“Ci sono molti punti in comune tra il colonialismo e il patriarcato. Noi donne siamo state colonizzate e quindi dobbiamo liberarci…”. “Bisogna abolire il potere che l’uomo si sente in diritto di esercitare sulla donna…”. Luciana Castellina e Ginevra Bompiani dialogano sul femminismo di ieri e di oggi (tema a cui è dedicato il capitolo che proponiamo) nel libro “Il femminismo della mia vicina”. In questo volume le due autrici si incontrano in un’amicizia che è fatta anche di contrasti, di posizioni diverse

“Ci sono molti punti in comune tra il colonialismo e il patriarcato. Noi donne siamo state colonizzate e quindi dobbiamo liberarci. Il colonialismo non è solo oppressione materiale, ma anche snaturamento della nostra stessa identità. E, anzi, il nostro non riconoscerci come donne è stata un’oppressione più dura di quella materiale”, scrive Luciana Castellina, nata a Roma nel 1929, tra i fondatori del manifesto, già deputata del Parlamento italiano ed europeo.

“Bisogna tornare molto indietro o andare molto avanti per individuare la vera differenza fra l’uomo e la donna; quella che non costringe e non umilia nessuno dei due. Ma per prima cosa, bisogna abolire il potere che l’uomo si sente in diritto di esercitare sulla donna”, sottolinea Ginevra Bompiani, milanese classe ’39, già docente di Letteratura inglese e Letterature Comparate all’Università di Siena, co-fondatrice della casa editrice nottetempo (che ha diretto per tredici anni) e autrice di libri di narrativa e saggistica.

Castellina e Bompiani, grandi amiche e grandi personalità, nel libro Il femminismo della mia vicina (Manni) – il quarto che scrivono insieme – si raccontano come donne e come femministe, tracciano un bilancio e fanno progetti. Le due autrici ripercorrono la propria vicenda a partire dall’infanzia, fino al rapporto con l’altro sesso e alla maternità; la formazione femminista, Bompiani nel gruppo Rivolta Femminile e Castellina nel Pci e nell’Udi; e ragionano sul femminismo storico e su quello contemporaneo, sul dibattito attuale e sulle principali battaglie: dalla legislazione al #Metoo, dal concetto di identità al pensiero della differenza, dalla questione linguistica alle quote rosa.

La storia intellettuale di Bompiani e quella politica di Castellina si incontrano in un’amicizia che è fatta anche di contrasti, di posizioni diverse, ma che “trova una piena convergenza nella necessità della lotta di genere”. Il loro è un libro che ha lo sguardo rivolto al passato e, al tempo stesso, al futuro, in un’epoca in cui l’unica rivoluzione che sembra riuscita è il nuovo modo di concepire la donna e di denunciare il patriarcato.

Il femminismo della mia vicina Ginevra Bompiani Luciana Castellina

Su ilLibraio.it, per gentile concessione della casa editrice, proponiamo un estratto:

(…)

Bompiani: Se ti chiedessi che cos’è secondo te la sinistra oggi? Sarebbe interessante saperlo perché non lo sa nessuno, quindi ognuna darà la sua risposta e probabilmente saranno molto diverse.

E poi che cosa vuol dire per noi idealmente il femminismo oggi? Anche sul femminismo è possibile che diamo una risposta in parte diversa, perché a questo punto il nostro femminismo è l’idea della donna che abbiamo maturato in tutti questi anni. E per com’è il femminismo di oggi, è difficile per noi essere femministe.

Castellina: Per la verità io cosa sia la sinistra – o meglio la sostanza del pensiero di sinistra – credo di saperlo: è di sinistra chi non subisce il mondo com’è, ma continua a pensare che possa essere cambiato ed è pronto a impegnarsi per questo.

Poi, certo, viene il resto: per essere di sinistra come dovrebbe essere il mondo migliore di quello di oggi? Qui si producono ipotesi e anche progetti diversi, alcuni stupidi, altri acuti, altri che, invece di migliorare il mondo attuale, ne propongono uno anche peggiore. E allora inizia una seconda fase, ma per essere di sinistra serve prima di tutto la scelta che favorisce la maggioranza degli umani, non quelli che hanno già in dotazione molti più privilegi degli altri.

Rispetto al femminismo, di sinistra sono quelli che favoriscono le donne anziché i maschi. Ma a questo punto entrano in gioco Marx Bakunin san Francesco santa Caterina Carla Lonzi Anna Kuliscioff… Insomma chi persevera nel continuare a cercare, e dunque a confrontarsi con gli altri – e però bisogna sapere che per farlo ci vuole fatica e pazienza. Alla fine di sinistra, proprio di sinistra, ne rimangono pochi!

Le donne femministe, e perciò di sinistra, sono però molte di più che nel passato e sono in guerra, nella fase sacrosanta ma dura di una guerra, di un processo di liberazione dal colonialismo. Ci sono molti punti in comune tra il colonialismo e il patriarcato. Noi donne siamo state colonizzate e quindi dobbiamo liberarci, hanno appiccicato anche a noi un’identità che non è la nostra. In questo senso parlo di colonialismo, che non è solo oppressione materiale, ma anche snaturamento della nostra stessa identità. E, anzi, il nostro non riconoscerci come donne è stata un’oppressione più dura di quella materiale.

