Dopo “Il nostro momento imperfetto” e “Non perdiamoci di vista”, Federica Bosco torna con “Non dimenticarlo mai”, un racconto, struggente e violento, di una solitudine affettiva e di una orgogliosa rinascita. Con una scrittura semplice e fresca, che riesce a essere pungente e sarcastica, l’autrice narra la storia di Giulia, una donna che, nel giorno del suo quarantanovesimo compleanno, realizza di colpo una mancanza che la devasta: vuole diventare madre

Ha la sorpresa di un’epifania ma la violenza di un’esplosione: la scoperta del vuoto dentro di sé è per Giulia l’inizio di uno sconvolgimento di tutta la sua esistenza. Nel giorno del suo quarantanovesimo compleanno realizza all’improvviso che la sua conquistata emancipazione, le sue giornate senza regole, di corsa, i suoi successi professionali come giornalista di costume l’hanno portata “oltre”, a una vita del tutto priva di significato.

Giulia ha viaggiato veloce, su un’autostrada fatta di aperitivi, riunioni di redazione, incontri con vip, relazioni moderne, sbornie con le amiche e libertà: una vita invidiabile agli occhi di tutti, che a lei ha permesso di non pensare, non fare cambiamenti.

In un’illusione di sicurezza, Giulia ha sempre pigiato sull’acceleratore, credendo in un eterno presente, glamour e vincente, e non si è accorta che passava il tempo. Che è spietato per una donna. Perché se la lotta quotidiana per essere all’altezza si può vincere, con lo stile, la dieta, i cosmetici, la sicurezza che viene dal lavoro, i soldi, il tempo per essere madre non si inganna. E Giulia, che non ha mai voluto figli, realizza di colpo una mancanza che la devasta.

Copertina del libro Non dimenticarlo mai

“Chi ero io? A chi appartenevo? Dov’erano le mie radici? La mia discendenza? La mia famiglia?
Dov’erano i miei figli?
Questa fu la frase che mi fece gelare il sangue e non a causa dell’attacco di panico.
No, questa era paura vera, reale, motivata.
 Dove. Erano. I. Miei. Figli.”.

Giulia decide di fermarsi, prendere al volo la possibilità di scendere, perché la sua è l’ultima stazione, l’ultima possibilità. Vuole un figlio, con un desiderio che si rivela viscerale, improvviso, e senza condizioni: Giulia lo accoglie, con determinazione, con il sacrosanto diritto e la libertà di farlo, e la consapevolezza che sarà un percorso difficile, e non solo dal punto di vista medico. Sarà difficile perché incompreso, respinto e ridicolizzato dal buon senso comune.

Non dimenticarlo mai di Federica Bosco (Garzanti) è il racconto, doloroso, struggente e violento, di una solitudine affettiva e di una orgogliosa rinascita.

La decisione di Giulia la mette di fronte alla povertà delle sue relazioni: le amiche si defilano, rifiutando di sostenerla, quasi defraudate del loro potere di donne evolute, come se la ricercata maternità di Giulia le ponesse di fronte a se stesse, squarciando un velo e mettendole involontariamente in discussione. La madre Teresa, giocatrice incallita, narcisista da manuale, più propensa all’alcol che all’istinto materno, è una presenza anaffettiva e giudicante, incapace di essere madre, non disposta a essere nonna.

Il compagno Massimo, vanitoso, egoista e maschilista è preso dalla sua carriera e dalla sua immagine: interessato a una relazione di comodo, nella quale ognuno ha la sua casa, la sua vita, la sua indipendenza, capace di rifugiarsi dalla mamma per avere conferme e attenzione, è incline a distorcere la realtà secondo il suo interesse, e scompare nei momenti più importanti.

Abituata fin da bambina a essere sola, con il timore costante dell’abbandono, Giulia si è costruita una vita improntata all’autosufficienza nella convinzione di non aver bisogno di aiuto, ma è minata nel profondo da una dipendenza affettiva che le rende normale farsi bastare le briciole.

La ricerca di una maternità non la porta solo negli studi di un ginecologo più attento ai suoi successi che all’ascolto, la porta anche a incontrare amici nuovi, e, nella rete, un mondo di solitudini e lotte, donne capaci di affrontare terapie faticose, grandi disperazioni, incomprensioni e umiliazioni. Un popolo di donne guerriere, perché anche quella della maternità è una lotta di emancipazione e di diritto: non essere giudicate, considerate troppo vecchie, troppo povere, troppo poco, inadeguate.

“Sì, dai, ma è contro natura, devi essere la mamma non la nonna. Quando tuo figlio avrà dieci anni tu ne avrai sessanta, ti rendi conto?”.

La scoperta di poter condividere la propria esperienza, ma soprattutto la sensazione nuova di essere accolta e compresa, e quindi di non essere più sola, dona a Giulia una forza nuova, che la fa reagire e rivendicare il diritto a essere appoggiata.

Il libro di Federica Bosco è una lezione sana di come ognuno di noi può e deve imparare a proteggersi, a uscire da legami tossici, a leggere tra i meandri della propria mente alla ricerca di quelle cellule che si sono ammalate per poco amore, per comportamenti manipolatori, per assenza di empatia. È una storia di maternità ma è soprattutto una storia di relazione e di sentimento, che sono elementi fondanti dei rapporti umani, anche in tempo di social, di messaggi e faccine. Perché infine il senso dell’esistenza è tutto nella possibilità di ricevere e dare sostegno: il bisogno d’amore non solo è lecito, è umano. È in questo sentimento che Giulia scopre di poter essere una brava madre: la sua innata capacità di proteggere.

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“«La tua mamma», mormorai di nuovo, fra me e me.
 Dio che parola immensa.
 Fino ad allora l’avevo sempre associata a qualcosa di difficile, faticoso, problematico, ma ora la sentivo come una carezza sulla fronte, il soffio su un ginocchio sbucciato, una luce amorevole, la pace”.

Dedicato a Niccolò, Alessandro e Nora, che sono minuscoli immensi protagonisti, Non dimenticarlo mai è un romanzo che non fa sconti sul tema dell’amore squilibrato dalla negligenza e dall’egoismo, e si riempie di voci pulite, vere, di donne fiere, di amici premurosi, di parenti che sanno amare, come possono, ma quello che possono lo danno.

Federica Bosco ha una scrittura semplice e fresca che riesce a essere pungente e sarcastica con un tratto, e colpire dove serve; dopo Il nostro momento imperfetto e Non perdiamoci di vista, l’ultimo romanzo è frutto di un’esperienza personale di dolore e di vuoto, che si avverte per come risuona di malinconia ma anche di forza e di orgoglio. È la testimonianza di un senso riguadagnato passo dopo passo, anche con il contributo degli altri. Ci si salva insieme: il più grande atto di giustizia che possiamo fare a noi stessi è rifiutare compromessi con chi non è capace di amore, e accogliere chi si sa mettere in cammino con noi, donandoci armonia e facendoci entrare nel suo mondo.

Fotografia header: Foto scaricata da Getty in data ottobre 2022

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