In base al momento storico, alle scoperte tecnologiche e alle mode e tendenze che interessano la popolazione, è possibile che venga attestato l’uso di nuove parole, o che di altre si registri scomparsa – Eccone cinque che si usano sempre meno nella lingua italiana di ogni giorno, e che può essere curioso rispolverare per ampliare il proprio bagaglio, o per contribuire a rimetterle in circolazione…
Se è vero che la lingua italiana per come la conosciamo oggi è relativamente recente, ed è il frutto di un’evoluzione lunga secoli e secoli, durante la quale è andata incontro alle influenze e alle contaminazioni di diverse altre lingue con cui è entrata in contatto, è anche vero che molte sono le parole che nascono e muoiono col passare degli anni.
In base al momento storico, alle scoperte tecnologiche, alle esigenze di un mondo via via più globalizzato e, soprattutto, alle mode e alle tendenze che interessano la popolazione, è infatti possibile che venga attestato l’uso di neologismi (pensiamo a domotizzazione o a poliamore, che per esempio sono entrati solo nel 2020 nell’elenco delle parole nuove dell’Accademia della Crusca), o che di altri si registri una scomparsa più o meno lenta.
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Può trattarsi di sostantivi o di aggettivi, di verbi o di avverbi, che fanno riferimento a consuetudini o a caratteristiche meno diffuse rispetto al passato, o che sono state soppiantate da sinonimi di più facile o immediata comprensione, pur restando comunque patrimonio della nostra lingua da custodire nei dizionari storici.
Eccone cinque, forse per l’appunto poco note ai più, che da un po’ di tempo a questa parte si sentono utilizzare sempre meno in contesti quotidiani, e che può essere curioso rispolverare tanto per ampliare il proprio bagaglio culturale quanto per contribuire, eventualmente, a rimetterle in circolazione…
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Bislacco
Cominciamo con un aggettivo che ancora oggi si sente spesso in alcune aree del Nord Italia, trattandosi di un termine che è entrato nella lingua nazionale attraverso il dialetto veneto: parliamo di bislacco, forse derivato dallo sloveno bezjak (cioè sciocco), e che era un modo poco cordiale di apostrofare chi viveva nella zona del Friuli o dell’Istria, a volte ritenuto strano, bizzarro per via dei suoi usi e costumi diversi.
Sacripante
Nel caso di sacripante, ci troviamo invece di fronte a un sostantivo che era entrato nell’uso comune grazie all’Orlando innamorato di Matteo Maria Boiardo (1441-1494) e all’Orlando furioso di Ludovico Ariosto (1474-1533). Nelle loro opere, infatti, Sacripante, era il nome dell’ardito re dei Circassi, poi diventato a lungo per antonomasia un sinonimo di uomo grande e grosso, dall’aspetto valoroso e imponente.
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Sagittabondo
Veniamo ora a sagittabondo, un attributo riferito a chi è in grado di scoccare sguardi che sono come saette, o per meglio dire in grado di fare innamorare chiunque. Il termine deriva dal latino sagittare (lanciare frecce), e se per molti secoli era stato attestato solo nell’Hypnerotomachia Poliphili del frate Francesco Colonna, negli ultimi anni è stato riscoperto alla radio e sui giornali, al punto da non essere più così desueto…
Sgarzigliona
Nel caso di questo aggettivo sostantivato, declinato quasi solo al femminile, ci addentriamo fra i meandri delle parole ritenute già desuete a tutti gli effetti. Sgarzigliona figura, non per niente, nel Libro delle parole altrimenti smarrite di Sabrina D’Alessandro (Rizzoli), e serviva in tempi ormai remoti a definire una fanciulla avvenente, prosperosa, che attirava facilmente l’attenzione dei passanti.
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Smargiasso
E chiudiamo con l’altisonante e ironico smargiasso, un termine dall’etimologia incerta, rispetto al quale ciò che sappiamo con sicurezza è che fosse solito riferirsi – specialmente nella lingua scritta e letteraria – a chi si vantava di avere chissà quali qualità, senza poi riuscire di fatto a dimostrare il proprio valore o a portare a termine le imprese decantate. Una parola ormai (quasi) in disuso che, quindi, è sinonimo di fanfarone.