Su ilLibraio.it un estratto dal nuovo romanzo di Luca Ricci, “Gli invernali”, che costituisce il terzo libro della “Quadrilogia delle stagioni”: una storia dal ritmo indiavolato, ricca di dialoghi, che scava nelle ragioni più profonde che muovono gli uomini e le donne del nostro tempo…

Un editore rifiuta il romanzo di uno scrittore: niente di male, se editore e scrittore non fossero anche amici per la pelle e testimoni di nozze dei rispettivi matrimoni; un esordiente viene tenuto a battesimo da un importante e temuto critico letterario: tutto bene, se l’esordiente non si frequentasse con la ex moglie del critico; una scrittrice di romanzi rosa va a letto con il suo agente letterario: ammissibile, se scrittrice e agente non si incontrassero a colazione proprio con il marito di lei, un onesto lavoratore nel ramo della “fibra ottica” senza alcuna propensione per l’arte.

È questo girotondo di personaggi, che appartengono al famigerato quanto avventuroso mondo del terziario culturale, a popolare il nuovo romanzo di Luca Ricci, intitolato Gli invernali (La Nave di Teseo): si tratta del terzo tassello della Quadrilogia delle stagioni (dopo Gli autunnali e Gli estivi), una storia ricca di dialoghi, che scava nelle ragioni più profonde che muovono gli uomini e le donne del nostro tempo.

Lo scrittore classe ’74, già autore di L’amore e altre forme d’odio (Einaudi), Mabel dice sì (Einaudi), e insegnante presso la Scuola Holden di Torino, mette infatti sulla scena queste e altre vicende durante la “barzelletta seria” che è l’inverno romano, incorniciato dalle finestre dei locali e delle case dentro cui si sverna, in una città che “se non esistesse non andrebbe inventata”.

È nel suo ventre molle che si consuma una schermaglia dialettica riguardante le passioni, i sentimenti, gli affetti: la posta in gioco come sempre è la vita. Un tempo i protagonisti li si sarebbe chiamati con ossequio “intellettuali”, oggi li guardiamo con tenerezza mentre tentano di sfangarla, tra idealismo e problemi pratici, tradimenti e atti di fede, illuminazioni e ottenebramenti.

gli invernali luca ricci

Su ilLibraio.it, per gentile concessione della casa editrice, pubblichiamo un estratto:

Nanni si risvegliò improvvisamente. “Cazzo, ancora.” “Ancora?”
“Te lo giuro, l’ho sognato di nuovo.”
Nora aprì un occhio, allungò una mano verso il comodino e cercò a tentoni l’interruttore dell’abat­jour.
“Vuoi raccontarmelo?”
“È identico a quello di un’ora fa.”
Nora si poggiò alla testiera del letto e lasciò che Nanni si stringesse a lei con una guancia sul seno. Pensò che quella era la posizione che raccontava meglio il loro rapporto: in fondo lei avrebbe potuto essere sua madre.
“Dai, raccontamelo di nuovo,” insistette Nora. “Anche se è identico?”
“Se lo racconti te ne liberi, non è forse per questo che scri­ viamo?”
Nanni annuì senza convinzione, sembrava ancora troppo scombussolato per scendere su un piano dialettico. Nora gli ac­carezzò i capelli, provando un piacere sensuale. Pensò che i ca­ pelli invecchiavano come tutto il resto, e che i riccioli di Nanni al tatto erano così forti da valere un bicipite o un pettorale.
“A che pensi?” le chiese Nanni, con una voce spaventata da bambino.
“Meglio se non te lo dico.” “Voglio saperlo.”
“Che le principesse non esistono.”
Nanni si tirò su, sorridendole e affiancandosi a lei sulla testiera. “A parte te.”

