Il nuovo romanzo di Giuseppe Lupo, “Il pioppo del Sempione”, ambientato nella provincia lombarda, racconta una storia di integrazione, di memoria e di comunità – Su ilLibraio.it un estratto

Arriva in libreria, per la collana di narrativa di Aboca Il bosco degli scrittori, il nuovo romanzo di Giuseppe Lupo, Il pioppo del Sempione, ambientato nella provincia lombarda.

Lo scrittore lucano racconta una storia di integrazione, di memoria e di comunità. La trama ci porta in una scuola serale di Legnano. Qui un giovane professore insegna italiano a una classe di immigrati di diverse nazionalità: magrebini, albanesi, sudamericani, perfino un quarantenne con tre figli e una laurea in ingegneria, conseguita in Iraq. Tra di loro ci sono Cesar e Apollinaire, padre e figlio sbarcati in Italia dalla Costa d’Avorio, Amin l’albanese, partito a bordo di un gommone e arrivato a Brindisi a nuoto, Rafkani e Mohammed, il più silenzioso degli alunni.

Giuseppe Lupo, Il pioppo del Sempione

Le loro lezioni sono, però, insolite, perché a ravvivarle, sul finire, arriva nonno Paplush, personaggio amato da tutti e memoria storica del paese: si affaccia alla porta, si siede in prima fila e inizia a raccontare la sua giornata e il suo passato, di quando faceva l’operaio alla teleria, “la madre che ci ha dato da vivere”, insieme a Ottavio, di quella volta che nel 1954 sorprese Fausto Coppi a fare pipì su un muro durante una tappa a cronometro, e di quando frequentava la vecchia locanda dove la giovane Rossana sognava di fare, un giorno, la ballerina e intanto cucinava per tutti e cresceva un figlio non riconosciuto dal padre. Ma in tutti i ricordi dolceamari di nonno Paplush c’è una figura che ritorna sempre, l’antico pioppo della Corte del Villoresi con cui il nonno ha un legame speciale

Giuseppe Lupo, classe ’63, vive in Lombardia, dove insegna letteratura italiana contemporanea presso l’Università Cattolica di Milano e Brescia. Autore di numerosi saggi, ha pubblicato con Marsilio diversi romanzi: dopo l’esordio con L’americano di Celenne (2000), sono infatti usciti Ballo ad Agropinto (2004), La carovana Zanardelli (2008), L’ultima sposa di Palmira (2011), Viaggiatori di nuvole (2013), Atlante immaginario (2014), L’albero di stanze (2015), Gli anni del nostro incanto (2017) e Breve storia del mio silenzio (2019).

Su ilLibraio.it, per gentile concessione della casa editrice, proponiamo un estratto:

Noi lo chiamiamo Paplush. È il nome del pioppo che cresce in mezzo alla Corte del Villoresi, lungo la statale del Sempione, nel tratto fra Nerviano e San Lorenzo Parabiago. Era stato lui a battezzarlo così e il nome gli era passato come un’eredità. Paplush era lui ed era il pioppo.

Nessuno sapeva quando e chi l’avesse piantato, ma il fusto largo è un segno di una vita molto lunga, dice lui, ed è alto più del campanile di San Vittore Olona, che pure si fa notare per come va su, dritto verso il cielo. A ogni primavera caccia i fiori che il vento stacca e diffonde nell’aria. I fiori, nel dialetto originario di nonno, si chiamavano paplush. Ecco perché l’albero ha preso quel nome. Doveva essere un ricordo, ma è diventata una ragione di vita.

“Vedi” si interrompe mentre racconta “un pioppo ho perduto e un pioppo ho trovato.” Il pioppo perduto era stato piantato nella terra dov’era nato, in una regione che non ci ha mai indicato con il nome preciso, ma come un giro di parole – la terra di ieri – non specificando null’altro se non che distava il tempo di una notte in camion o in treno.

“Destino che la mia vita sia legata ai pioppi” aggiunge. “Dentro questa pianura e fuori, nella terra di ieri e nella terra di ora. La vita mi ha dato e la vita mi ha tolto.”

La vita toglie e la vita restituisce: nonno Paplush ogni tanto fa il filosofo. Perciò esiste l’albero a compensare la perdita. Anche quando mette i fiori e il vento soffia per diffonderli nell’aria, anche allora lui ripete: “La vita restituisce sempre”.

I fiori si staccano, ma dev’essere una primavera di vento, rara, molto rara nelle pianure settentrionali, perciò quasi sempre restano appesi, nel fermo dell’aria, a seccare e a diventare vecchi. Nonno li scuote con una canna, dice che è necessario per loro volare lontano, ma quelli non ne vogliono sapere. Il pioppo se li tiene tutti per sé, geloso di regalarli al mondo.

(Continua in libreria…)

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