Nel centenario della nascita dello scrittore, poeta e regista, arriva in libreria per Garzanti l’attesa nuova edizione, a cura di Maria Careri e Walter Siti, del romanzo del Novecento che più ha permeato l’immaginazione di scrittori e scrittrici degli ultimi decenni, diventando il modello italiano per eccellenza del “romanzo-verità”. Leggere “Petrolio” oggi vuol dire necessariamente fare i conti con l’incompletezza dell’opera, sulla congettura, sulle ipotesi, sul condizionale. Non a caso è stato il libro di Pier Paolo Pasolini che più ha generato visioni discordanti, interpretazioni antitetiche…

Verso la fine dell’ottobre 1975 Pier Paolo Pasolini incontra Dino Pedriali, giovane fotografo all’inizio della sua carriera, prima a Sabaudia, nella casa che condivideva con Alberto Moravia, e poi a Chia, per farsi fare una serie di fotografie.

Pasolini non vide mai il risultato di quelle due giornate, morì il giorno prima dell’appuntamento con Pedriali, ma stando alle dichiarazioni verosimilmente affidabili del fotografo, una parte di quelle fotografie avrebbe dovuto essere materiale, sulla prosecuzione degli esperimenti verbo-visivi iniziati con la Divina Mimesis, per un romanzo che Pasolini stava scrivendo da qualche anno.

Purtroppo non abbiamo indicazioni certe su dove sarebbero comparse le foto, ma se Petrolio, stando a quanto si legge nelle pagine degli Appunti, nasce da una volontà di “fare una forma” e di “fondare ex novo la mia scrittura”, le immagini avrebbero contribuito al tentativo di esplosione ogni discorso e ogni linearità su cui questo romanzo programmaticamente incompleto si fonda.

Cover libro Petrolio di Pier Paolo Pasolini

Leggere Petrolio per noi vuol dire necessariamente fare i conti con l’incompletezza di quel libro, sulla congettura, sulle ipotesi, sul condizionale: e non a caso è stato il libro di Pasolini che più ha generato visioni discordanti, interpretazioni antitetiche, ora letto come principalmente romanzo sul potere (“summa politica”, nelle parole di Paolo Volponi sull’Italia del “doppio boom, sviluppo e bombe”), ora come percorso iniziatico, parabola allegorica, esperimento estetico e psicologico.

Visioni su cui ha gravato anche la speculazione sulla misteriosa morte di Pasolini, e che talvolta hanno finito per prevalere sull’aspetto più interessante del libro, vale a dire il costante lavoro sulla forma, l’elaborazione di una poema in forma di romanzo – e sembra, per certi versi, quasi rileggere le parole che Jean Genet nel novembre 1943 scriveva dal carcere al suo editore Marc Barbezat, sostenendo che Notre-Dame-des-Fleurs “non è un libro pornografico nel senso che di solito si attribuisce alla parola e alla cosa: è un poema di 300 pagine”.

Non a caso, se è vero, come molti hanno sostenuto, che Petrolio è probabilmente il romanzo del Novecento che più ha permeato l’immaginazione di scrittori e scrittrici degli ultimi decenni, diventando il modello italiano per eccellenza del “romanzo-verità”, della commistione fra fiction e non-fiction, è vero anche, e forse di più, che questa “fortuna” del romanzo di Pasolini si gioca (con la parziale eccezione di alcuni libri di Giuseppe Genna) solo su uno dei livelli di Petrolio, quello forse più evidente, più superficiale, mettendo completamente da parte il corpo a corpo con la forma che l’autore intraprende, verrebbe da dire fisicamente, in questo libro. Con il risultato – per ironia della sorte – di avere fra le mani, quanto meno nell’unica forma a noi disponibile, quella del non-finito, della congettura, uno dei libri più neoavanguardistici che l’odiata (da Pasolini) neoavanguardia non ha mai prodotto (e quasi stupisce trovare, fra gli appunti di Petrolio, una rivendicazione di illeggibilità…).

Eppure, la congettura, il non-finito, sono, com’è noto, la caratteristica strutturale del romanzo, che doveva presentarsi, nelle intenzioni di Pasolini, continuando, di nuovo, sulla strada aperta dalla Divina Mimesis, come un testo fatto di appunti e frammenti e raccolto da un immaginario editore.

