Il taccuino Moleskine ha una lunga storia alle spalle, in cui la letteratura gioca un ruolo importante, ma soprattutto un interessante futuro davanti, nonostante la rivoluzione digitale in atto farebbe supporre il contrario. L’azienda è in crescita e non fa guerra agli smartphone, anzi si propone come “simbolo del nomadismo contemporaneo, in stretta connessione col mondo digitale”. Tanto che ora sponsorizza una nuova rivista letteraria online, “The Towner”.

La storia e l’intervista de ilLibraio.it all’Amministratore Delegato Arrigo Berni: “Abbiamo deciso di supportare questa rivista digitale con l’intento di continuare a coltivare online la relazione con il nostro pubblico e con l’ambizione di portare a chi ci sceglie non tanto la marca in sé, ma la marca in quanto veicolo di esperienze culturali e creative…”

Il taccuino Moleskine ha una lunga storia alle spalle, in cui la letteratura gioca un ruolo importante, ma soprattutto un interessante futuro davanti, nonostante la rivoluzione digitale in atto farebbe supporre il contrario. Aspetto decisivo, quest’ultimo, su cui torneremo.

Moleskine

Da tempo entrato nell’immaginario, questo oggetto semplice, tascabile, per oltre un secolo prodotto da una piccola manifattura francese che forniva le cartolerie parigine, in passato è stato apprezzato da scrittori e artisti come Hemingway, Chatwin, Picasso o Van Gogh, e oggi esercita un fascino trasversale: in Europa, negli Usa ma anche in Asia lo sfoggiano manager, giovani creativi, vip.

Certo fa riflettere che mentre nell’era degli smartphone i ricavi dell’azienda crescono a doppia cifra, negli anni ’80 del secolo scorso la storia del taccuino stava per interrompersi. La “rinascita” si deve all’Italia, e a Modo&Modo, piccolo editore milanese che nel 1997 lo ha riportato in commercio. La crescita è stata senza sosta e nell’autunno 2006 è arrivata una nuova svolta: Modo&Modo spa è stata acquistata da SGCapital Europe, ora Syntegra Capital, e dal gennaio 2007 Moleskine, la cui sede principale a Milano, è anche il nome dell’azienda proprietaria del marchio registrato in tutto il mondo, che conta circa 200 dipendenti. Dall’aprile 2013, inoltre, Moleskine è quotata alla Borsa di Milano.

Ma come si diventa oggetti di culto in un tempo distratto e “liquido”? Il marketing non basta. Quella che in pieno terzo millennio propone l’azienda, in fondo, è un’esperienza: “Cogliere la realtà in movimento, catturare dettagli, segnare sulla carta l’unicità dell’esperienza stessa”, si legge non a caso nel sito ufficiale.

Ormai, tra l’altro, Moleskine non va più associato solo al leggendario taccuino, ma il brand si trova su “borse, strumenti per scrivere, oggetti per leggere, dedicati alla nostra personalità mobile. Oggetti che ci seguono dappertutto e che sono in grado di definirci a qualunque latitudine del mondo”. L’obiettivo e la filosofia alla base sono dunque ambiziosi: “accompagnare i mestieri creativi e l’immaginario del nostro tempo”. Termini ancora una volta scelti non a caso.

Così, Moleskine Store si trovano nelle principali città statunitensi ed europee: New York, Washington, San Francisco, Londra, Parigi, Berlino, Milano, Roma, Venezia. Ma anche in Asia. E a Ginevra l’azienda ha da poco aperto uno spazio sperimentale all’interno dell’aereoporto, “completo di bar, scrivanie per mini-riunioni e sessioni di lavoro in movimento ed esposizioni temporanee”. A due mesi dall’apertura il bilancio è positivo, e l’azienda sta valutando altre aperture di Moleskine Café, non solo nelle aree aeroportuali.

Nonostante la rivoluzione digitale in atto, si diceva all’inizio. Nel 2016 Moleskine non si presenta “in guerra” con le tecnologie digitali, ma punta piuttosto alla convivenza, presentandosi come “complemento della nuova tecnologia portatile” e come un “simbolo del nomadismo contemporaneo, in stretta connessione col mondo digitale” (a proposito di definizioni scelte accuratamente).

E arriviamo a un esempio recente che conferma tale approccio: da qualche giorno è online una nuova rivista, The Towner, sponsorizzata proprio da Moleskine. Il magazine, “a metà tra rivista letteraria e travel blog collettivo”, è stato fondato da Tim Small, classe ’82, che solo pochi mesi ha co-fondato un’altra rivista, Prismomag e che in passato è stato direttore di Vice Italia.

Small è Head of Content di Alkemy, dove guida il Digital Content Lab. The Towner è infatti “frutto della collaborazione tra Moleskine e Alkemy Content”, e si presenta come “luogo dove esplorare la relazione tra le persone e il loro ambiente culturale urbano”. Del resto, si sottolinea nella presentazione del sito, “le città sono e sono sempre state contenitori di storie, luoghi che generano espressioni sociali e culturali, nuovi linguaggi e nuove tensioni”.

