Il nuovo romanzo di Alessandro Garigliano, “A ciascuno il suo terrore”, indaga e coniuga l’orrore del terrorismo e il tabù del cannibalismo attraverso la figura di un giovane irrisolto – Su ilLibraio.it un estratto

Durante la proiezione in piazza di una finale di Champions League, il protagonista di A ciascuno il suo terrore (Terrarossa edizioni), nuovo romanzo di Alessandro Garigliano, è al centro di un presunto attentato: una massa di gente fugge impazzita e lui e la donna che ama si perdono travolti dalla confusione.

La storia è ritmata da un montaggio alternato: da un lato il narratore indaga sul terrorismo per avvicinarsi a colui che sembra avere scatenato il caos, dall’altro si racconta di una sconvolgente serie tv che lo cattura completamente e affronta uno degli orrori più perturbanti dell’umanità. In questa contemporanea discesa agli inferi le ossessioni del protagonista vengono esasperate e gli equilibri di coppia diventano sempre più fragili…

Garigliano, nato a Misterbianco, in Sicilia, torna con un libro che punta ad affrontare alcuni dei tabù della società contemporanea, e a fare i conti con l’inquietudine che ci attanaglia. Insegnante precario, l’autore ha esordito con Mia moglie e io (LiberAria Edizioni, 2013), segnalato al Premio Calvino, a cui è seguito Mia figlia, Don Chisciotte (NN Editore, 2017).

A ciascuno il suo terrore

Su ilLibraio.it, per gentile concessione della casa editrice, proponiamo un estratto:

Stanco di cercare notizie sui fatti tragici del giorno del­la partita, mi metto comodo sopra il divano per godermi una fiction seriale. È un genere che mi appassiona. An­che se nel corso delle stagioni le trame rischiano sempre di logorarsi, seguo ogni nuova produzione con grande curiosità. Non sono tanto i colpi di scena, le strutture drammatiche e nemmeno la complessità dei personaggi a sedurmi. Quel che più mi appassiona sono i soggetti. Mi affascina il modo in cui vengono create storie eccentri­che, non convenzionali, con punti di vista spiazzanti; e in un secondo momento mi interessa vedere come vengono sviluppate simili storie allo scopo di tenere incollati mi­lioni di spettatori.

Mentre passo da un canale all’altro, mi blocco d’un tratto incuriosito da una scena allo stesso tempo tribale e civile. Si vedono personaggi di età diversa attorno a un giovane corpo agonizzante e le battute sono melodrammatiche o violente, formulate da personaggi che sembrano borghesi caduti in disgrazia, con vestiti ridotti a brandelli, mentre dialogano immersi in un paesaggio desertico. Non mi sembra il solito horror thriller o fantasy e lentamente re­sto del tutto ipnotizzato, capendo che si tratta di ciò che l’umanità ha bandito da tempo stigmatizzandolo come un tabù.

A volte si esagera, alcune serie sono soltanto provoca­zioni, ma quella volta mi ero chiesto davvero come fos­se stato possibile comporre e inserire in un palinsesto un simile tema. Fino a qualche anno fa su internet giravano video brutali in cui organizzazioni terroristiche sgozza­vano le loro vittime come animali, atti che erano stati in grado di riportare l’umanità indietro di migliaia di anni: avevano turbato chiunque e mostrato come fosse soltanto un’illusione credere che la storia procedesse in maniera lineare, dal passato al futuro, e come invece fosse caratte­rizzata in tutto e per tutto da movimenti caotici. Ma ciò che a me interessa è che la nuova fiction approfondisca tali argomenti, mettendo in scena riti umani che per seco­li sono stati rimossi.

Quando mi rendo conto che diventerà un appuntamen­to imperdibile, interrompo la visione all’istante: non posso certo rischiare di guardare in anticipo svolte cruciali. Per cui mi sintonizzo sulla pagina giusta e, dopo avere trova­to l’intera stagione, mi preparo a vedere il primo episodio.

Prima di guardare la serie, però, devo chiamare il risto­rante, comunicare il prima possibile che non posso re­carmi al lavoro. E poi, preso dall’eccitazione per le nuove puntate, telefono alla donna che amo.

La prima volta la linea è libera e lei non risponde. Al se­condo tentativo invece risponde. Allora le dico subito che deve scusarmi, ma non parla. La invito a uscire per una passeggiata di sera sul lungomare, e tace. Vorrei dichia­rarle quanto mi manca, implorarla. Il fruscio della linea inizia a irritarmi, eppure voglio a tutti i costi vederla. La invito a cena e poi al cinema, a passare l’intera giornata insieme da soli. Subito mi rendo conto di avere sbagliato strategia. Lei detesta sia io a decidere, dopo tutti questi giorni di assenza. Eppure d’un tratto ride, fino a tossire.

