“È un cimitero, ma è talmente bello che sembra quasi un parco vagamente gotico, vagamente lugubre, ma in un modo così lieve che mentre ci cammini ti pare quasi di capire tutto, e quasi niente fa più paura…”. Su ilLibraio.it il reportage di una giovane autrice italiana, Ilaria Gaspari, che si addentra nei celebri viali del Père Lachaise (in cui, tra gli altri, riposa Jim Morrison), e si sofferma davanti alla tomba di Balzac

Ero a Parigi, una mattina piena di sole. Era sabato e c’era un gran cielo blu sopra il ventesimo arrondissement. I cancelli del Père Lachaise erano spalancati nel sole, e io ci sono entrata, per fare una passeggiata, perché è vero che il Père Lachaise è un cimitero, ma è talmente bello che sembra quasi un parco vagamente gotico, vagamente lugubre, ma in un modo così lieve che mentre ci cammini ti pare quasi di capire tutto, e quasi niente fa più paura, mentre intorno brulicano le storie, i nomi le date le fotografie le statue le parole il muschio i ricordi dimenticati i rampicanti selvaggi i gusci spinosi delle castagne che cadono in autunno dagli ippocastani.

Ci sono i nomi dimenticati sulle lapidi mangiate dal tempo, ci sono sentieri coperti di erba e di fango fra tombe strane, che paiono quasi dei letti, letti vecchiotti e un po’ sbilenchi, e poi ci sono i turisti che vociano e corrono e cercano di girare la cartina per trovare la tomba di Jim Morrison.

Chissà perché, proprio lì che è così vicina, così presente, lì dove dovrebbe fare più paura, la morte sembra quasi una cosa di poco conto. Forse è il sole, forse è il cielo così blu. Forse è perché ci sono così tante tombe dimenticate, così tante storie scritte perché nessuno più le legga, che pare tutto uno scherzo. Forse perché è tutto vivo, al Père Lachaise, la gazza che si staglia contro il cielo blu, l’edera che si arrampica su una statua senza naso ma con due grandi ali di angelo. Sembra quasi che non ci sia da aver paura. C’è un corvo che si posa sulla guglia di un piccolo mausoleo, eppure, sotto quel cielo blu, quella piccola composizione gotica sembra solo bella, e nient’altro. Lì c’è qualcuno che era venuto a Parigi dalla Russia, la lapide in cirillico, e non si può leggerla e però la storia è tutta lì, in quei piccoli cunei nel marmo. Ci sono coppie di allampanati professori universitari del New England che si baciano in piedi accanto alla tomba di Proust, tutta liscia e nuda e risplendente sotto il sole di ottobre. Ci sono le vecchine che sistemano i fiori per qualche marito che non c’è più, in mezzo al vociare dei turisti che seguono trotterellando una guida con un ombrello rosso.

Mi sono persa. Ho alzato gli occhi e ho visto che per puro caso ero capitata di fronte alla tomba di Balzac. Eccolo lì, il suo busto bello imponente e anzi persino tarchiatello, di una pinguedine solida e sanguigna. Scopro che è morto giovane, non aveva cinquant’anni, e chi lo sapeva. Forse avrei dovuto saperlo, in effetti, ma no, non lo sapevo. Non lo immaginavo neppure. E sotto il busto placido di Balzac, un cartello avverte che quello è un monumento storico e che il comune di Parigi invita i visitatori a rispettarlo. E sotto il cartello, ce n’è un altro più piccolo, e sopra c’è una scritta in stampatello, fra parentesi. Dice che le macchie di rossetto sono indelebili, per chi non lo sapesse. E penso che è proprio bello. Che qualcuno abbia baciato quel busto solido e imponente di Balzac, con un rossetto che però, attenzione, è indelebile, quindi non si fa, però. E che qualcuno abbia scritto quel cartello, per qualche motivo, sgridando chi ha baciato Balzac con un rossetto indelebile, è ancora più bello, e non saprei dire perché. Guardo il faccione di Balzac, e quasi quasi lo bacerei anch’io, ma non si può mica, il rossetto è indelebile.

L’AUTRICE* – Ilaria Gaspari, classe ’86, si è diplomata in Filosofia proprio alla Scuola Normale di Pisa ed è al debutto nel romanzo per Voland con Etica dell’Acquario. Abita e lavora a Parigi, dove sta scrivendo una tesi di dottorato. Qui i suoi articoli pubblicati da ilLibraio.it

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