Utilizzata in italiano per indicare tre persone generiche, la locuzione “Tizio, Caio e Sempronio” risalirebbe al Basso Medioevo, quando a Bologna visse un giurista e glossatore di nome Irnerio, che se ne serviva a scopi esemplificativi… – Alla scoperta della curiosa e illustre origine di questo modo di dire, insieme ad alcuni suoi corrispettivi esteri

A prima vista potrebbe forse sembrare un modo di dire popolare, perfino un po’ troppo informale, e invece l’espressione “Tizio, Caio e Sempronio” ha origini non solo antiche, ma anche e soprattutto illustri.

Utilizzata in lingua italiana per indicare tre persone generiche a cui riferirsi durante un discorso, la locuzione risalirebbe infatti al Basso Medioevo, e più precisamente al XI-XII secolo d.C., epoca in cui a Bologna visse un giurista e glossatore ritenuto fra i fondatori del Diritto moderno, di nome Irnerio.

Bozzetto di Luigi Serra raffigurante Irnerio

Irnerio che glossa le antiche leggi (1886), bozzetto di Luigi Serra, Collezione Stefano Pezzoli (Bologna)

Lo studioso, che insegnava presso l’ateneo felsineo e che scrisse diversi volumi di analisi e commento dei testi giuridici dell’antichità, aveva per l’appunto l’abitudine di spiegare i concetti espressi dalla legge attraverso degli esempi idealtipici, nei quali menzionava spesso proprio Titius, Gaius e Sempronius.

In altre parole, dovendosi adeguare a un periodo in cui si imponeva ancora lingua latina, Irnerio scelse tre nomi particolarmente comuni a quel tempo, a cui fra l’altro affiancava d’abitudine anche quelli di Filano, Calpurnio e Melvio (usati ancora oggi, però ben più di rado).

Ma, fra le tante possibilità, perché optò proprio per questi tre? Secondo alcuni, il legame sarebbe con la famiglia dei Gracchi, noti per essere stati dei politici romani e i cui membri più celebri erano proprio il padre Sempronio e i figli Caio e Tiberio, quest’ultimo trasformato in Tizio per ragioni forse di semplificazione.

Secondo altri, invece, Irnerio si rifece alla tradizione che voleva Sempronius già presente in certe pubblicazioni classiche, come nel Digesto di Giustiniano, mentre Gaius si riferiva a un importante giureconsulto romano (una sua statua è ora presente nel Tribunal Supremo di Madrid), che di conseguenza era facile da rammentare per chi condivideva con lui la stessa professione.

Quale che sia la verità, il sintagma si è tramandato fino ai nostri giorni ed è ormai entrato nel linguaggio comune, tant’è che a volte i tre nomi vengono scritti in minuscolo per antonomasia e che dire “tizio” equivale ormai a dire “un tale, un uomo qualsiasi”, proprio come accade all’estero con altre espressioni tipiche.

Per gli inglesi, per esempio, il corrispettivo è “Tom, Dick and Harry“, mentre in Francia diventa “Pierre, Paul ou Jacques” e in Spagna si trasforma nel quartetto “Fulano, Zutano, Mengano y Perengano“. Per non parlare del tedesco, che ha optato per “Hinz und Kunz“, o dell’azero con i suoi “Ali, Vali e Pirvali“, a dimostrazione del fatto che, pur con le dovute distinzioni, tutto il mondo è paese…