Le donne protagoniste degli undici racconti di Veronica Raimo non hanno molta paura del giudizio di chi legge perché sanno che non serve: la vita dopotutto è breve, eccetera. Lo sappiamo tutti ma nessuno lo scrive abbastanza…

La vita è breve, eccetera di Veronica Raimo (Einaudi) è una raccolta di undici racconti in cui protagoniste sono ragazze e donne cariche di inquietudine, paranoie e irrequietezza, come modi di sentire e vivere che non trovano mai uno stemperamento, né dentro le mura di una nuova e desiderata casa, ad esempio, né tantomeno in quella di una casa di famiglia odiata; la tensione delle protagoniste non finisce mai, passa da un racconto all’altro attraverso il desiderio, in un circolo continuo e sembra solo esaurirsi in consapevolezze sfuggenti: “Non esiste un modo per tornare indietro da una convivenza” oppure “I sensi di colpa mi rendono approssimativa” o ancora “il professionismo dell’esperienza, un fenomeno insondabile che mi ha sempre messo in crisi” o “Mi sento degradata alla parodia di una vittima”.

La vita è breve, eccetera di Veronica Raimo

Ogni volta che nelle storie pare arrivi un approdo, questo scompare in una nuvola di fumo. Mentre si legge, viene da domandarsi spesso qual è il punto, dov’è la ricerca della verità, se in effetti una ricerca del genere abbia tutto sommato senso e se in effetti le vite si compiono più per brevi momenti di casualità che per precise circostanze. I personaggi di La vita è breve, eccetera sembrano essere i perfetti esemplari della casualità, un campionario fatto apposta per rispondere, ciascuno a suo modo, ognuno stretto nel proprio breve momento di lucidità, che c’è poco tempo, figurarsi se si può spiegare ogni cosa per filo e per segno.

Veronica Raimo usa il modo asciutto e diretto già trovato in Niente di vero (libro finalista al premio Strega nel 2022 e vincitore del Premio Strega Giovani dello stesso anno, ndr) per ribadire un concetto già presente nella sua opera precedente: la mistificazione dei rapporti umani al tempo stesso li definisce e in questi undici racconti lo fa in maniera ancora più concisa.

L’essenzialità dei sentimenti, dei dialoghi, delle descrizioni cerca di risolvere le mistificazioni dei rapporti, destinandogli poco tempo. I personaggi secondari sono oggetto di questa concisione, perché subiscono una volontà delle protagoniste ridotta ai minimi termini che inonda il loro presente, svuotandolo. In Possiamo sbagliare ancora Raimo scrive: “In assenza di una traiettoria netta, tendo a idealizzare il passato più di quanto farebbe una donna di cinquantasei anni nella mia posizione. A volte mi domando se sono io stessa a mettere in atto piccoli sabotaggi della mia esistenza per non diventare né la mia ambizione né il mio nemico di gioventù”.

Tutti i personaggi si ritrovano alle strette e alcuni passano una soglia, compiono quel passo in più che li fa uscire da un perimetro in nome di una parvenza di soluzione. La storia dei personaggi si compie in un piccolo moto, sempre esplicito: c’è la scrittrice che entra – letteralmente – in una stanza, la giornalista che deve fare un’intervista importante e si sente inadeguata, almeno fino al momento in cui compie un gesto che non la fa più sembrare tale, l’hostess che piange a dirotto davanti alla televisione l’11 settembre 2001, una giovane donna in una casa appena comprata con un amore finito che ha finalmente un problema pratico da risolvere, qualcosa che possa sopperire all’incapacità di parlare della fine di un sentimento.

Scrive Raimo in Il dono: “Ho la sensazione di aver trascorso gli ultimi mesi a destreggiarmi tra condiscendenza e autorevolezza, tra infantilismo e credibilità, incapace di fissare il confine giusto, e adesso quel cetriolo – solitario, intoccabile, totale – mi presenta il conto di tutta la mia inadeguatezza”.

Nelle storie di La vita è breve, eccetera non esistono punti fermi, linee rette che da qualche parte hanno avuto origine, si trovano strascichi qua e là e di certo non siamo certi che abbiano una fine. Non si chiude quasi niente per le protagoniste di questi racconti: ogni scelta, ogni presa di posizione assume una funzione rispetto al momento in cui la compiono, senza lasciare troppo spazio alle domande e forse l’unico modo per mettere in scena le loro irrequietezze è attraverso la forma letteraria più corta possibile.

Nel racconto che dà il titolo alla raccolta, la protagonista è una ragazza che trova lavoro alla produzione di un documentario su Vincent, un ex interior designer modaiolo che cambia vita diventando un guru fra i trulli della Valle d’Itria. L’esperienza della vita di Vincent, autarchico fino a un certo punto, libero sentimentalmente ma fino a un certo punto, sfuma per contrapposizione a quella di un’artista americana di settant’anni che vive in California, con cui la protagonista si scrive. Vincent è presente, cerca di curarle il mal di schiena con il prana, rende visibile molte contraddizioni, ma la protagonista è alla donna dall’altra parte dell’Oceano che racconta la sua vita, ciò che fa. È a lei che mente sul piacere del lavoro che ha trovato. È quella signora lontana ma per qualche ragione prossima che scrive in una mail la frase “la vita è breve, eccetera” e ci lascia in questo modo la chiave della storia, di queste undici storie, forse.

Vincent si sforza a fare tempio la sua vita, mentre l’artista americana, con una frase scritta, acquista molta più sincerità e più ragione ai nostri occhi. Certo che la vita è breve, eccetera: lo sappiamo tutti ma nessuno lo scrive abbastanza. Nessuno lo scrive più. Lei, invece, sì. Vincent di certo lo sa e ne ha paura.

Lo sanno perfettamente le protagoniste di questi racconti e le loro spalle femminili. Lo comprendono e mettono a frutto questo pensiero: nelle relazioni, nelle umiliazioni che soffrono, nella pungente rinuncia all’amore. Lo sanno perché lo hanno imparato, lo hanno trovato scritto su un muro o in una mail di un’artista settantenne che non vedranno mai, e non è un pensiero conciliante. Niente in questi racconti lo è. Non si aprono e non si chiudono ma nemmeno si fermano. E nel flusso che descrivono, le storie ci restituiscono a volte tenerezza, altre qualche angoscia, altre ancora punte di cinismo e per questo ci fanno compagnia, accanto a noi mentre leggiamo.

Le donne protagoniste non hanno molta paura del giudizio di chi legge perché sanno che non serve: la vita dopotutto è breve, eccetera. La letteratura breve è un racconto, quasi per definizione, e quindi ecco: undici modi per finirla in poche pagine, non con poco ma con tutto ciò che conta.

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