“Lamento di Portnoy” diventa “Portnoy” nella nuova edizione del quarto libro di Philip Roth (1933-2018), che lo rese celebre. Inizia con una scelta non casuale la ripubblicazione delle sue opere da parte di Adelphi… – I particolari

Philip Roth (1933-2018) da dove ha veramente cominciato: una seduta di psicoanalisi trasformata in un’anarchica, impenitente, fragorosa standup – e uno dei libri più divertenti che siano mai stati scritti”.

Molto si è detto dell’acquisizione da parte di Adelphi delle opere di Philip Roth (ne abbiamo parlato anche lo scorso anno in un’intervista a Teresa Cremisi, presidente della casa editrice dopo la morte di Roberto Calasso).

Dal 16 maggio 2025, Roth entra a far parte del catalogo Adelphi con Portnoy (nella traduzione di Matteo Codignola).

Uscito il 12 maggio 1969 negli Usa (con il titolo Portnoy’s Complain), il quarto libro dello scrittore americano torna dunque con un nuovo titolo per l’Italia: da Lamento di Portnoy (usato in tutte le precedenti edizioni, compresa l’ultima, targata Einaudi) a Portnoy. A restare intatta è la forza provocatoria dell’opera.

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Come si ricorda nella presentazione adelphiana, “prima di assumere la sua forma attuale, il materiale di Portnoy è stato varie altre cose – fra cui il commento parlato alle diapositive con zone erogene di varie celebrità, che avrebbero dovuto essere inserite all’interno di un celeberrimo e allora sacrilego musical, Oh, Calcutta! Solo dopo lunghi ripensamenti il monologo ha finito per diventare, nel 1969 come detto, il quarto libro di Roth. Quello della sua consacrazione (o sconsacrazione): e anche quello da cui, inevitabilmente, Adelphi comincia la pubblicazione di tutte le sue opere”.

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Ancora dalla scheda Adelphi: “(…) La vertigine comincia subito, quando chi legge pensa di affrontare il resoconto senza censure di una seduta analitica – cosa che, molto più di quanto si pensi, è vera – e si ritrova in mano un tipo diverso, e almeno altrettanto scabroso, di materiale, quello della standup più irrefrenabile mai messa sulla pagina: da cui si esce barcollando, e senza essere certi di volerne veramente uscire. Dopo molti anni, e infinite repliche, lo spettacolo aveva però bisogno di un nuovo allestimento…”.

Philip Roth Portnoy Adelphi

Portato al cinema nel 1972 da Ernest Lehman (il titolo italiano del film è Se non faccio quello non mi diverto), il libro che ha reso celebre Roth fu proposto da Bompiani nel 1970 nella traduzione di Letizia Ciotti Miller (con il titolo Lamento di Portnoy). Tornò nel 1989 per Leonardo (traduzione di Roberto C. Sonaglia) e nel 1998 negli Oscar Classici Moderni. L’edizione Einaudi è del 2000.

Staremo a vedere come sarà accolto il ritorno di un autore divisivo come Roth, soprattutto nel contesto contemporaneo (e soprattutto dal punto di vista delle giovani generazioni), e staremo anche a vedere quali saranno le successive uscite… Come nel caso della “riscoperta” di un autore come Georges Simenon, l’ordine con cui Adelphi propone le uscite dei libri di questi autori non è mai casuale.

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L’ultima novità è l’incontro, il 16 maggio, al Salone del Libro di Torino, con con Emmanuel Carrère, che parlerà di Roth e del suo libro con Roberto Colajanni, con Matteo Codignola e con Livia Manera (qui i particolari).

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