Di questo testo, grazie al lavoro di Maria Careri e Walter Siti, abbiamo ora una nuova edizione rivista (edita da Garzanti), che corregge molti luoghi del testo, modifica in parte la struttura e l’ordine degli appunti, si completa di un passaggio cassato nella precedente edizione Einaudi del 1992 e si arricchisce con la riproduzione in fac-simile di numerose pagine del dattiloscritto, del bloc notes completo conservato fra le carte di Pasolini relative a Petrolio e di una serie di documenti che in varia misura hanno rappresentato le fonti di alcuni passaggi.

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Certo, non stupisce davvero nessuno che la maggior fortuna di Petrolio sia affidata alla sua trama “giornalistica”: è l’opera di Pasolini che più si mescola con gli articoli che negli stessi anni scrive per il Corriere della Sera (in una certa misura qualcosa di simile era avvenuto anche per la raccolta poetica Trasumanar e organizzar, considerata da qualcuno come una serie di pezzi giornalistici “in versi”); lo stesso titolo, Petrolio, indirizza la lettura in questa direzione, sottolineando soprattutto quelle parti del romanzo dedicate all’ENI e al ruolo svolto dal suo direttore nelle trame del potere e della malavita (compreso l’attentato Mattei). Ma tutto ciò avviene all’interno di una strutturazione in cui la temporalità è impazzita, la trama continuamente si sfilaccia, si contraddice (d’altronde Pasolini non ha mai potuto rivedere il romanzo) e si disperde in visioni, sogni, viaggi allegorici (come quello che il Merda e la sua fidanzata Cinzia  percorrono nei gironi infernali di Roma), trasfigurazioni mitiche che guardano contemporaneamente alla tradizione modernista e si collocano dentro certo postmodernismo.

L’attrazione del potere, il fascino del consumo, l’ossessione sessuale sono così raccontate in un testo che vuole programmaticamente attraversare tutti i generi e tutti gli stili: quasi che l’argomento del romanzo fosse l’opera di costruzione del romanzo stesso – come viene suggerito, attraverso Sterne e Sklovskij, in alcune pagine.

Al centro di questo tour de force estetico c’è la figura di Carlo, o meglio le figure di Carlo, sul cui corpo convergono le istanze formali e figurali del romanzo: personaggio “ripugnante” per l’autore che lo racconta, su cui si riversa la dissociazione e frammentarietà del testo, non a caso fin dalle primissime pagine Carlo “vide il proprio corpo cadere” e scindersi in due: Carlo Polis e Carlo Tetis; un duplicazione che mette al centro la questione identitaria, il fascino del consumo, la trama allegorica, ma soprattutto la matrice su cui si incontrano la trama politica e quella psicologico-estetica, vale a dire il rapporto fra servo e padrone, in un percorso continuo di ribaltamenti che si risolvono nel disincanto civile e nell’attraversamento di ogni tipo di ossessione e perversione sessuale: se Carlo Polis, come suggerisce il nome, è l’uomo degli affari, è il padrone, e tuttavia non è libero, Tetis, il servo, è l’uomo libero che mette al centro “il piacere dei sensi, del corpo, anzi per essere precisi e inequivocabili, del cazzo”. Ma, come Notre-Dame-des-Fleurs, questo non è un libro pornografico: come mette bene in luce Siti nella sua postfazione – che vale la pena notare, in certe pagine suona anche come una sorta di autocommento alla propria attività di scrittore – la posizione del servo fa convergere la posizione estetica e quella politico-etica, soprattutto nella ricerca del ruolo passivo: “siccome tutto il male del mondo si riassume nel possesso, il ruolo sessuale passivo, essendo la negazione del possesso, è la cosa più lontana dal male che esista e dunque è il Bene” (Siti).

Fra il romanzo-verità, la spy-story, l’ossessione sessuale, il commento giornalistico, l’inchiesta, la riflessione metaletteraria, si dispiega una tendenza divagatoria, quasi al modo di incastonatura delle storie della Trilogia della vita, che fa di Petrolio, oltre la sua incompletezza, un libro difficilmente riconducibile a una univoca chiave di lettura, il cui fascino sta soprattutto nel suo essere non-finito.

perché pasolini podcast

IL PODCAST – Prodotto da Archivio Luce e realizzato da Chora Media, il podcast Perché Pasolini? vede protagonista la voce di Walter Siti, accompagnato dal giovane Gianmarco Perale che di PPP ha solo sentito parlare. Un viaggio sonoro nei luoghi e nelle testimonianze di uno degli intellettuali più importanti e discussi del Novecento italiano.

 

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