“Questo libro trae ispirazione dal mio rapporto con Sofia, ma poi in realtà è diventato tutt’altro. Diciamo che appena sono entrata a contatto con il suo mondo mi sono detta: questa è una storia da raccontare”. In occasione dell’uscita del romanzo “Il profilo dell’altra”, ilLibraio.it ha intervistato Irene Graziosi, direttrice dei contenuti di Venti, progetto editoriale ideato e portato avanti insieme alla youtuber Sofia Viscardi. “Lei è stata la prima lettrice di tutte le stesure che ho fatto. Mi ha sempre consigliato e dato pareri”. L’autrice romana ci ha parlato del mondo dei social (“Trovo asfissiante l’esigenza di dover essere rappresentate sempre, a tutti i costi”), di femminismo (“Dov’è finito? È diventato anche questo un modo per vendere le cose alle donne…”), del suo lavoro online (“Si vive di contraddizioni. Bisogna imparare a scendere a compromessi”), delle sue letture (“Ho apprezzato Giulia Caminito, Nicoletta Verna, Nicola Lagioia e Emanuele Trevi”) e del suo rapporto con la scrittura (“Sono pigra e non troppo costante. Spero di imparare a esserlo con l’età”)

Quello di Irene Graziosi, autrice romana classe ’91, conosciuta per essere la direttrice dei contenuti di Venti, progetto editoriale ideato e portato avanti insieme alla youtuber Sofia Viscardi, è tra gli esordi letterari più attesi dell’anno.

Il profilo dell’altra è il titolo del romanzo con cui debutta, pubblicato dalla casa editrice e/o, copertina rosa pallido, corredata da uno specchio scheggiato che restituisce la propria immagine distorta.

Si tratta di una storia di formazione viscerale e controversa, dalle tinte oscure e malinconiche, un racconto “dolente che è anche un apologo morale”, come lo ha definito lo scrittore Nicola Lagioia.

Siamo a Milano. Maia ha ventisei anni e si ritrova, per caso, a svolgere un lavoro che non aveva mai preso in considerazione: l’autrice per una celebre e seguitissima influencer di diciott’anni. Il suo nome è Gloria ed è “la più amata” della situazione. Sempre perfetta, sorridente, amabile, dai sani e incrollabili principi morali.

Maia è tutto il contrario: algida, scostante, spesso giudicante, pronta a sabotare gli altri e se stessa. Dietro si porta il peso di un passato di dolore che è lì: pronto a manifestarsi nei profili delle persone che la circondano – nel sorriso di Gloria -, per ricordarle quello che è successo e che non potrà mai dimenticare.

ilLibraio.it ha incontrato l’autrice a Milano per parlare del suo nuovo libro, del suo rapporto con i social e di quello con la scrittura.

il profilo dell'altra irene graziosi

Partiamo dal cuore di questa storia. L’amicizia tra le due figure principali, Gloria e Maia. 
“In realtà il rapporto tra Maia e Gloria non è un semplice rapporto di amicizia. Perché non si tratta di una relazione paritaria, ma gerarchica. Assomiglia più a un legame tra sorelle, in cui la minore cerca di emulare la maggiore. Se avessi voluto raccontare un rapporto fra due figure femminili pari avrei sicuramente esplorato altri aspetti, ma in questo caso mi interessava raccontare cosa queste due personagge hanno potuto scoprire di se stesse attraverso un rapporto impari”.

Ci spieghi meglio.
“Prendo come esempio la questione del dimagrimento, che ho voluto inserire nel romanzo perché è molto interessante notare come, quando sei ragazzina, il corpo dell’altra diventi una sorta di specchio e di campo di battaglia. Si provano sentimenti contrastanti, di protezione e preoccupazione, ma anche di invidia”.

Infatti Maia teme che Gloria abbia iniziato a perdere peso a causa sua.
“Esatto. È vero che da una parte lei si sente depredata da questa amicizia, dall’altra parte però si sente anche molto responsabile. È preoccupata, pensa che la sua presenza possa condizionare la vita dell’altra, farla appassire”.

Parliamo allora di questa protagonista, che è anche la voce narrante del romanzo. Un personaggio controverso, a volte spietato. 
“È vero, non c’è compassione nello sguardo di Maia, né nei confronti degli altri, né tanto meno di se stessa. Diciamo che non è una ragazza moralmente ineccepibile, anzi, è un po’ un disastro. Di sicuro non volevo raccontare un personaggio buono e simpatico, con uno sguardo limpido. Avevo bisogno di una visione cupa e giudicante, per raccontare un certo tipo di mondo”.

Il mondo dei social e delle influencer, di cui non emerge certo un ritratto positivo.
“Internet è molto vasto, quindi non voglio fare generalizzazioni”.

Ma…
“Ma è indubbio che i social si basino su un meccanismo pubblicitario. Prima i brand facevano pubblicità semplicemente invitandoti a comprare un prodotto, mentre ora non si vendono solo gli oggetti, ma i valori. E sono le persone a farlo”.

E quindi?
“Il punto è questo. Sui social ti sembra che tutti siano tuoi amici. Hai la sensazione di conoscerli. Quando ti dicono di comprare qualcosa, in qualche modo sei portato a fidarti di loro, proprio come ti fideresti di un tuo amico, appunto”.

