Come sottolinea su ilLibraio.it la scrittrice Laura Pariani, “ciò che accade nella realtà si insinua sempre anche nei libri che scriviamo: la scrittura è un grande alambicco che distilla sulla pagina tutto quello che ci succede intorno e ci traversa”. Giusto quindi che “in quest’annata di conflitti i cinque libri finalisti del Premio Bottari-Lattes declinino il tema doloroso dell’assenza, in tre casi riverberato dai bagliori di guerra”. In vista dell’appuntamento di Alba del 12 ottobre, durante il quale Alessandro Baricco riceverà il Premio Speciale, un approfondimento su “La luce che manca” di Nino Haratischwili, “Maniac” di Benjamín Labatut, “Alma” di Federica Manzon, “La vita altrove” di Guadalupe Nettel e “Gli uomini” di Sandra Newman

Ciò che accade nella realtà si insinua sempre anche nei libri che scriviamo: la scrittura è un grande alambicco che distilla sulla pagina tutto quello che ci succede intorno e ci traversa. Giusto quindi che in quest’annata di conflitti i cinque libri finalisti del Premio Bottari-Lattes declinino il tema doloroso dell’assenza, in tre casi riverberato dai bagliori di guerra.

Alma di Federica Manzon

In Alma di Federica Manzon domina il tema dell’assenza del padre, irrequieto slavo cantafavole in incessante andirivieni tra i confini. Sul suo continuo venire a mancare, soprattutto dopo la morte di Tito, pesano le domande che Alma, la protagonista, non ha mai osato fare: “In quel momento aveva realizzato che suo padre non le aveva raccontato niente di sé, solo qualche contorto frammento del Paese in cui era cresciuto e che ora non esisteva più, e lei sapeva cosa significa perdere un’occasione o anche una persona, ma non cosa significa perdere un Paese. Ecco la domanda che avrebbe dovuto fare a suo padre”. Poi, non secondaria, c’è l’assenza di Vili, che da bambino esiliato e spaesato portato a casa una notte senza spiegazioni, è diventato per la protagonista fratello, amico, amore e antagonista.

Alma ha perciò imparato l’assenza e lo sradicamento come modo di essere, ma un lascito testamentario la costringe a fare i conti col passato, le radici negate e la grande Storia.

Un romanzo che, pur nel disastro della guerra dei Balcani, mostra lo spiraglio di luce donato dai libri, quando Vili racconta “che da solo, in quell’appartamento di Belgrado senza elettricità, in quelle stanze dove era stato bambino, da solo e morto di paura nell’attesa che venissero a prenderlo, in quegli infiniti giorni di zinco aveva letto i libri di suo padre. Si era aggrappato ai libri, alla letteratura, come all’ultimo argine davanti alla violenza che stava facendo di loro qualcosa di mostruoso. Aveva letto e letto, e tutte le sciocchezze che gli scriveva suo padre – la libertà e la fratellanza, l’ideale – gli erano parse l’unica cosa capace di salvarli. Magari non avrebbero salvato lui, ma qualcuno, quelli che sarebbero venuti dopo, i nuovi bambini del suo popolo maledetto”.

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La luce che manca di Nino Haratischwili

In La luce che manca di Nino Haratischwili ci ritroviamo nel Palais des Beaux-Arts di Bruxelles, all’inaugurazione di una mostra fotografica dedicata a un’artista georgiana scomparsa. Tra la folla spiccano tre donne – Qeto, Nene e Ira – che hanno condiviso con lei gli anni dell’infanzia e della giovinezza a Tbilisi, tanto da essere ritratte frequentemente negli scatti in bianco e nero. L’assenza di Dina Parveli, l’amica fotografa, strazia la voce narrante: “Era Dina, che nell’ultimo anno di quel secolo di piombo, malato e boccheggiante, sarebbe finita con un cappio al collo, un cappio improvvisato con la fune di un anello da ginnastica. L’avrei seguita in tutte le sue terre magiche, persino nella stessa Oz, e anche molto oltre”. Ormai adulte le tre amiche superstiti hanno fatto scelte di vita opposte e vivono addirittura in continenti differenti. Il passato – incarnato nel cortile dove hanno abitato – è stato cancellato dal caos della guerra scoppiata con la dissoluzione dell’impero sovietico, ma per fortuna ne rimane testimonianza lucidissima in ogni fotografia di Dina. Perciò le immagini della retrospettiva non solo fanno da ponte tra passato e presente, ma anche, resuscitando emozioni, suppliscono alla sua assenza.

