“Mi sono alzato letteralmente dieci minuti fa”, “abito letteralmente a cento metri”, “vado a scuola letteralmente in treno”… Perché oggi gli adolescenti usano di continuo l’avverbio “letteralmente”, quasi come un intercalare? Per Enrico Galiano, insegnante e scrittore, forse la risposta sta nel fatto che adulti e ragazzi vivono “dentro un mondo in cui tutto è ‘in senso figurato’, tutto è mistificabile, alterabile…”. La riflessione su ilLibraio.it

Chiunque abbia a che fare con adolescenti lo sa: da un annetto a questa parte è apparsa una parola che si è insidiosamente infilata in tutti i loro discorsi, negli anfratti di ogni frase, negli interstizi di ogni pensiero.

No, non sto parlando della mefitica appayaye, quell’orrendo gioco nato da un trend su TikTok che li ha portati tutti quasi simultaneamente a prenderci per il sedere dicendo qualcosa di incomprensibile e poi, di fronte al nostro “Eh?” rispondere appunto “Appayaye!”.

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La parola cui sto pensando io è un avverbio. Un avverbio di modo, per essere precisi. Questo:

LETTERALMENTE

Ve ne siete accorti?

Lo tirano fuori ovunque, quasi come un intercalare: mi sono alzato letteralmente dieci minuti fa, abito letteralmente a cento metri, vado a scuola letteralmente in treno, ecc.

Chi mastica di parole lo sa che gli avverbi sono spesso quelle più sacrificabili, ma questa a volte è proprio superflua: anzi, letteralmente superflua.

Voglio dire: non è che serve specificare che ti sei alzato “letteralmente” dieci minuti fa, no? Ci credo, non mi serve la certificazione che non mi stai mentendo!

Prima regola quando si parla di adolescenti: mai giudicarli.

Seconda regola: mai niente è superfluo.

Le parole non sono mai solo parole, specie se sono parole di ragazzi, che ne lasciano trapelare così poche (almeno: con noi).

E sono convinto che ci sia un perché di questo proliferare – letteralmente assurdo – che a volte ha risvolti un po’ ridicoli: una volta ho sentito dire una ragazza che lei aveva “letteralmente un fidanzato”. Veniva spontaneo chiedersi se fosse abituata ad averne molti più (non che ci sia nulla di male, ma insomma).

Quindi, facciamo questo sforzo e capiamo da cosa può nascere il bisogno di specificarlo, questo letteralmente.

Partiamo col dire che letteralmente significa che una cosa è proprio come l’abbiamo detta, senza iperboli, esagerazioni, mistificazioni. Se esiste un contrario di questa parola, è “in senso figurato”.

Forse è proprio qui la chiave.

Forse è perché viviamo sempre più – noi, loro – dentro un mondo in cui tutto è “in senso figurato”, tutto è mistificabile, alterabile. Insomma: tutto è racconto, narrazione.

Con quel “letteralmente”, io credo, questa generazione sta cercando di ritagliarsi degli spazi di reale: come ad aggrapparsi a qualcosa che è esattamente così come viene detta, senza finzioni, senza manipolazioni.

Non è solo una parola, allora: è un bisogno. Un bisogno di rimarcare che ci sono anche cose reali, vere, che accadono per così come le vediamo.

Poiché vivono e viviamo in un mondo in cui ogni notizia è potenzialmente falsa, sentono evidentemente il bisogno di far sapere agli altri che no, almeno questa cosa qui che stanno dicendo loro è vera: l’equivalente del giurin giurello.

Al solito, vedete, i giovani ci sembrano strani ma in realtà sono – letteralmente – sentinelle al confine. Sono lì con i piedi già dentro il futuro, e ci parlano di cosa ci aspetta.

E cioè un mondo in cui sarà sempre più difficile credere a quello che ci dicono.

Letteralmente.

L’AUTORE – Enrico Galiano sa come parlare ai ragazzi. In classe come sui social, dove è molto seguito. Insegnante e scrittore classe ’77, dopo il successo dei romanzi (tutti pubblicati da Garzanti)  Eppure cadiamo feliciTutta la vita che vuoi, Felici contro il mondo, e Più forte di ogni addio, ha pubblicato un libro molto particolare, Basta un attimo per tornare bambini, illustrato da Sara Di Francescantonio. È tornato al romanzo con Dormi stanotte sul mio cuore, e sempre per Garzanti è uscito il suo primo saggio, L’arte di sbagliare alla grande. Con Salani Galiano ha quindi pubblicato la sua prima storia per ragazzi, La società segreta dei salvaparole, un inno d’amore alle parole e alla lingua. Ed è poi uscito per Garzanti il suo secondo saggio Scuola di felicità per eterni ripetenti. Il suo nuovo romanzo è Geografia di un dolore perfetto (Garzanti).

Qui è possibile leggere tutti gli articoli scritti da Galiano per ilLibraio.it.

 

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