Quante cose inconsuete ci possono essere in un libro? Quanti avvenimenti, personaggi, stranezze e misteri? Il nuovo attesissimo (e discusso) libro di Cormac McCarthy, “Il passeggero”, è un’esplosione di tutte, dalla scrittura alle invenzioni che troviamo sulla pagina…

Cormac McCarthy è uno scrittore americano amatissimo e riconosciuto sia in patria sia all’estero. Dai suoi romanzi più famosi sono stati tratti film, La strada—per cui ha anche vinto il Premio Pulitzer — Non è un paese per vecchi, Il procuratore.

La Trilogia della frontiera  — Oltre il confine, Cavalli selvaggi, Città della pianura — è diventata un cult fin dalla sua uscita, iconica nelle sue atmosfere sabbiose al tramonto.

Amato e dunque copiatissimo nei suoi meccanismi narrativi, ma soprattutto nella sua lingua e nell’asciuttezza della sua scrittura. McCarthy ha quasi  divulgato un nuovo canone, una scrittura estremamente secca avvicendata a una precisione nei particolari che alcuni potrebbero definire pedante.

La strada è stata, per molti amanti della letteratura, un grimaldello per accedere alla narrazione distopica e survivalist, alla letteratura di genere che si fondeva con i tropi narrativi del viaggio a piedi e del rapporto genitore-figlio. Possiamo dire che senza quel romanzo forse non si sarebbe mai sviluppato il filone che ci ha portato all’acclamatissimo videogioco (e poi serie televisiva) The Last of Us.

Diciassette anni dopo quell’opera di culto, Cormac McCarthy torna con un nuovo romanzo, Il passeggero. È il primo di due volumi (il secondo, Stella Maris, verrà pubblicato sempre da Einaudi a settembre 2023), e arriva nell’anno in cui Cormac McCarthy compirà novant’anni.

Inevitabilmente, anche in Italia la sua uscita ha destato grande interesse, riflessioni, e moltissime recensioni, sia negative sia positive.

il passeggero cormac mccarthy

Il protagonista di questa vicenda è Bobby Western. Western fa un mestiere bellissimo (e, a pensarci bene, anche molto letterario). È un sommozzatore.

Su commissione ricerca cose che sono finite nella profondità di laghi e mari. È lì che lo incontriamo la prima volta: sott’acqua, a scoprire un velivolo di piccole dimensioni che sarà l’innesco di un bestiale grattacapo.

L’aereo è finito in acqua intonso, con i suoi ospiti imbarcati, come per un atterraggio di fortuna, ed è in perfette condizioni. Nessun portellone mancante, nessuna fessura. All’interno, però, mancano la scatola nera e uno dei passeggeri.

Un classico del giallo: l’omicidio della stanza chiusa a chiave dall’interno, solo su un aereo, sott’acqua e in una peculiare atmosfera da cowboy urbani degli anni ’80.

Perché McCarthy è comunque sempre il “cantore dell’ovest”, come lo era stato nei romanzi precedenti, e i suoi personaggi di questo libro — a prescindere che siano gli amici da quartieraccio di Bobby Western, o gli studiosi di fisica e matematica che incontra — hanno tutti una parlata esatta, assertiva e incredibilmente da cowboy.

I dialoghi sono da sempre una delle cifre di McCarthy: senza virgolette, senza fronzoli, perfettamente architettati per non indicare chi sta parlando. Quello che succede è che un vortice di informazioni viene veicolato da un personaggio o dall’altro — da un certo punto in poi non è importante chi dice cosa, ma solo come, e cosa dicono —  travolgono il lettore. E le informazioni sono sempre puntuali.

Il passeggero è un libro difficile. Non di difficile lettura, ma difficile nella comprensione dei tanti strati che lo compongono: evoluzioni inaspettate, una lingua continuamente manipolata, travolgenti descrizioni di fisica quantistica e continui riferimenti letterari, mai esibiti. Possiamo dire che questo è uno di quei libri che è fatto di altri libri. Quelli precedenti scritti da McCarthy, ma anche quelli che hanno segnato la letteratura americana.

Viene da chiedersi, però, se McCarthy fosse consapevole, mentre scriveva Il Passeggero, di star creando personaggi così fortemente di finzione. Così inverosimilmente letterari. Bobby Western è un sommozzatore, certo, ma è anche figlio di uno dei fisici che ha sviluppato il progetto Manhattan— quello della bomba sganciata su Hiroshima. All’università, a sua volta, ha studiato matematica con gran successo, salvo poi abbandonarla, perché si è reso conto che sua sorella — di cui è innamorato e che, tra le varie cose che fa (e che farà in Stella Maris), suona magnificamente il violino e si suicida nelle prima pagine del libro — è più brava di lui.

Western è stato anche un eccellente guidatore di Formula 2, fino a un incidente che non l’ha però menomato. È affascinante. È misterioso. È rotto. E vien da dire: e poi? Non abbiamo esagerato? Ecco, quando si cominciano a mettere in fila le qualità di Bobby Western, un risolino rischia di increspare la bocca. Ma poi il rispetto che si prova per questo grande scrittore, per le sue opere precedenti, per la sua grande intelligenza e maestria, fa superare quell’istante in cui, sommessamente, abbiamo osato mettere in dubbio tutto quanto. Forse, dopotutto, non era la verosimiglianza a interessare McCarthy, quanto piuttosto il gioco intellettuale che muove i destini dei personaggi.

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