“(…) Il lucchetto è per definizione qualcosa che blinda: non la celebrazione dell’unione, ma la malintesa idea per cui amarsi è legarsi in modo definitivo”. Per Enrico Galiano, insegnante e scrittore, “oggi abbiamo bisogno di simboli nuovi: soprattutto qui, in questo paese disgraziato dove ogni tre giorni una donna muore per mano di un uomo. E, quasi sempre, la sua ‘colpa’ sarebbe quella di aver rotto quel lucchetto. Di essersi liberata dalle catene…”

Ma forse è anche il momento di smetterla con i lucchetti. Ve lo ricordate?

Esplosero grazie a un romanzo, pensa te. Il libro era Ho voglia di te, il seguito del mitologico Tre metri sopra il cielo, e si era a inizio anni Duemila. Babi e Step, le corse con le moto, la sigla 3MsC che spuntava fuori da ogni dove. Scamarcio ventenne, quanti ricordi! In quella famosissima serie che ha segnato una generazione, Federico Moccia si inventava questa cosa dei lucchetti dell’amore. Da allora, invasero prima Ponte Milvio a Roma e molti ponti in tutte le città del mondo.

La storia dei lucchetti dell’amore in realtà risale almeno a 100 anni addietro: era una storia serba della prima guerra mondiale, nella città termale di Vrnjačka Banja. Protagonista una maestra locale di nome Nada, che si innamorò di un ufficiale serbo di nome Relja. Quando Relja andò in guerra in Grecia, il patatrac: si innamorò di una donna locale di Corfù. Nada non si riprese mai da quella separazione, e dopo qualche tempo morì di crepacuore.

Lì, sul ponte dove Nada e Relja si incontravano, le giovani donne di Vrnjačka Banja iniziarono a scrivere i loro nomi, con i nomi dei loro cari, su dei piccoli lucchetti, per attaccarli alle ringhiere: era il loro modo di proteggere il proprio amore durante gli anni della guerra.

Ma oggi? Sì lo so che sono così carini. O almeno: per qualcuno lo sono.

Lo so che quando ne vedi uno ti viene da pensare “Che bello, chissà dove sono adesso quei due che lo hanno attaccato a questo ponte, a questo cancello, a questo scivolo del parco giochi!”.

Però pensiamo a cosa significano: chiusura, catene, ferro. Il lucchetto è per definizione qualcosa che blinda. Non è celebrazione dell’unione, ma malintesa idea per cui amarsi è legarsi in modo definitivo.

Va ricordato, per esempio, che i lucchetti sono usati a livello simbolico anche in altri modi: ad esempio, il movimento NonUnaDiMeno li utilizza per sorreggere i panuèlos (i fazzoletti fucsia simbolo della lotta femminista), su cui vengono scritti i nomi delle donne uccise per mano maschile, e la data dell’omicidio.

Ma penso che oggi ci sia bisogno di simboli nuovi: soprattutto qui, in questo paese disgraziato dove ogni tre giorni una donna muore per mano di un uomo. E, quasi sempre, la sua “colpa” sarebbe quella di aver rotto quel lucchetto. Di essersi liberata dalle catene.

Forse la colpa non è di chi il lucchetto lo rompe, ma di chi lo chiude. Di chi butta via la chiave, di chi pensa che l’immagine dell’amore sia un lucchetto. Anzi, senza alcuna ombra di forse.

Amarsi non è un lucchetto. Al massimo, un anello: qualcosa che si può togliere quando ci va troppo stretto o non ci piace più. O un fiore da innaffiare e curare per tenerlo sempre vivo, sapendo che un giorno può anche appassire.

Insomma: simboli dell’amore ce ne sono, e ve ne potete inventare tantissimi altri, ragazze e ragazzi. Ma i lucchetti, no.

PS. E poi, diciamolo: dopo un po’, quando diventano migliaia e migliaia, ma quanto sono brutti?

L’AUTORE – Enrico Galiano sa come parlare ai ragazzi. In classe come sui social, dove è molto seguito. Insegnante e scrittore classe ’77, dopo il successo dei romanzi (tutti pubblicati da Garzanti)  Eppure cadiamo feliciTutta la vita che vuoi, Felici contro il mondo, e Più forte di ogni addio, ha pubblicato un libro molto particolare, Basta un attimo per tornare bambini, illustrato da Sara Di Francescantonio. È tornato al romanzo con Dormi stanotte sul mio cuore, e sempre per Garzanti è uscito il suo primo saggio, L’arte di sbagliare alla grande. Con Salani Galiano ha quindi pubblicato la sua prima storia per ragazzi, La società segreta dei salvaparole, un inno d’amore alle parole e alla lingua. Ed è poi uscito per Garzanti il suo secondo saggio Scuola di felicità per eterni ripetenti.

Il suo nuovo romanzo è Geografia di un dolore perfetto (Garzanti).

Qui è possibile leggere tutti gli articoli scritti da Galiano per ilLibraio.it.

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