“Come faccio a insegnare la pace? È un concetto troppo ampio e astratto. Allora l’idea: dobbiamo educare i ragazzi alla non-guerra…”. Nei giorni drammatici dell’invasione russa in Ucraina, su ilLibraio.it la riflessione di Sandro Marenco, insegnante e autore

Questa è la domanda che, da insegnante, ma anche da adulto, mi sono posto dal momento in cui ho iniziato a sentir parlare di guerra. Non sono uno storico e non sono nemmeno un grande appassionato di storia, perciò non saprei davvero da dove partire. Sento, da una parte, un forte obbligo morale di dire qualcosa ai ragazzi e, dall’altra, la mia ignoranza su questi temi e sulla geopolitica. Io però voglio fare qualcosa.

Allora, una mattina di qualche giorno fa, mentre andavo a scuola, ho pensato che avrei potuto parlare di tutto ciò che non è guerra, di tutto quel mondo che si oppone al concetto di distruzione. Così ho iniziato a fare i miei collegamenti mentali pensando a tutto ciò che, per me, è in antitesi con la guerra.

La prima risposta: la pace. Si, ma come faccio a insegnare la pace? È un concetto troppo ampio e astratto. Allora l’idea: dobbiamo educare i ragazzi alla non-guerra. Così inizio a fare un elenco mentale: il rispetto degli altri e delle loro opinioni sta alla base della non guerra. Senza banalizzare l’argomento, se riuscissimo a farli crescere con l’idea che a renderci unici è la nostra diversità, forse, da grandi, potrebbero scegliere di non distruggere ma di creare ponti. Se riuscissimo a educarli al bello, a quanto di meraviglioso l’uomo può creare, da grandi, forse, avrebbero rispetto per tutte quelle forme d’arte che esistono nel mondo e potrebbero scegliere di proteggerle e non distruggerle. Se poi riuscissimo a far sentire loro l’amore per la vita, li stimoleremmo a creare e perseguire dei sogni, e così, da grandi, potrebbero scegliere di alimentare i sogni di chi è più giovane di loro.

Forse più difficile e ambizioso, ma se riuscissimo a farli innamorare della cultura, daremmo loro la possibilità di dare il peso giusto a ciò che l’uomo ha costruito, forse potrebbero rimanere stupiti davanti a un’opera, e allora, da grandi, potrebbero avere il desiderio di spendere le proprie energie e il proprio tempo per divulgare e creare bellezza anziché distruggere.

Voglio farli ragionare su quanto siano importanti le piccole azioni che ci permettono di essere liberi, gli voglio far notare che loro possono scegliere se uscire o stare in casa, se passare un giorno al mare o starsene a dormire. Se noi solo riuscissimo a fargli respirare la libertà, capirebbero da soli che non si può vivere senza.

Libertà di essere sé stessi, di amare chi vogliono, di essere quello che possono, di scegliere ciò che li fa stare bene, di dire ciò che pensano, o di stare in silenzio se non vogliono esporsi. Liberi di essere liberi. Ecco, forse se capissero questo, da grandi, potrebbero scegliere di non sottomettere nessuno.

Com’è difficile spiegare la pace, tanto quanto spiegare la guerra. Ma forse il segreto sta proprio qui, noi non dobbiamo parlare, dobbiamo agire, dobbiamo essere. La nuova generazione non è molto propensa ad ascoltare le grandi prediche e i sermoni, loro vogliono vedere i fatti. È la generazione che non ci permette più di predicare bene e razzolare male, loro ci scoprono subito. Sanno riconoscere immediatamente una persona sincera da una che li prende in giro. Ci obbligano a essere senza dire. Non siamo abituati perché ce la siamo sempre cavata con una bella lavata di testa e il nostro compito da adulti era assolto. Non è più così, i nuovi linguaggi non sono verbali.

È una grandissima responsabilità perché ci impone di essere coerenti con quello che diciamo e quello che siamo. È sicuramente una bella sfida ma è da qui che dobbiamo partire noi che abbiamo contatti con gli adolescenti: dobbiamo innanzitutto fare la pace con noi stessi, trovare il nostro “essere veri” e, nell’onestà delle emozioni, farci vedere per quello che siamo perché è l’unico modo per essere rispettati, e se riuscissimo ad imparare questo forse, da grandi, anche noi avremo imparato a stare in pace e non in guerra.

L’AUTORE – Sandro Marenco è un “social prof”, uno speaker radiofonico e un content creator. Ha lavorato per una multinazionale dell’elettronica come marketing manager e, dopo anni in giro per il mondo, ha mollato tutto e ha iniziato a creare per se stesso. Insegna in un liceo scientifico di Alessandria e da marzo 2020 è, grazie a TikTok e a Instagram, un punto di riferimento per tante ragazze e ragazzi. Nel 2021 è stato nominato “Learning Hero”. Qui i suoi articoli scritti per ilLibraio.it.

Nei mesi scorsi Salani ha portato in libreria il suo debutto, Dillo al prof, un volume che nasce dall’esperienza di condivisione dell’autore. Il libro racconta la vicenda (autobiografica) di un uomo senza doti sovrannaturali, ma con una grande disponibilità all’ascolto e alla comprensione degli altri. Di un insegnante speciale, un compagno di scherzi, un amico sempre pronto a offrire il proprio affetto – e a chiedere aiuto, quando sta per crollare lui. Di una persona che passa molto tempo sui social, senza la presunzione di capirli meglio degli altri, e anzi combinando infiniti guai. In ultimo, di un confidente anche per tanti genitori che sanno quanto sia importante dialogare coi loro figli.

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