Me la immagino mentre tiene il telefono in vivavoce e si smalta le unghie; con lo smartphone tra mandibola e clavicola mentre fa zapping con il telecomando; mentre legge o disegna fumetti sulla sua agenda nera Moleskine; mentre si distrae in miliardi di gesti oltre a parlare con me, grandinando chicchi di risa irrefrenabili e interrom­pendosi per dirmi che non riesce a smettere, pensando a me che mi sto arrovellando sulle ragioni per cui ha deciso di restare tutti quei secondi in silenzio.

Scopri la nostra pagina Linkedin

Seguici su Telegram
Scopri la nostra pagina LinkedIn

Notizie, approfondimenti, retroscena e anteprime sul mondo dell’editoria e della lettura: ogni giorno con ilLibraio.it

Seguici su LinkedIn Seguici su LinkedIn

Prima di uscire con la donna che amo, finalmente, pos­so vedere la fiction. Non salto la sigla, non solo perché la trovo eccellente, soprattutto perché mi introduce pian piano in quel mondo allo stesso tempo coinvolgente e straniante. Dura poco più di un minuto e ha la peculiarità di non avere una musica ma soltanto immagini proietta­te a intermittenza da flash in cui appaiono corpi nudi di ogni sesso ed età, trasfigurati in diverse parti anatomiche da alcune pecette. Sembrano vecchie locandine di film pornografici, caratterizzate però da una crudezza ed ele­ganza così raffinate da distinguerle da quel tipo di osce­nità – sebbene, per altri versi, non manchi la seduzione.

La prima puntata è spiazzante. Tutto inizia con un’in­quadratura sgranata da cui si capisce che si tratta di un video amatoriale. Appare un gruppo di persone inginoc­chiate con indosso casacche arancioni e alle loro spalle in piedi uomini armati con kalashnikov e volti coperti da kefiah. Su uno scarno fondale, si staglia un drappo con caratteri arabi dorati e la linea di trasmissione è disturba­ta di continuo, a volte collassa in un black-out. Quando la scena viene messa a fuoco, si vede uno degli uomini armati leggere un foglio. Nonostante il discorso proceda per un intervallo di tempo piuttosto lungo – modulato com’è da una specie di rap collerico – in sovrimpressio­ne l’unico sottotitolo di traduzione che scorre è: Ritirate le truppe di occupazione entro 48 ore! Gli ostaggi fissano la videocamera in lacrime, sconvolti e smarriti: sono ragazzi adulti bambini.

Scopri il nostro canale Telegram

Seguici su Telegram
Le news del libro sul tuo smartphone

Ogni giorno dalla redazione de ilLibraio.it notizie, interviste, storie, approfondimenti e interventi d’autore per rimanere sempre aggiornati

Inizia a seguirci ora su Telegram Inizia a seguirci ora

Le sequenze successive sono composte da frammenti di talk show, di approfondimenti dei telegiornali, dalle an­goscianti interviste ai familiari. Dopo un’iniziale tensione, la diplomazia fa trapelare spiragli in cui sembra possibile un sostegno da parte del Paese dove è avvenuto il seque­stro. Il cerchio pare restringersi nell’assedio ai terroristi – sebbene nei vari dibattiti serpeggi con una frequenza maligna il sospetto che il governo abbia intenzione di pa­gare il riscatto. In quegli spezzoni conclusivi, comunque, non si fa che nominare l’intelligence ed evocare il silenzio e la prudenza.

D’un tratto muta la prospettiva. Cambiando la tipologia dell’inquadratura, la fiction inizia a raccontare la storia dei protagonisti da un punto di vista diretto – e il formato delle immagini a quel punto occupa tutto lo schermo in 16:9. Si apre una carrellata sopra un paesaggio desertico e su un’unica strada sfilano una serie di pick-up Toyota Hilux incrostati di sabbia. Dopo uno stacco, appaiono i sequestrati seduti contro pareti prive di intonaco. Non c’è illuminazione e nella penombra non s’intravede nessun arredo, solo due porte: una d’ingresso e una che dovrebbe dare sul bagno. Per parecchi secondi non si sentono altro che pianti, singhiozzi, sibili di consolazione. Pian piano, in coda, emerge la voce di un uomo che ripete istericamente, con un sentimento in bilico tra speranza e scoraggiamen­to: «Adesso ci vengono a salvare». I volti continuano a non essere visibili e alla fine s’intravede soltanto la fluo­rescenza blanda delle casacche arancioni.

(continua in libreria…)

Scopri le nostre Newsletter

Iscrizione alla Newsletter
Il mondo della lettura a portata di mail

Notizie, approfondimenti e curiosità su libri, autori ed editori, selezionate dalla redazione de ilLibraio.it

scegli la tua newsletter Scegli la tua newsletter gratuita

 

Libri consigliati