Detto questo, però, in tutti i movimenti di liberazione – e penso per esempio all’Algeria dell’inizio della guerra di liberazione dalla Francia – sono emerse correnti diverse che si sono mischiate, combattute, pacificate, anche fin dopo la vittoria. E quindi credo che dobbiamo vivere questa fase senza irritazione, ma considerando che siamo nel contesto di una guerriglia, come ce ne sono state negli anni Sessanta e Settanta, come quella dei Mau-Mau in Kenya, la prima dell’Africa.

Poi forse siamo già arrivate a un punto in cui bisogna porsi il problema di cosa fare con gli uomini, e siccome noi siamo più avanti di loro perché abbiamo capito cos’è il patriarcato e loro no, abbiamo un compito anche formativo nei loro confronti, cioè dobbiamo aiutarli a capire finalmente chi sono. Quindi abbiamo molto da fare.

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Bompiani: La tua definizione della sinistra non mi basta, anche se la condivido, perché anche la destra crede di migliorare il mondo. Per me la sinistra (che ormai esiste solo in qualche bolla, come il matriarcato, e non ha nulla a che fare con quella che oggi si definisce “sinistra”, che s’inventa i “valori occidentali” e in loro nome fa la guerra al mondo) ha alcuni attributi necessari: è pacifista, è internazionalista, è ecologista ed è sempre dalla parte dei più deboli. È all’opposto del maschio bianco-adulto-dominante. Quindi è anche femminista. C’è un’altra caratteristica che è essenziale alla vita umana e a quella del pianeta, ma che mi pare nessuna sinistra abbia rivendicato: la pratica continua e indefessa della manutenzione. Se ci pensi, quasi tutto quello che serve al mondo è manutenzione. La manutenzione è fondamentale, naturalmente, per la lotta contro il nuovo clima, è la manutenzione che tiene a bada i fiumi, ma è anche la manutenzione che si batte contro l’uso del petrolio; la manutenzione è indispensabile per ridurre le disuguaglianze (oggi viene fatta solo nelle zone abitate dai ricchi); la manutenzione riguarda anche la vita degli umani, degli animali, delle piante, di tutti gli esseri viventi. La manutenzione è più importante della tecnologia, che vuole invece farla scomparire per aumentare i consumi. Potrei parlarne per ore, ma mi fermo. La manutenzione è la più trascurata delle pratiche di sinistra. E forse la più importante.

Per tornare al femminismo, c’è una questione per la quale condivido totalmente il femminismo di oggi ed è la guerra al patriarcato, nel senso che bisogna porvi fine. Non è la stessa guerra che si faceva cent’anni fa. Adesso il patriarcato è una consapevolezza comune, corrente.

Castellina: Finirla col patriarcato vuol dire anche finirla coi femminicidi, che sono una diretta conseguenza della sua fine o, come direbbe Lenin, sono il prezzo che le donne ingiustamente e assurdamente pagano per combattere il patriarcato.

Bompiani: Che cosa fare con gli uomini? dici tu.

Mi pare che ci siano due possibilità: una, lasciare che facciano le guerre che vogliono, senza partecipare in alcun modo, e quindi lasciare che coloro che vogliono fare la guerra si ammazzino tra di loro. Della vita di chi vuole fare la guerra, devo dire che non mi importa molto, se la suoni e se la canti da solo. Purtroppo però non è mai così, le nuove guerre si combattono fra gli ordigni e i civili.

Dovremmo batterci, però, e questa è la seconda cosa, perché le donne si astengano e non diano nessun aiuto a feroci pratiche maschili come la guerra. E le madri, invece di piangere, si tengano i figli a casa e gli insegnino a non fare la guerra. Una bella figura della guerra, assai vilipesa, è quella del disertore. Le donne dovrebbero essere complici dei disertori: nasconderli, ospitarli.

C’è poi una terza cosa: esiste un femminismo al quale aderire subito, anche se la nostra situazione è diversa. Ed è Jin, Jîyan, Azadî, il femminismo iraniano: Donna Vita Libertà.

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Ora ci sono anche le donne siriane. Hanno scritto una Dichiarazione del Consiglio delle donne siriane, che comincia così: “Come donne che vivono in Siria, abbiamo vissuto per molti anni sotto le politiche che non riconoscono la volontà delle donne, politiche nazionaliste e unilaterali del regime Baath. […] Le donne hanno sofferto tanto in questo periodo. Abbiamo lottato contro il regime Baath, contro l’Isis e contro ogni forma di oppressione e schiavitù. Abbiamo pagato un prezzo elevato, ma non abbiamo perso la speranza di vivere in una Siria libera e democratica. Come donne di tutte le etnie, religioni e culture siriane, abbiamo fondato il Syrian Women’s Counsel con la determinazione di costruire un futuro libero per tutto il popolo siriano…”

Questa è una vera lotta, libera, coraggiosa, aperta. Ah, se anche le nostre fossero così!

(continua in libreria…)

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