Nelle tracce della prima prova della Maturità 2022 anche un estratto (che proponiamo) da “La sola colpa di essere nati” di Gherardo Colombo e Liliana Segre. La soddisfazione dell’ex magistrato e presidente della Garzanti a ilLibraio.it: “Liliana Segre è un simbolo di tante cose, tra cui la necessità condannare l’odio”

Nelle tracce della prima prova della Maturità 2022 studentesse e studenti hanno trovato un estratto da La sola colpa di essere nati di Gherardo Colombo e Liliana Segre, libro uscito l’anno scorso per Garzanti (a cui è stata dedicata la copertina del numero di inizio 2021 della nostra rivista).

I due autori, tra l’altro, hanno deciso di devolvere in beneficenza, rispettivamente alla onlus ResQ e a Opera San Francesco per i Poveri, i proventi dei loro diritti d’autore.

La copertina della rivista Il Libraio

La copertina del numero di inizio 2021 della rivista Il Libraio, dedicata a La sola colpa di essere nati di Gherardo Colombo e Liliana Segre, uscito l’anno scorso per Garzanti

Segre, classe ’30, superstite dell’Olocausto, è senatrice a vita e presidente della Commissione straordinaria per il contrasto dei fenomeni di intolleranza, razzismo, antisemitismo e istigazione all’odio e alla violenza.

Nel libro racconta di quando, nel 1938, a 8 anni, con l’emanazione delle leggi razziali le venne impedito di tornare in classe: alunni e insegnanti di “razza ebraica”, infatti, furono espulsi dalle scuole statali, e di lì a poco gli ebrei vennero licenziati dalle amministrazioni pubbliche e dalle banche, subendo molte altre odiose limitazioni.

È l’inizio della più terribile delle tragedie, che culminerà nei campi di sterminio e nelle camere a gas. Il libro è un dialogo tra Liliana Segre e Gherardo Colombo (ex magistrato, giurista, saggista e presidente della Garzanti), che ripercorrono quei drammatici momenti personali e collettivi, si interrogano sulla profonda differenza che intercorre fra giustizia e legalità e sottolineano la necessità di non voltare mai lo sguardo davanti alle discriminazioni, per fare in modo che le pagine più oscure della nostra storia non si ripetano mai più.

SCARICA QUI LE TRACCE, PUBBLICATE DAL MINISTERO DELL’ISTRUZIONE

Contattato da ilLibraio.it, Colombo ammette l’emozione e la soddisfazione per l’inclusione di un testo come La sola colpa di essere nati nelle tracce proposte ai maturandi: “Credo da un lato che sia significativo lo spazio dato a un libro in cui si racconta una storia di incredibili sofferenze e, dall’altra, penso sia importante che si insista sulla necessità di riconoscere la dignità di tutti, come del resto previsto dalla Costituzione“. Quindi aggiunge: “Liliana Segre è un simbolo di tante cose, tra cui la necessità condannare l’odio, un messaggio notevole per gli studenti”.

una vita vale tutto libri da leggere estate 2022

Lo stesso Gherardo Colombo ha da poco curato Una vita vale tutto, antologia benefica ora in libreria per Garzanti, con un’introduzione proprio di Liliana Segre: “Un libro che aiuta a salvare le vite. Di solito il libro apre le menti, qualche volta cerca di aprire i confini, per permettere a chi fugge di avere speranza”, così lo ha presentato il presidente della Garzanti. Tutti i proventi della vendita dell’antologia (che vede protagonisti 12 scrittrici e scrittori), bene precisarlo, saranno devoluti in beneficenza a ResQ, onlus che salvaguarda la vita e i diritti di chi si trova in pericolo nel Mediterraneo.