E se la “luce” è l’elemento fondamentale per l’arte di Dina – “La luce va bene, decido subito, sono sollevata. Le sue fotografie richiedono proprio quella luce, una luce misteriosa, quasi timida che mette in risalto la sua maestria, enfatizza il deciso bianco e nero…” – il titolo non è semplicemente allusione alla mancanza di elettricità che affliggeva la Georgia negli anni del conflitto, ma suona come un invito a scovare nella nostra vita una luce nonostante il buio che ci circonda.

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La-vita-altrove-di-Guadalupe-Nettel libri consigliati 2023

Lo scorrere del tempo nei racconti di La vita altrove di Guadalupe Nettel pervaso invece da un’assenza di senso. Donne e uomini, adulti, bambini, animali vivono immersi in una quotidianità apparentemente tranquilla; e ciò che turba sembra “piccolo e passeggero, persino insignificante”. Ma all’improvviso lo stato delle cose può essere totalmente sovvertito“Era vero. Tutte le cose che avevamo lasciato sul davanzale erano intatte, come le avevamo lasciate la sera prima, ma noi non eravamo più gli stessi” – e il cambiamento avviene non per opera di un evento straordinario ma per una minuzia: una carezza, un urlo, un segreto che non si doveva conoscere, un battito d’ali… Il mistero incombe, ci ricordano questi racconti. “L’infanzia non finisce tutta in una volta come avremmo voluto da bambini. Rimane lì, rintanata e silenziosa nei nostri corpi maturi, poi appassiti”, finché un giorno, quando crediamo di essere diventati adulti e ce ne vantiamo, “ricompare con la rapidità e la potenza di un lampo”. E l’apparenza inganna, come nella terribile storia La confraternita degli orfani, forse il testo più inquietante e riuscito.

Maniac di Benjamín Labatut

Ben più forte è l’assenza di senso nelle pagine di Maniac di Benjamín Labatut. Cosa resterebbe di noi se la razionalità che ci ha sempre fatto “leggere” il nostro quotidiano traballasse e venisse messa in dubbio? Paul Ehrenfest, il primo personaggio in cui ci imbattiamo nel romanzo, “si sentiva abbandonato, estromesso da un paradiso che, a causa della crescente influenza della meccanica quantistica e dell’inarrestabile diffusione della piaga della matematica, si stava ritirando in un’oscurità ancor più cupa dell’abisso all’interno degli atomi”. Alla mancanza di senso si deve aggiungere l’assenza del protagonista, dato che Labatut ci immerge nella vita dello scienziato von Neumann, mostrandocelo soltanto nei ritratti di una sorta di album fotografico di coloro che l’hanno conosciuto: visionarietà e freddezza, spietati progetti di bombe all’idrogeno e intuizioni geniali.

Come nei romanzi di Manzon e Haratischwili, sullo sfondo guizzano i riverberi della guerra atomica i cui scenari si fanno ancora più inquietanti ad opera di tecnologie informatiche emergenti che simulano e superano l’intelligenza umana. Se infatti von Neumann non c’è, il suo lavoro sopravvive in una macchina, il MANIAC (acronimo di Mathematical Analyzer, Numerical Integrator And Computer). E con questo brivido di transumanesimo, la sarabanda di voci e punti di vista si conclude con Lee Sedol, campione indiscusso del complesso gioco del Go, battuto per ben tre volte dall’intelligenza artificiale.

gli uomini Sandra Newman

Il romanzo distopico Gli uomini di Sandra Newman dovrebbe raggiungere l’apice del tema dell’assenza, visto che qui a mancare sono i maschi che nella loro totalità spariscono all’improvviso nell’arco di un pomeriggio; inclusi i bambini e persino i feti nel ventre delle madri. Cosa succede allora alle donne rimaste prive di figli, mariti, fidanzati, padri, fratelli? Che tipo di mondo si prefigura?… La maniera in cui una società può riorganizzarsi senza maschi è un tema spesso immaginato nella letteratura al femminile, a partire dalla rinascimentale Città delle dame di Christine de Pizan; ma ad affrontarlo con forza è stata soprattutto la fantascienza “femminista” degli anni Settanta e Ottanta – un nome per tutti: James Tiptree jr, alias Alice Sheldon, col suo racconto Houston, Houston, ci sentite?

