Dall’8 aprile la sesta e ultima stagione di “The Handmaid’s Tale”, serie tv tratta dal romanzo distopico bestseller di Margaret Atwood “Il racconto dell’ancella”, tornato protagonista in classifica all’indomani della vittoria di Donald Trump – I particolari e il trailer
L’8 aprile arriva in Italia – in contemporanea con gli Stati Uniti – la sesta e ultima stagione di The Handmaid’s Tale, serie tv tratta dal romanzo distopico di Margaret Atwood Il racconto dell’ancella (Ponte alle Grazie, traduzione di Camillo Pennati).
Questa ultima stagione della serie (già vincitrice agli Emmy Awards e ai Golden Globes) sarà disponibile su TimVision e, dopo i primi tre episodi di martedì 8, proseguirà con un episodio alla settimana fino al 27 maggio.
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Quello che sappiamo sull’ultima stagione
Al centro della sesta stagione ritroveremo June Osborne (interpretata da Elisabeth Moss), decisa a sconfiggere Gilead, mentre Luke e Moira si uniranno alla resistenza. Un ultimo capitolo nel quale emergerà l’importanza della speranza e del coraggio nella ricerca della giustizia e della libertà.
Ad accompagnare Moss (che sarà anche regista di alcuni episodi) durante The Handmaid’s Tale 6 ci saranno Bradley Whitford (comandante Lawrence), Yvonne Strahovski (Serena Joy), Max Minghella (Nick Blaine), OT Fagbenle (Luke), Samira Wiley (Moira), Ann Dowd (zia Lydia), Madeline Brewer (Janine), Amanda Brugel (Rita) e Sam Jaeger (Mark Tuello) Ever Carradine (Naomi Putnam) e il nuovo ingresso Josh Charles.
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Il racconto dell’ancella: il libro
Il racconto dell’ancella è un libro di culto, pubblicato nel 1985 e firmato dalla scrittrice bestseller Margaret Atwood: un romanzo distopico (di cui molto si è parlato, inevitabilmente, negli ultimi anni) nel quale gli Stati Uniti sono diventati un regime totalitario basato sul controllo del corpo femminile. Atwood, infatti, immagina un mondo devastato dalle radiazioni atomiche, nel quale solo poche donne – chiamate appunto ancelle – sono ancora in grado di procreare e, di conseguenza, garantire una discendenza alla élite dominante.
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Premesse estremamente negative che, però, evidenziano come l’autrice canadese abbia voluto denunciare ogni forma di totalitarismo e di controllo (fisico e psicologico) delle persone. Non a caso, la stessa Atwood in un’intervista a ilLibraio.it ha affermato: “Alle donne americane è stato sottratto il diritto di scelta della maternità; inoltre non viene riconosciuto alcun supporto per il mantenimento dei figli”, riferendosi alle recenti scelte politiche negli Stati Uniti.
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“Un’impressionante distopia basata su anni di ricerche”
Come ha scritto in una riflessione su ilLibraio.it la scrittrice Giusi Marchetta, Il racconto dell’ancella “è un’impressionante distopia basata su anni di ricerche: nel romanzo l’autrice ha raccontato solo cose che erano già accadute da qualche parte nel mondo o che sarebbero potute accadere se le intenzioni di politici, dittatori, influenti gruppi religiosi avessero trovato applicazione. Il libro ha venduto milioni di copie nel mondo, ha sollevato polemiche ed è andato incontro alla censura in alcune scuole…”.
A dimostrazione dello stretto legame tra il romanzo di Margaret Atwood e ciò che sta accadendo oltre oceano, lo scorso novembre, all’indomani della vittoria di Donald Trump, Il racconto dell’ancella è stato tra quelli tornati protagonisti in classifica…
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“Essere un’icona porta con sé un grande svantaggio…”
Nel corso degli anni Atwood è diventata un simbolo e una figura di spicco, non solo attraverso ciò che scrive. Ha infatti preso parte (con il marito Graeme Gibson) al Partito Verde del Canada e ha contribuito alla fondazione del primo sindacato degli scrittori canadesi. Sul tema è sempre nella nostra intervista che Margaret Atwood ha spiegato: “Essere un’icona porta con sé un grande svantaggio: le persone si aspettano che tu dica ciò che vorrebbero sentire”. E per questo preferisce che la sua opera venga definita “umanista, non femminista, perché di femminismi ne esistono molti”. Se si parla di “diritti uguali per tutti”, allora l’autrice si dice favorevole, ma “viste le grandi discrepanze e fazioni che vivono in ogni movimento” non desidera farsi portavoce di un ideale “generico, che potrebbe essere interpretato come una battaglia contro gli uomini, perché in quel caso significherebbe riproporre un modello storico già visto, in cui i diritti vengono garantiti solo ad alcuni”.
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