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Diretta da Valerio MattioliThe Towner ha tra i suoi collaboratori Francesco Pacifico, Pietro Minto, Cesare Alemanni, Giulia Cavaliere, Laura Spini e Vanni Santoni.  Tra i primi articoli pubblicati, segnaliamo, per chi volesse farsi un’idea, “L’altra Firenze” di Santoni, il reportage di Flavio Santi, andato “alla ricerca dell’anima friulana e “Valeria Parrella e Napoli” di Pacifico. “Leggi la città” è infatti il motto della rivista, la cui redazione, non a caso, “viaggia e prende appunti per strada, sulle panchine, in treno”.

Grafica moderna, tante immagini, articoli molto lunghi, approccio narrativo e molto spazio per le illustrazioni che accompagnano gli articoli. Accanto ai testi, banner pubblicitari esclusivamente legati a prodotti Moleskine. E nella parte bassa dell’home page, lo store.

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Ma cosa ha spinto il brand a credere in un progetto digitale di questo tipo? Certo, la rete ha profondamente cambiato anche il marketing, e non è la prima volta che un’azienda decide di investire nei contenuti (accade ad esempio nella moda, ma anche in altri ambiti), e questa tendenza internazionale sta influenzando anche il settore giornalistico, alla costante ricerca di nuovi modelli (di business, ma non solo). Nel caso di The Towner, il legame tra appunti letterari e taccuini è evidentemente forte. Ma quali sono gli obiettivi di Moleskine? E gli sviluppi futuri del sito?

Arrigo Berni (Ad di Moleskine)
Arrigo Berni (Ad di Moleskine)

ilLibraio.it ne ha parlato con l’Amministratore Delegato Arrigo Berni. Nel 2006 SG Capital Europe, società di Private Equity, gli ha affidato il compito di acquisire la società Moleskine, e da allora ne è il Ceo.

Berni fa una premessa legata al percorso di Moleskine e alla sua presenza in rete: “Potrebbe apparire strano, ma per un’azienda di taccuini come la nostra, la connessione con il digitale è assolutamente naturale. È una dimensione che non abbiamo mai ignorato. Il nostro dinamismo online non è una novità, il dialogo attraverso la rete con il nostro pubblico ci caratterizza da molti anni; ci poniamo come un ponte tra la dimensione analogica e quella digitale”. Non solo: “Ci siamo da sempre posti come una piattaforma che facilita i processi creativi e ci piace parlare dei nostri taccuini come ‘libri ancora da scrivere’“. Interrompiamo l’Ad incuriositi dal fatto che si riferisca agli acquirenti non chiamandoli consumatori, ma “pubblico”. “Non è snobismo, mi creda. Chi visita i nostri uffici a Milano è sempre un po’ stupito dall’atmosfera che si respira, paragonabile al clima che si trova in una casa editrice o in un’agenzia di comunicazione“. E allora continuiamo a parlare del “pubblico” di Moleskine: “Che ci sceglie per la dimensione simbolica del brand, e che è formato da persone che nella vita di tutti i giorni utilizzano sia supporti cartacei sia digitali, senza alcun antagonismo“.

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Veniamo così a The Towner: “Siamo appena partiti con l’edizione in italiano della rivista, e a breve arriverà quella in inglese destinata a un target internazionale. Come dicevo prima, da anni dialoghiamo online con il nostro pubblico. Così, con l’intento di continuare a coltivare questa relazione in un contesto in evoluzione, e con l’ambizione di portare a chi ci sceglie non tanto la marca in sé, ma la marca in quanto veicolo di esperienze culturali e creative, abbiamo deciso di supportare questa rivista digitale”.

Arrigo Berni da un lato si dice convinto che “la strada sia quella giusta”; allo stesso tempo, però, è pronto nel medio periodo a verificare “l’accoglienza del pubblico nei confronti del progetto, per capire se i contenuti sono apprezzati o meno”.

Il sito, come anticipato, è connesso con lo store online di Moleskine: “Sponsorizziamo la rivista anche perché ci interessa avere un canale ecommerce diretto, è ovvio”.

Nel 2012, prima della quotazione in Borsa, il fatturato di Moleskine era pari a 78 milioni di euro. Nel 2015 è salito a 128 milioni: “Non è casuale, alla base c’è una strategia di crescita a lungo termine”, argomenta l’Ad. “Sono due decenni che il nostro fatturato sale, l’ultimo anno è stato particolarmente positivo. Il 10% è legato all’Italia, il 40-45% all’area Euro, e il resto, una parte molto significativa del fatturato quindi, all’Asia e agli Stati Uniti”. Un brand in grado di parlare a culture diverse tra loro.

Cosa direbbero Hemingway e Chatwin di quello che ormai non è più solo “il” taccuino?


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