Quant’è diverso il mondo nuovo e quanto somiglia a quello vecchio? Sulla ricostruzione di una società esclusivamente al femminile, il romanzo di Newman non si addentra più di tanto, limitandosi a descrivere le reazioni delle donne di fronte all’enormità di questa assenza: a parte pochissime che provano un certo sollievo, per la maggior parte di loro comincia un periodo di spaesamento, sgomento e rimpianto, in cui tutte alla fine si ritrovano a guardare misteriosi video dove gli uomini scomparsi appaiono in marcia in una terra desolata: “Il montaggio si concentrava sulle persone care alle osservatrici devote. Vedevamo i nostri uomini”.

L’AUTRICE – Laura Pariani, autrice di questa riflessione, è stata giurata del Premio fino al 2022, e continua a seguire con attenzione le attività del Premio Lattes Grinzane e della Fondazione. Scrittrice e drammaturga italiana classe ’51, ha esordito nel 1993 con Di corno o d’oro (Sellerio) e ha pubblicato numerosi libri. L’ultimo è stato Selvaggia e aspra e forte (La nave di Teseo, 2023).

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L’EDIZIONE 2024 DEL PREMIO

Nino Haratischwili con La luce che manca (Marsilio, traduzione di Fabio Cremonesi), Benjamín Labatut con Maniac (Adelphi, traduzione di Norman Gobetti), Federica Manzon con Alma (Feltrinelli), Guadalupe Nettel con La vita altrove (La Nuova Frontiera, traduzione di Federica Niola) e Sandra Newman con Gli uomini (Ponte alle Grazie, traduzione di Claudia Durastanti) sono i finalisti del Premio Lattes Grinzane 2024, riconoscimento internazionale intitolato a Mario Lattes e organizzato dalla Fondazione Bottari Lattes, giunto alla XIV edizione, che fa concorrere insieme autori italiani e stranieri ed è dedicato ai migliori libri di narrativa pubblicati nell’ultimo anno. Il prossimo 12 ottobre ad Alba verrà annunciato il romanzo vincitore.

Ad Alessandro Baricco viene conferito il Premio Speciale Lattes Grinzane, attribuito ogni anno a un’autrice o a un autore internazionale di fama riconosciuta a livello mondiale e che nel corso del tempo abbia ricevuto un condiviso apprezzamento di critica e di pubblico.

La Giuria Tecnica ha inoltre deciso di attribuire, in accordo con Fanucci Editore, una menzione speciale a Alan Moore, autore britannico tra i più influenti nella storia del fumetto. Tra le sue opere fondamentali From Hell, V per Vendetta, Watchmen e La lega degli Straordinari Gentlemen.

Il Premio Speciale, così come gli autori dei cinque romanzi finalisti, sono stati individuati dalla Giuria Tecnica, composta dalla presidente Loredana Lipperini (scrittrice, giornalista, conduttrice radiofonica), Marco Balzano (scrittore, poeta, italianista), Valter Boggione (docente di Letteratura italiana all’Università di Torino), Anna Dolfi (docente di Letteratura italiana nelle Università degli Studi di Trento e Firenze), Alessandro Mari (scrittore, editor), Luca Mastrantonio (giornalista, critico letterario) e Bruno Ventavoli (giornalista, critico letterario).

In questi mesi, i 400 studenti e studentesse che fanno parte delle Giurie Scolastiche dovranno a loro volta leggere, giudicare e selezionare il vincitore di quest’anno. I giovani coinvolti provengono da tutta Italia, da Aosta a Messina, da Pordenone a Foggia, fino ad Atene, per un totale di 25 scuole partecipanti.

In occasione della cerimonia di premiazione, Baricco terrà una lectio magistralis. Nella mattina della stessa giornata, i finalisti incontreranno gli studenti e le studentesse delle scuole in giuria al Castello di Grinzane Cavour.

L’appuntamento del 12 ottobre sarà trasmesso in diretta streaming sul sito e sui canali social della Fondazione Bottari Lattes.

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