Città dal passato multiculturale, incorniciata dall’Etna e dal mare, Catania ha dato i natali a intellettuali del calibro di Luigi Capuana, Giovanni Verga, Federico De Roberto e Goliarda Sapienza, e si è fatta amare da poeti come Johann Wolfgang von Goethe e da compositori come Vincenzo Bellini. A partire dai luoghi che ne hanno segnato la storia letteraria, in questo articolo vi portiamo alla scoperta di tante pagine della sua cultura, forse ancora sconosciute ai più…

Fondata nel 729 a.C. dai Calcidesi, che si erano già stanziati nella cittadina di Naxos, Catania è considerata una delle perle dello Jonio e ospita nel suo reticolo di vie e viuzze le testimonianze letterarie e culturali di diverse epoche e sensibilità, a dimostrazione della sua ricca storia di dominazioni e della sua centralità nella zona del mare magnum.

Statua raffigurante il liotru di Catania

Per ripercorrerne insieme le peculiarità partiamo dal suo lungomare, affacciato per interi chilometri su due punti fissi: l’Etna e i faraglioni di Aci Trezza. La prima per gli abitanti del luogo è ‘a muntagna o ‘u Mungibellu, ha causato eruzioni e terremoti per secoli e però, proprio grazie alla sua pietra lavica, ha permesso la formazione di una singolare scogliera nera, la costruzione di strade e case in tutta la provincia e perfino del famoso Liotru, l’elefante simbolo della città.

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Quanto ai secondi, appartenenti al borgo in cui si svolge il celebre romanzo verista I Malavoglia di Giovanni Verga (1840-1922), mito vuole che non siano altro che i massi scagliati da Polifemo contro Ulisse nel momento della sua ripartenza dall’isola, narrata da Omero nel poema epico dell’Odissea dopo l’inganno pianificato dall’eroe di Itaca ai danni del ciclope.

I faraglioni di Aci Trezza

E i fasti dell’antica Katàne non finiscono qui: si pensi alle sue numerose statue, fra cui spiccano quella raffigurante il ratto di Prosperina, nei pressi della stazione centrale, e la Fontana dell’Amenano nella magnificente piazza Duomo, raffigurante l’omonimo fiume che una volta scorreva lungo la città.

Oggi quest’ultimo è visibile solo nel punto appena citato, oppure “nella grotta di un fiume sotterraneo usata come saletta da un locale molto noto”, luogo in cui la scrittrice notinese Cristina Cassar Scalia ha di recente ambientato l’incipit del romanzo L’uomo del porto (Einaudi).

La fontana dell'Amenano a Catania

Per non parlare del teatro romano collocato al di sotto dell’asfalto, come un vecchio mondo su cui ci si può affacciare perfino se si sfreccia in automobile. Leggenda vuole che, tempo addietro, una scolaresca si sia persa fra i suoi cunicoli sotterranei, e che da allora si odano risuonare le grida degli studenti-fantasma nei dintorni.

Del periodo di dominazione latina restano anche le terme Achilliane e della Rotonda, nonché il teatro romano stesso, sui cui gradoni sono state costruite nei secoli palazzine tuttora abitate, da cui assistere gratis alle rappresentazioni messe in scena nelle calde sere d’estate.

Teatro e anfiteatro romano di Catania

Perfino il culto di Sant’Agata, patrona del capoluogo celebrata il 5 febbraio, risale al periodo imperiale (II secolo d.C.) e ha contribuito a creare storie e tradizioni oggi confluite in una tra le feste cattoliche più seguite al mondo, nel corso di una tre giorni che coinvolge numerose forme d’arte e il suggestivo coro delle suore benedettine, che all’alba cantano invisibili dietro le loro grate.

Veduta aerea di un momento della festa di Sant'Agata a Catania

E non è tutto, perché la città vide poi sorgere nel XIII secolo l’imponente Castello Ursino voluto da Federico II di Svevia, un sovrano illuminato che promosse, fra l’altro, la nascita della Scuola siciliana, alla quale si ispirò poi il Dolce Stil Novo di Guido Cavalcanti, Dante Alighieri e Guido Guinizelli.

Sempre al re normanno si deve anche la costruzione del Monastero di San Nicolò l’Arena. Il luogo, pensato inizialmente per la preghiera e lo studio, e contenente quindi una ricchissima biblioteca, nei secoli si è evoluto fino a diventare non solo oggetto di visita durante i Grand Tour degli intellettuali in epoca moderna, ma addirittura scenografica sede dell’attuale dipartimento di Scienze Umanistiche dell’ateneo catanese.

Veduta del Castello Ursino di Catania e del Monastero di San Nicolò l'Arena

Proprio a partire dal primo Settecento, d’altronde, cioè dopo il terremoto del 1693 che lo rase quasi al suolo, il centro urbano rifiorì consentendo poi all’architettura tardobarocca di svilupparsi con caratteristiche insolite (e dichiarate dall’UNESCO Patrimonio dell’umanità nel 2002).

Ne sono un esempio il palazzo Biscari, di cui parlò Johann Wolfgang von Goethe (1749-1832) nel suo Viaggio in Sicilia e dove sono state alcune scene tratto dal film I Viceré del 2007 (tratto dall’omonimo romanzo di Federico De Roberto), e le chiese di via dei Crociferi, fra le quali sono ambientate molti passaggi de Il Bell’Antonio di Vitaliano Brancati (1907-1954) e dell’adattamento di Franco Zeffirelli tratto da Storia di una capinera di Giovanni Verga.

Sala del palazzo Biscari di Catania e vista di via dei Crociferi di Catania

Raccontata da intellettuali del calibro di Luigi Capuana (1839-1915) e di Goliarda Sapienza (1924-1996), Catania – non va dimenticato – è stata a sua volta la patria di uno fra i più celebri compositori operistici dell’Ottocento italiano, ovvero Vincenzo Bellini.

A lui sono dedicate statue e strade, e soprattutto il teatro lirico cittadino e il principale giardino pubblico del centro storico, che nella sua area monumentale ospita il suo busto insieme a quello, lungo il viale degli Uomini illustri, di numerosi altri filosofi, scrittori e pensatori di ogni epoca, legati a doppio filo con la storia etnea.

Teatro Vincenzo Bellini e Giardino Bellini, a Catania

La sua posizione strategica e la sua vicinanza contemporaneamente al mare e alla montagna, all’Europa mediterranea da un lato e all’Africa dall’altro, hanno reso Catania nei secoli la sede di affascinanti contaminazioni, trasformandola in un vero e proprio crogiuolo di correnti letterarie e di dibattiti, da cui è tuttora animata con fervore.

Dopotutto, da una città che ha fatto della frase latina “Melior de cinere surgo” (cioè “Rinasco dalle mie ceneri ancora più bella”) il suo motto, non ci si può aspettare che un grande dinamismo dialettico, del quale si sono nutriti vari nomi dell’élite culturale e che un domani potrebbe ancora ispirare tante pagine della letteratura italiana.

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