E questo va contro la sua ideologia?
“No, in realtà non ho un apparato ideologico così strutturato, a differenza di tante mie amiche che, invece, hanno delle posizioni più nette e definite. Non saprei nemmeno dire perché il consumismo è sbagliato, ma non riesco a sopprimere un istinto che mi dice che non è giusto, non va bene. In più per me c’è anche tutto un discorso che riguarda il tema della rappresentazione del corpo femminile…”.

Cioè?
“Trovo asfissiante l’esigenza di dover essere rappresentate sempre, a tutti i costi. Possibile che l’unica cosa che riusciamo a dire alle donne è che debbano sentirsi rappresentate nella pubblicità, o nelle immagini di consumo? Mi sembra assurdo. Dov’è finito il femminismo? È diventato anche questo un modo per vendere le cose alle donne. Non so nemmeno più che valore abbia questa parola oggi”.

E queste posizioni come si conciliano con il suo lavoro, che di fatto si svolge tutto sui social?
“Spero che Venti sia un canale il più possibile editoriale, per quanto poi alla fine si campa tutti con il branded content. E poi, che devo dire, si vive anche di contraddizioni. Bisogna imparare a scendere a compromessi. Personalmente non ho mai sponsorizzato niente sul mio profilo Instagram, e sia io sia Sofia stiamo comunque sempre attente a sponsorizzare brand che non ci chiedano di fare cose in cui non ci riconosciamo”.

A proposito del suo rapporto con Sofia. Anche se il romanzo non si può definire autofiction, ci sono diversi punti di contatto con la sua storia personale.
“È vero, questo libro trae ispirazione dal mio rapporto con Sofia, ma poi in realtà è diventato tutt’altro. Diciamo che appena sono entrata a contatto con il suo mondo mi sono detta: questa è una storia da raccontare”.

E l’ha fatto.
“Sì, ma sono partita da uno spunto, e poi il romanzo ha preso una vita propria. Non so se capita a molti ma… nella mia testa io penso sempre ‘chissà cosa succederebbe se…’. Sono momenti di microfantasie in cui mi immagino scenari alternativi. Ecco, questo libro è nato proprio da questa domanda: ‘cosa succederebbe se…?'”.

Sofia Viscardi come l’ha presa?
“È stata la prima lettrice di tutte le stesure che ho fatto. Mi ha sempre consigliato e dato pareri”.

Ha pensato a come verrà percepito dai lettori e da chi vi conosce o segue in rete?
“Ci ho pensato, sì. Ma poi ho smesso di pensarci, perché chiunque può pensare quello che vuole. Questa è una storia, e va letta in quanto tale. Esiste la buona fede, esiste la malafede, esiste il pettegolezzo… va bene così”.

Voleva già scrivere un romanzo prima?
“Teoricamente sì. Ho sempre pensato che ne avrei scritto uno prima o poi, però non avevo fretta. In molti scrivono romanzi perché pensano di doverlo fare. Ma io sono pigra, e per me scrivere è un po’ come quando ti innamori e vuoi iniziare una relazione. È molto faticoso, e devi farlo solo se pensi che ne valga davvero la pena, altrimenti che senso ha?”.

E per lei scrivere questo romanzo è stato faticoso?
“Costruirlo è stata la parte più complessa”.

Cioè?
“In una storia ci sono movimenti che tu, inconsciamente, sai che devono accadere. La cosa che non sai è come costruire le scene necessarie per arrivare al punto che desideri. E poi avendo scelto di usare una prima persona è ancora più difficile, perché c’è una costante intromissione dei pensieri della protagonista”.

E come ha risolto?
“Sono andata a leggere tutti i discorsi sul metodo curati da Vanni Santoni per minima&moralia. E leggevo di questi scrittori che si svegliano alle cinque del mattino e si mettono a scrivere. Ma per me era impossibile perché, come detto, sono pigra, e non troppo costante”.

Le piacerebbe diventarlo?
“Spero di imparare a esserlo con l’età. Specialmente perché magari potranno andare via un po’ di divertimenti che, crescendo, non ti divertono più. Però quando ho iniziato a scrivere il romanzo uscivo praticamente tutte le sere, e non era facilissimo portare avanti il lavoro con costanza. E poi avevo molta ansia, fino all’ultimo non ero convinta di poterlo davvero portare a termine”.

E allora cosa ha fatto?
“Ho letto tantissimo”.

Cosa?
“Molti autori e autrici che hanno scritto con prime persone forti e penetranti: Ottessa Moshfegh, Herzog di Saul Bellow e La versione di Barney di Mordecai Richler. Mentre per la costruzione della scena ho riletto Jennifer Egan, che ha la capacità di descrivere delle scene bellissime, con delle piccolissime cose che accadono. E anche Eugenides, che per me è il numero uno. Ma anche Bolaño, perché mi fa venire voglia di scrivere”.

Italiani e italiane?
“Ho apprezzato molto Giulia Caminito per la rabbia con cui ha raccontato la protagonista de L’acqua nel lago non è mai dolce, che ha qualche aspetto in comune con Maia. E poi se devo citare gli ultimi libri che mi hanno colpito direi Il valore affettivo di Nicoletta Verna, La città dei vivi di Nicola Lagioia, Due Vite di Emanuele Trevi”.

E ora è felice del romanzo?
“Sì, sono soddisfatta, ma per fortuna intanto faccio altre tantissime cose, e sono felice di non avere tempo per realizzarlo, perché sono molto ansiosa e forse, se dovessi pensare solo al romanzo, non riuscirei a godermi niente”.

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