“Figuriamoci, ho sempre trovato Cenerentola molto meno interessante delle sue sorellastre. T’immagini che numeri a letto?” “In effetti,” disse Nanni, cercando di immaginare la scena di un porno con le sorellastre di Cenerentola come protagoni­ ste. “Gran porche.”
Risero tutti e due.
“Va un po’ meglio?” chiese Nora.
“C’è questo mostro che sbuca dalle tenebre e comincia a leggermi la recensione. Mentre me la declama gli esce dalla bocca.”
“Te la vomita?”
“Sì, sento la sua voce e contemporaneamente sputa dei fo­ gli dalla bocca.”
“E ti ricordi cosa dice la recensione?” “No, zero. Ma so che è negativa.” “Soltanto negativa?”
Nanni sospirò. “È una stroncatura. Mi distrugge. E non ha pietà. Viene verso di me, incede verso di me, declamando. La scena è costruita come un crescendo.”
“I sogni degli scrittori hanno una drammaturgia precisa.” Nanni si voltò verso di lei. “Nora, tu sei una scrittrice. Una grande scrittrice. Io non sono ancora nessuno. Ho pubblicato un libro che adesso il tuo ex marito stroncherà.” “Hai detto un sacco di cazzate.”
“Tipo?”
“Io non scrivo più da un secolo.”
“Che c’entra? I libri scadono come lo yogurt?”
Stavolta toccò a Nora sospirare. “In certi casi particolari, molto più di quanto immagini.”
“Ok, e per il resto?”
“Tu sei un esordiente su cui ha scommesso un grande edi­ tore. Non sei uno qualunque, un signor nessuno. E Carlo non ti stroncherà.”
“Dio mio, non chiamarlo per nome, ti prego, mi fa impres­ sione.”
Nora ridacchiò e fece il vocione. “Il decano della critica, il grande Offenbach non ti stroncherà.”
“E chi me lo garantisce?”
Nora si alzò per sgranchirsi le gambe. Uscì dal piccolo cono di luce prodotto dall’abat­jour come se la penombra fosse una zona franca, dove avrebbe potuto riflettere meglio.
“Hai intenzione di fare qualcosa?” le chiese Nanni. “Anzitutto andare dal parrucchiere, direi domattina sul presto. Lo sai che anche i capelli invecchiano?”
“Dai, dicevo per Offenbach e la sua recensione.”
Nora tornò nel cono di luce con un piccolo saltello. “Trovi che le mie gambe siano troppo magre?”
Nanni sbuffò. “Ok, non vuoi aiutarmi.”
“Voglio aiutarti, ma tu adesso aiuti un secondo me?” Nanni la guardò a malapena, come se non ce ne fosse biso­gno. “Lo sai che non me ne frega niente delle gambe.” “Dovrebbe essere un complimento?”
“Per una che dice di detestare le principesse direi proprio di sì.”
“Ami la mia mente ma non il mio corpo.”
“Sbagliato: amo te, tutta intera. Non riesco a farti a pezzi, a dissezionarti.”
Nora cercò di tendere quanto più possibile i muscoli delle gambe, sforzandosi di non vedere la pelle a buccia d’arancia e i quadricipiti femorali cadenti. “Esigo un complimento vero, adesso.”
Nanni si sporse dal letto afferrandole una caviglia. “Sei la terza sorella di Cenerentola. Anastasia, Genoveffa e Nora.”

A parte la luce dell’abat­jour, la camera da letto era immer­ sa nel buio deciso dell’inverno. Erano passate le feste di Natale e l’interminabile gennaio, ma le promesse primaverili di marzo erano ancora lontane dal sopraggiungere.
“Andrò a trovare Offenbach,” disse Nora, interrompendo le loro coccole.
“Oggi stesso?”
“Dopo il parrucchiere.” Allungò di nuovo la mano per pren­ dere il telefono dal comodino, e iniziò a digitare sulla tastiera.
“Che stai facendo?” chiese Nanni. “Gli scrivo un messaggio.”
“A quest’ora?”
Nora lo guardò perplessa. “Ti svelo un segreto. Posso di­ sturbare il grande Carlo Offenbach a qualsiasi ora.”
“Non volevo dire questo…” “Lasciami fare.”
“Sei scocciata? Se ti scoccia non fare niente, non devi fare niente che tu non voglia fare.”
“Non mi scoccia scrivere a lui, mi scocciano gli scrupoli immotivati, le paure ingigantite.”
“Ah, grazie mille.”
Nora si liberò del telefonino e fissò Nanni con durezza. “Ma possibile che esordire ti renda così insicuro?”
“Non sono insicuro, non voglio essere danneggiato.” “Cazzo, ma qualunque cosa dica lui, tu sei tu. La tua opi­nione sul tuo lavoro vale più della sua.”
“Per chi, Nora? Per me e per te, forse. Ma per il pubblico? Per i lettori?”
“Attento a non nascere vecchio, Nanni.”
Nanni si alzò, quasi togliendosi le coperte di dosso con stizza. Nora lo sentì raggiungere la finestra a passetti svelti, ti­ rare su l’avvolgibile.
“Pensa al tuo esordio, Nora,” le disse, sapendo di cogliere nel segno. “Tu non hai avuto paura?”
Lei non rispose.

(continua in libreria…)

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