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Ed ecco il brano del libro citato nelle tracce della Maturità:

L.S.: Quando, per effetto delle leggi razziali, fui espulsa dalla scuola statale di via Ruffini, i miei pensarono di iscrivermi a una scuola ebraica non sapendo più da che parte voltarsi. Alla fine decisero di mandarmi a una scuola cattolica, quella delle Marcelline di piazza Tommaseo, dove mi sono trovata molto bene, perché le suore erano premurose e accudenti. Una volta sfollati a Inverigo, invece, studiavo con una signora che veniva a darmi lezioni a casa. L’espulsione la trovai innanzitutto una cosa assurda, oltre che di una gravità enorme! Immaginate un bambino che non ha fatto niente, uno studente qualunque, mediocre come me, nel senso che non ero né brava né incapace; ero semplicemente una bambina che andava a scuola molto volentieri perché mi piaceva stare in compagnia, proprio come mi piace adesso. E da un giorno all’altro ti dicono: «Sei stata espulsa!». È qualcosa che ti resta dentro per sempre. «Perché?» domandavo, e nessuno mi sapeva dare una risposta. Ai miei «Perché?» la famiglia scoppiava a piangere, chi si soffiava il naso, chi faceva finta di dover uscire dalla stanza. Insomma, non si affrontava l’argomento, lo si evitava. E io mi caricavo di sensi di colpa e di domande: «Ma cosa avrò fatto di male per non poter più andare a scuola? Qual è la mia colpa?». Non me ne capacitavo, non riuscivo a trovare una spiegazione, per quanto illogica, all’esclusione. Sta di fatto che a un tratto mi sono ritrovata in un mondo in cui non potevo andare a scuola, e in cui contemporaneamente succedeva che i poliziotti cominciassero a presentarsi e a entrare in casa mia con un atteggiamento per nulla gentile. E anche per questo non riuscivo a trovare una ragione. Insieme all’espulsione da scuola, ricordo l’improvviso silenzio del telefono. Anche quello è da considerare molto grave. Io avevo una passione per il telefono, passione che non ho mai perduto. Non appena squillava correvo nel lungo corridoio dalla mia camera di allora per andare a rispondere. A un tratto ha smesso di suonare. E quando lo faceva, se non erano le rare voci di parenti o amici con cui conservavamo una certa intimità, ho addirittura incominciato a sentire che dall’altro capo del filo mi venivano indirizzate minacce: «Muori!», «Perché non muori?», «Vattene!» mi dicevano. Erano telefonate anonime, naturalmente. Dopo tre o quattro volte, ho riferito la cosa a mio papà: «Al telefono qualcuno mi ha detto “Muori!”». Da allora mi venne proibito di rispondere. Quelli che ci rimasero vicini furono davvero pochissimi. Da allora riservo sempre grande considerazione agli amici veri, a quelli che in disgrazia non ti abbandonano. Perché i veri amici sono quelli che ti restano accanto nelle difficoltà, non gli altri che magari ti hanno riempito di regali e di lodi, ma che in effetti hanno approfittato della tua ospitalità. C’erano quelli che prima delle leggi razziali mi dicevano: «Più bella di te non c’è nessuno!». Poi, dopo la guerra, li rincontravo e mi dicevano: «Ma dove sei finita? Che fine hai fatto? Perché non ti sei fatta più sentire?». Se uno è sulla cresta dell’onda, di amici ne ha quanti ne vuole. Quando invece le cose vanno male le persone non ti guardano più. Perché certo, fa male alzare la cornetta del telefono e sentirsi dire «Muori!» da un anonimo. Ma quanto è doloroso scoprire a mano a mano tutti quelli che, anche senza nascondersi, non ti vedono più. È proprio come in quel terribile gioco tra bambini, in cui si decide, senza dirglielo, che uno di loro è invisibile. L’ho sempre trovato uno dei giochi più crudeli. Di solito lo si fa con il bambino più piccolo: il gruppo decide che non lo vede più, e lui inizia a piangere gridando: «Ma io sono qui!». Ecco, è quello che è successo a noi, ciascuno di noi era il bambino invisibile.

© 2021, Garzanti S.r.l., Milano

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