La premessa di “Elsewhere – Benvenuti ad Altrove” di Gabrielle Zevin, autrice di “Tomorrow, and Tomorrow, and Tomorrow”, è molto semplice: le persone che muoiono, vanno nell’aldilà, che non ha alcuna connotazione religiosa. Tutto questo, però, non è facile da digerire per Liz: le manca la sua vita di prima, la sua famiglia, i suoi amici: ad Altrove si è ritrovata a vivere con la nonna trentacinquenne che non ha mai conosciuto, e la sua unica ragione per alzarsi dal letto al mattino è trascinarsi fino ai Ponti d’Osservazione, dove al prezzo di un eternim (moneta locale) ogni cinque minuti può vedere cosa fanno i suoi cari, senza di lei…

Ci sarà sempre qualcosa rimasto da fare, quando arriva il momento di morire. Per Liz, le cose rimaste erano davvero tante, più che per la maggior parte delle persone in viaggio con lei sul piroscafo Nilo, destinazione Altrove. Doveva partecipare al ballo scolastico; innamorarsi; andare al college. E invece un taxi l’ha presa in pieno, mentre attraversava la strada, a sedici anni. Quando si risveglia sulla nave, che naviga sempre più distante dalla Terra, ci sono solo dei vecchi, una ragazza della sua età uccisa da un proiettile vagante e il suo cantante preferito, morto di overdose.

Elsewhere gabrielle zevin

La premessa di Elsewhere – Benvenuti ad Altrove, secondo romanzo di Gabrielle Zevin, uscito nel 2005, vincitore di numerosi premi e ora ripubblicato in Italia da Nord nella traduzione di Chiara Brovelli, è piuttosto semplice: le persone che muoiono vanno nell’aldilà, che non ha alcuna connotazione religiosa.

È molto simile alla Terra, ci sono ristoranti, uffici, centri commerciali. Le persone si rifanno, ironicamente, una vita: trovano un lavoro, possibilmente qualcosa che amino davvero fare, perché guadagnare soldi non è così fondamentale. Come ha occasione di accorgersi Liz, quando non devi mettere da parte niente per il futuro, quando non devi stipulare polizze sulla vita e sugli infortuni, non si spende tanto facilmente. Il futuro, ad Altrove, esiste ancora, e ha un orizzonte temporale, come la vita umana: solo, procede all’incontrario. Chi arriva ad Altrove non invecchia, ma ringiovanisce, finché non è di nuovo un neonato, pronto per essere rispedito sulla Terra.

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La prospettiva di tornare, tra sedici anni, sulla Terra, non è però facile da digerire per Liz: le manca la sua vita di prima, la sua famiglia, i suoi amici: ad Altrove si è ritrovata a vivere con la nonna trentacinquenne che non ha mai conosciuto, e la sua unica ragione per alzarsi dal letto al mattino è trascinarsi fino ai Ponti d’Osservazione, dove al prezzo di un eternim (moneta locale) ogni cinque minuti può vedere cosa fanno i suoi cari, senza di lei.

In teoria, ci sono modi illegali per mettersi in contatto con i vivi, ma si sa: se nei viaggi nel tempo ci sono regole da rispettare per non scombinare le cose, anche le comunicazioni dall’oltretomba sono soprattutto foriere di sventure per gli esseri umani. Ma fanno male anche a chi è già morto, perché vincolarsi al passato non permette nessun passo avanti. E forse, vale la pena di concedersi ancora qualche avventura, persino nell’Altrove.

Ci sono già alcuni degli elementi che faranno amare la scrittura di Zevin negli anni successivi (fan di Tomorrow and Tomorrow and Tomorrow: sto guardando voi): la costruzione di nuclei amicali improvvisati, a cui si finisce per affezionarsi, la delicatezza nell’affrontare temi dolorosi, con una levità tutta sua. A qualcuno poi, il cuore farà saltare un battito ritrovando un nome famigliare, Sadie – non è la stessa che conosceremo diciassette anni dopo, ma è bello pensare che ci sia un legame.

Zevin racconta con una lingua molto semplice una cosa parecchio complessa, il lutto. Liz lo capisce subito: anche se la morta è lei, allo stesso tempo è come fosse l’unica sopravvissuta, e tutte le persone amate fossero scomparse. Non basterà, anche se è un grosso aiuto, avere intorno un gruppo di nuovi amici (tra cui, di nuovo: il proprio cantante preferito!): alla fine, ognuno deve trovare da sé la forza per lasciare andare quello a cui si aggrappa più disperatamente. Smettere di interrogarsi su quello che si è perso, accettare che anche qualcosa di diverso può essere un’occasione non sono sfide da poco anche quando si è rimasti vivi. Eppure, ci dice Zevin, ci dà la possibilità di scegliere di essere felici.

La perdita non chiude tutte le strade: in questa storia malinconica e dolce, è la speranza nell’inaspettato a trionfare, nonostante tutto. È l’unico modo per apprezzare il presente, e pensare al domani, anche se è un domani che ci troverà più giovani, anziché più vecchi.

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