“L’angelo dell’abisso” è stato scritto da Pierre Bordage nel 2004. Un romanzo distopico che, ispirato agli attentati dell’11 settembre, ricorda gli immaginari di “Sin City” di Frank Miller, “La strada” di Cormac McCarthy e “Il Racconto dell’ancella” di Margaret Atwood – L’approfondimento

L’attentato alle Twin Towers è stato uno dei momenti di svolta della Storia. Pierre Bordage, arriva in Italia con il suo romanzo distopico L’angelo dell’abisso (Frassinelli) in cui ci svela uno scenario alternativo, una svolta diversa lungo la strada dell’umanità, per ricordarci che l’equilibrio precario con cui la Storia si concatena è sempre imprevedibile e spesso difficile da mantenere.

L’11 settembre del 2001 è una data simbolo, che ha definito uno spartiacque tra quello che era stato prima e quello che è venuto dopo. Il mondo si è contratto, concentrandosi nel dolore e nella paura, per poi espandersi nuovamente, respirando per far affluire ossigeno nel sangue. In quei frammenti di storia, momenti chiave di quello che siamo, si nascondevano infinite possibilità future. Come avrebbe reagito l’uomo al terrore di un atto così inconcepibile?

L’angelo dell’abisso, scritto da Pierre Bordage nel 2004, è un plausibile presente che per fortuna non si è avverato. Il romanzo ispirato agli attentati dell’11 settembre, si concentra sul fanatismo religioso di politiche mondiali protofasciste che, terrorizzate dall’avanzata della paura, si nascondono dietro credi monolitici e potenti, capaci di guidare le grandi masse nel buio della guerra.

Pierre Bordage angelo abisso

Il romanzo in Italia è arrivato con una traduzione di Christian Pastore lo scorso febbraio; in Francia, dalla prima pubblicazione, ha riscontrato subito il favore della critica, inserendosi in un presente storico che ancora fissava incredulo l’orrore delle Twin Towers e si domandava quali sarebbero state le conseguenze.

Bordage racconta la storia di un ragazzino e del suo angelo custode, e parallelamente costruisce un mondo con una penna elegante, ma allo stesso tempo tagliente. La struttura narrativa alterna a un capitolo di viaggio dei due protagonisti, Pibe e Stef, un altro in cui si rincorrono personaggi differenti, che compariranno una sola volta, ma che risultano essenziali per costruire il paesaggio circostante, il mondo tutto intorno.

L’Europa tutta è definita da una nuova gerarchia in cui il potere è detenuto dall’Arcangelo Michele, ultima spada contro il nemico finale, asserragliato in un inferno che è la sua prigione e la sua sicurezza e da cui dirige l’esercito di diavoli che affliggono la terra. La guerra, la grande crociata, sembra un vortice dantesco in cui tutti i condannati sono costretti da una mano superiore, che pesa le colpe e condanna.

Il palcoscenico su cui si muovono i protagonisti è la danza dei diavoli della nuova società europea: non ci sono scrupoli, non ci sono morali, tutto è infettato dalla guerra e dalle sue brutture. Non importa se la maschera religiosa imponga un decoro medievale, nessuno crede veramente più in quel vecchio Dio ormai affogato tra le scie dei bombardieri, per cui il vero salvatore è l’Arcangelo, il solo che potrà mettere la parola fine a quella guerra.

I due protagonisti, ragazzini figli delle bombe e del sangue, si incontrano in un gruppo di bambini sperduti a cui la morte ha strappato i genitori, costringendoli a una vita spietata e priva di scrupoli. Non c’è spazio per l’innocenza, né per piangere sul sangue della propria famiglia, esiste solo la sopravvivenza, e il rubare, il mangiare, l’uccidere.

Pibe e Stef sono un Dante e una Beatrice che questa volta intraprendono insieme il loro viaggio, ma il loro errare si conclude nel punto più basso del nuovo paradiso, la dimora claustrofobica dell’Arcangelo. Nell’elemento del viaggio c’è tutta la trasformazione del vero protagonista, che da spaurito bambino di dodici anni si trasforma in un umano perfettamente calato nel suo mondo spietato.

Il bianco della religione, il nero del peccato e il rosso della violenza, sono i colori del romanzo, ricordando così quelli della Sin City di Frank Miller.

Quello che rende il lavoro di Bordage atipico per un classico romanzo distopico è il percorso di crescita del personaggio. Pibe attraversa l’inferno come un’anima sprovveduta, non è in grado di adattarsi a quel nuovo mondo senza la mano di qualcuno che lo guidi lungo la strada. Così Stef assume il ruolo di svolta, l’angelo vero, difficile da afferrare, a tratti profetico, necessario a trasformare il bambino in un uomo.

Le riflessioni non mancano, Bordage usa un presente riscritto per concentrarsi su critiche cocenti ai regimi oscurantisti, alle macchine religiose che divorano gli ignoranti e ne partoriscono uomini nuovi, pronti ad assumere il ruolo fatale di crociati.

È tramite le parole di Stef che si raggiunge l’apice della riflessione sulla natura umana.

Inventiamo dei mondi oggettivi perché abbiamo perso di vista la nostra vera natura. Crediamo di essere vincolati a un corpo mortale, cerchiamo delle cause esterne, proviamo a trovare la felicità tramite contributi oggettivi, accusiamo gli altri delle nostre disgrazie, ma finché non ci prenderemo la responsabilità delle nostre convinzioni, commetteremo sempre gli stessi errori, saremo sempre in cerca di un ideale insaziabile, cercheremo la verità dove non c’è, nel possesso, nella tecnologia nella religione, nella storia, nel sangue dei nostri nemici. L’universo esiste perché siamo noi a generarlo in questo preciso istante. Il suo passato è morto, il suo futuro non è scritto.

Stef è la speranza nel vaso di Pandora, e Pandora è Pibe stesso, quasi costretto a quella vita dai sentimenti di repulsione che fin dalla prima pagina prova nei confronti della sua famiglia. La sua crescita e il suo divenire sono l’unica luce che accompagna il romanzo fino al momento di chiusura finale, in cui il presente esplode rendendo inconoscibile il futuro.

L’angelo dell’abisso ricorda molti romanzi tra cui La strada di Cormac McCarthy (edito da Einaudi, traduzione di Martina Testa), da cui riprende le principali tappe del viaggio post-apocalittico e le ambientazioni di Gilead de Il Racconto dell’ancella (edito da Ponte alle Grazie, traduzione Guido Calza), dove un regime autoritario ha imposto una nuova vita all’America, ma riflette un punto di vista diverso che non può essere che europeo.

Il libro catalizza l’astrazione distopica in una narrazione pseudo storica che riflette pienamente il Vecchio Continente, inserendosi nel novero dei romanzi distopici che da un evento terrificante del reale fanno esplodere lo scenario di un futuro pericoloso, eppure perfettamente coerente.

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