In “Il suo odore dopo la pioggia”, caso editoriale francese, Cédric Sapin-Defour (scrittore e alpinista) riporta tra le pagine l’odore tipico e riconoscibile del cane bagnato dalla pioggia, raccontando il suo legame con il bovaro del bernese Ubac fino a dimenticare che il protagonista è lui… – Su ilLibraio.it la prefazione

Una pubblicità sul giornale locale cambia la vita dello scrittore e alpinista Cédric Sapin-Defour: i cuccioli di un bovaro del bernese cercano casa. L’idea di allontanare la solitudine con un nuovo compagno lo attrae e diventa una certezza quando incontra il cucciolo dal “colletto azzurro“. Solo la ricerca del nome è un’avventura…

L’attesa è insopportabile, come quando due innamorati sono costretti a separarsi. Il suo arrivo è preparato con grande cura. Ubac, man mano che cresce, occupa, in ogni senso della parola, un posto sempre più essenziale nella vita del narratore. Un legame unico, naturale, assoluto in grado di far riverberare la gioia, il dolore, gli istanti irripetibili che cristallizzano i rapporti e l’inesorabile scorrere del tempo che li trasforma in ricordi.

In Il suo odore dopo la pioggia (Salani, traduzione di Francesco Bruno e prefazione di di Jean-Paul Dubois), caso editoriale francese di Cédric Sapin-Defour, l’autore classe ’75 riporta tra le pagine l’odore tipico e riconoscibile del cane bagnato dalla pioggia, fino a dimenticare che il protagonista è lui e assistere col cuore in gola al racconto della nostra stessa vita.

Un libro ironico e commovente sugli incontri inattesi che ci regala il destino e che diventano legami indissolubili in grado di rivelarci chi siamo e quale sia la nostra idea del mondo e dell’amore.

Il suo odore dopo la pioggia Cédric Sapin-Defour

Per gentile concessione dell’editore, su ilLibraio.it pubblichiamo la prefazione del libro di Jean-Paul Dubois:

Prefazione

di Jean-Paul Dubois

Non c’è nulla di più semplice che vivere con un cane. Basta, quando rincasa, ascoltare il rumore delle sue zampe che ticchettano sul pavimento, respirare quell’odore che, nella sua scia, impregna con discrezione il corridoio della casa, e guardare scorrere i giorni fra i ciuffi dei peli che lui perde un po’ dappertutto. E poi, una sera, non sentite altro che il silenzio, le stanze, tutte, puzzano d’assenza e non c’è più niente, da nessuna parte, da spazzare e da aspirare. Ed è in quel momento, in quella notte, in quell’ora precisa che sentite sino in fondo alle ossa che il vostro cane è morto.

Ho sempre provato una gioia infantile nel vedere la mia cagna bere, nell’ascoltarla mangiare, divorare quel che le avevo cucinato. Quel momento traboccava di vita, di gioia, ci offriva una specie di felicità primitiva condivisa. Quella sera, ho lavato la sua ciotola, le dita sotto l’acqua bollente, a sfregare non so cosa per non so quanto tempo.

E poi ho letto Il suo odore dopo la pioggia. E allora, quel mondo rinchiuso da un pezzo negli armadi della memoria ha cominciato a rianimarsi e, pagina dopo pagina, i rumori, i peli, i veterinari, le lunghe passeggiate e gli odori sono tornati. Gli odori, e soprattutto quelli che ammannisce la pioggia, forti, bestiali, quelli detestati sopra ogni cosa dalle persone che non amano i cani. Il suo odore è un libro magico, ricco, il testo di una sorta di etologo innamorato che racconta con grazia ed eleganza la storia toccante, la vita, semplicemente, di un uomo con il suo cane.

