e del suo gatto Zorba

Storia di Luis Sepúlveda e di una traduttrice che diventò sua amica: sembrerebbe questa la “storia nella storia” che ha legato lei e Lucho per tanti anni.
“Tutto è iniziato nel ‘92 o nel ‘93, non ricordo esattamente, quando mi è arrivato Il vecchio che leggeva romanzi d’amore, che ho tradotto con grande trasporto. Lavorando al libro successivo, Il mondo alla fine del mondo, mi sono detta che tradurre Sepúlveda era un continuo piacere. Poi questa intimità unilaterale, tutta di carta, si è trasformata con mia grande sorpresa in un’amicizia in carne e ossa”.

Com’è successo?
“Lucho mi ha fatto invitare a Milano dal nostro editore, Luigi Brioschi di Guanda, spaventandomi a morte perché credevo fosse un esame a cui voleva sottopormi uno scrittore che stava diventando una specie di pop star, mentre in realtà voleva solo ringraziarmi per avergli dato voce nel nostro paese. Da allora mi ha voluto come compañera de camino, mi ha fatto tradurre ogni sua riga uscita in italiano: venticinque libri, romanzi, racconti, saggi, poesie, e poi articoli di giornale, sceneggiature… Non solo: è venuto a trovarmi tante volte qua a casa, sulle colline fra Lucca e il mare; ho foto di Lucho con i miei figli a tutte le età. E mi ha anche invitato da lui nelle Asturie. Un quarto di secolo nel quale mi sono spesso detta: quando arriverà la sua autobiografia?”.

Luis Sepúlveda e Ilide Carmignani

illustrazione rivisitata da Andrea Cavallini – Dr. Bestia

Quante vite ha vissuto realmente Lucho?
“Lucho ha vissuto sette vite: guerrigliero in Bolivia come Che Guevara, guardia del corpo di Allende e poi prigioniero politico nelle carceri di Pinochet, alfabetizzatore nei villaggi andini dell’Ecuador, combattente sandinista in Nicaragua, compagno degli shuar nella foresta amazzonica, attivista ecologico sui gommoni di Greenpeace. Certo non gli mancavano le storie da raccontare. Però diceva sempre che preferiva raccontare le vite degli altri, dare voce a chi non ha voce. E alla fine un anno fa è successo quel che è successo”.

E in seguito è arrivata l’idea di dedicargli questo libro. Com’è nata e come si è sviluppata?
“Ho provato in qualche modo a rimediare, riordinando tanti piccoli ricordi sparsi fra libri, articoli, presentazioni, chiacchierate a tavola, piccole confidenze. La forma della favola mi ha consentito di trasformare Lucho in un personaggio, di far raccontare la sua vita direttamente a lui, e come l’avrebbe raccontata lui. Carmen, che apre il libro con dei bellissimi versi e lo chiude con un ritratto affettuoso, l’ha definito un gesto di giustizia poetica”.

Luis Sepúlveda, illustrazione rivisitata da Andrea Cavallini – Dr. Bestia

Illustrazioni rivisitate da Andrea Cavallini – Dr. Bestia

“Per scrivere un buon libro, ci vogliono diversi anni; e per tradurlo, il doppio”, diceva François Vaucluse. E per imparare a conoscerne l’autore, per poi renderlo protagonista di una storia, quanto tempo ci è voluto?
“Come traduttrice ho passato anni e anni della mia vita dalla mattina alla sera china sulle parole di Lucho, per cercare di coglierne non solo il significato più evidente ma le sfumature più riposte, le connotazioni occulte, quelle che sono legate all’uso idiosincratico che ciascuno di noi fa di una lingua perché ha una certa storia, un certo vissuto alle spalle e non un altro. Claudio Magris sostiene che, per tradurre un colore che cala una sera su un’ansa di un fiume, bisognerebbe in qualche modo sapere cosa è stato quel vissuto, in quella sera. Pennac, invece, dice che i traduttori sono gli psicoanalisti degli scrittori. Io non lo so, ma diciamo che dal ‘92 a oggi l’ho studiato tanto Lucho, l’ho ascoltato tanto, e che l’amicizia mi ha consentito di andare ancora più a fondo”.

Trovare la maniera di parlare alle nuove generazioni della figura di Sepúlveda è anch’essa, a suo modo, una forma di traduzione?
“Credo di sì. La vita di Lucho è un pezzo di storia del Novecento, raccontarla vuol dire spiegare fenomeni molto complessi, grandi eventi storici, rivolgimenti sociali, emigrazioni, immigrazioni, genocidi, movimenti culturali, modelli economici, insomma tante cose, compresa l’America latina, un continente che è ben diverso dal nostro. E visto il forte nesso tra le vicende umane di Lucho e la sua letteratura, raccontarne la vita vuol anche dire gettare luce sulla sua opera. Gli piaceva citare Julio Cortázar: ‘Bisogna dare alla letteratura lo stesso vigore etico con il quale affrontiamo la vita, e dare alla vita la ricchezza di possibilità estetiche con la quale affrontiamo la letteratura'”.

C’è qualche tratto di Sepúlveda che proprio non si riesce a spiegare attraverso un libro e qualcun altro che, di converso, sembra nato apposta per essere raccontato?
“Credo che sia difficile per chi non lo conosceva bene capire con quale rapidità passava da un’espressione serissima che ti intimidiva a una risata contagiosa o a un abbraccio da orso. Di converso, tutta la vita di Lucho sembra fatta per essere raccontata, è una vita incredibile”.

Storia di Luis Sepúlveda e del suo gatto Zorba, in fondo, non è una storia solo per ragazzi e ragazze…
“Come diceva lui delle sue favole, è per ragazzi dagli otto agli ottantotto anni”.

Luis Sepúlveda e il suo gatto

Illustrazioni rivisitate da Andrea Cavallini – Dr. Bestia

A ormai un anno dalla sua scomparsa, a lei cosa manca di più di Lucho?
“Potrei dirle innanzitutto l’amico, e poi ciò che avrebbe potuto scrivere e che purtroppo non scriverà mai. La mail che trovavo la mattina nella posta con in allegato il file del nuovo libro da tradurre. Ma in realtà non lo so perché io, confesso, non riesco ancora a credere che se ne sia andato”.

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