Non so cosa ne direbbe Cédric Sapin-Defour, l’autore del Suo odore – anche se ho una mia ideuzza in proposito –, ma ho sempre pensato che in un rapporto esaminato a fondo, è il cane a educare il suo ‘padrone’ e non il contrario. Ho preso coscienza di ciò molto presto, rendendomi conto che la mia cagna come molti suoi congeneri capiva circa trecento parole del linguaggio umano, mentre per me era quasi impossibile, nonostante la mia attenzione, distinguere le principali sfumature dei suoi latrati. Immaginate che tutte le sere, verso le ventuno, per anni, lei è venuta a sedersi davanti al divano e per parecchi minuti, i suoi occhi nei miei, mi si rivolgeva modulando vocalizzi e timbri vicinissimi alla voce umana. Le persone dicevano «sembra proprio che ti parli». Quel che non sapevano è che lei mi parlava davvero. E che, quando eravamo soli, io le rispondevo. Ciascuno prigioniero del proprio linguaggio, cercando comunque di mostrare all’altro che facevamo l’impossibile sforzo di colmare quel vuoto che separa le nostre specie. Sotto altri aspetti, Il suo odore dà conto dell’intimità delicata, dell’impregnazione reciproca che si crea fra due specie accorte. Dell’obbligo, per l’uomo, di uscire da se stesso, di dimenticarsi, di ‘disossarsi’ per capire l’altro. Spiega anche con molta dolcezza quanto sia prezioso per un umano imparare a sdraiarsi per terra, giusto per avere la gioia di sentire il proprio cane addormentarsi con la testa contro di lui. Vivere con un animale obbliga a decifrare, a riconsiderare lo spazio e il tempo. Nell’istante in cui aprite la porta di casa, il cane indovina il vostro umore e, prima ancora che voi ne abbiate preso coscienza, sa cos’avete in mente. Ha capito che lo porterete a spasso in montagna, a nuotare nell’oceano, a girellare sulla spiaggia, e che è durante quelle lunghe camminate, quei passi concatenati che vi unirete per la durata di una vita, semplicemente attenti alla sete e alla stanchezza dell’uno e dell’altro. In questo libro, l’autore ha una bella abitudine, molto significativa, nei confronti del suo cane: nel momento del caldo più intenso, gli dà da bere ‘da bocca a fauci’.

Questo testo è un prontuario d’intelligenza e di amore fra due esseri che tante cose, comunque, separano. Salvo una che si profila nell’ultimo quarto del libro e che l’autore evoca con questa semplice frase parlando del suo bernese che invecchia: «Quando capirà di essere mortale?»

Penso che un cane non debba sapere queste cose.

Ed è ciò che dovrebbe salvarlo.

Però la fine arriva. Pagine dapprima preoccupate nel grembo di veterinari amorevoli, poi strazianti all’alba degli ultimi giorni. Quando l’animale sta per andarsene, l’uomo lo guarda per l’ultima volta sapendo che da quel momento in poi dovrà «parlare a qualcuno che non gli risponde più». E a quel punto, naturalmente, giacché è del tutto normale, ecco che voi piangete.

Quando è morta, ho fatto cremare la mia cagna. Sono andato dal veterinario a prendere il suo corpo congelato e abbiamo viaggiato insieme, lei e io, nella nostra auto, un’ultima volta, per cinquanta chilometri. Arrivato sul posto, un uomo ha aperto il cofano, l’ha fatta scivolare su una carriola e, con straordinaria dolcezza, ha detto semplicemente: «Non si preoccupi, ce ne prendiamo cura noi». A perdita d’occhio, cadeva una pesante pioggia primaverile.

Da tre anni, le sue ceneri e il suo guinzaglio sono posati sul lato destro della mia scrivania.

Dunque, ecco, il libro che state per leggere è un prontuario d’amore e di comportamento che forse vi guiderà fino a quel confine immateriale al di là del quale i cani parlano agli uomini. Imparerete cose stupefacenti su di loro e su voi stessi. Per quel che mi riguarda, questo testo ha anche realizzato un piccolo miracolo: nel corso delle pagine e delle parole via via messe giù, mi ha permesso di ritrovare il meraviglioso rumore dei passi della mia cagna che trotta per casa, la voce delle sue conversazioni notturne e, soprattutto, soprattutto, Il suo odore dopo la pioggia.

(Continua in libreria…)

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