Le iscrizioni al Liceo Classico sono in calo: su ilLibraio.it il punto di vista di Enrico Galiano, insegnante e scrittore: “Non è che il Liceo ti apre la mente e il professionale te la chiude: è che al professionale arrivano quasi sempre ragazzi che già non ci credono più nella scuola come veicolo per salvarsi davvero, ma solo come un mezzo per trovare lavoro. Bene che vada…”

Insomma, adesso c’è questa cosa che i ragazzi non si iscrivono più al Classico, e da questa notizia c’è chi ha preso spunto per ribadire un mantra che sentiamo ripetere da secoli: il Classico ti apre la mente!

Io questo adagio lo metterei lì sullo scaffale, di fianco alle mezze stagioni che non ci son più e ai giovani che non hanno voglia di fare sacrifici.

Anche perché il sottinteso nemmeno troppo sottinteso di questa proposizione è il seguente: le altre scuole te la chiudono, la mente.

Ma è davvero così?

Siamo sicuri che il tipo di scuola, di discipline, di ore dedicate a una materia piuttosto che a un’altra siano i fattori decisivi dell’apertura mentale degli studenti? Davvero spaccarsi la schiena sull’aoristo è roba che ti fa allargare gli orizzonti più che farlo sul funzionamento di un motore ibrido?

Non credo. Anche perché ai professionali e nei tecnici si fanno le stesse ore di italiano che si fanno nei Licei.

Non lo sentiamo un po’ tutti il sottile, antichissimo pregiudizio secondo cui le materie umanistiche hanno qualcosa di più nobile rispetto a quelle scientifiche?

Proviamo a essere per davvero menti aperte e a immaginare che esistano anche altre cause a plasmare la forma mentis degli studenti e delle studentesse, oltre a ciò che si studia in classe.

Partendo da un dato piuttosto interessante: meno di un diplomato su dieci al Liceo Classico è figlio di operai o impiegati. Il resto? Alta e media borghesia, professionisti, artisti, ceti sociali tendenzialmente benestanti: insomma famiglie che molto probabilmente hanno cresciuto questi ragazzi, fin da piccoli, a pane e libri e a latte e musei.

Fa bene Massimo Gramellini quando dice che il Classico è come la cyclette: una meravigliosa faticosissima corsa che apparentemente non ha niente di utile e che, sempre apparentemente, non ti porta da nessuna parte.

Il punto è proprio questo: c’è chi può permetterselo di pensarla così, di vivere la scuola come una cyclette, e chi no.

C’è chi non ha il tempo o i mezzi per stare su una cyclette, e deve uscire presto da scuola per andare a portare a casa la pagnotta.

C’è chi semplicemente è cresciuto ascoltando solo la campana del lavoro a testa bassa, mentre l’altra campana, quella che ti dice di alzare la testa e di dedicare un tempo all’inutile mestiere della ricerca di sé stessi, è suonata a vuoto.

Quella campana dovrebbe essere proprio la scuola: dall’infanzia alle medie, è quello il vero tempo del riscatto sociale. È lì che si impara a credere nella scuola come mezzo per migliorare sé stessi, per trovare il proprio posto nel mondo.

Non è che il Liceo ti apre la mente e il professionale te la chiude: è che al professionale arrivano quasi sempre ragazzi che già non ci credono più nella scuola come veicolo per salvarsi davvero, ma solo come un mezzo per trovare lavoro. Bene che vada.

La mentalità aziendalista che si è insinuata a scuola negli ultimi anni ha certo dato la sua spinta, e proprio per questo non ha bisogno di essere nutrita dall’idea che esistano scuole-cyclette e scuole-azienda.

Perché, soprattutto, così rischiamo di dimenticarci che la scuola non dovrebbe essere né una cyclette né un’azienda: ma una bicicletta che ti apra i polmoni, la mente e, allo stesso tempo, ti faccia arrivare da qualche parte.

L’AUTORE – Enrico Galiano sa come parlare ai ragazzi. In classe come sui social, dove è molto seguito. Insegnante e scrittore classe ’77, dopo il successo dei romanzi (tutti pubblicati da Garzanti)  Eppure cadiamo feliciTutta la vita che vuoi, Felici contro il mondo, e Più forte di ogni addio, ha pubblicato un libro molto particolare, Basta un attimo per tornare bambini, illustrato da Sara Di Francescantonio. È tornato al romanzo con Dormi stanotte sul mio cuore, e sempre per Garzanti è uscito il suo primo saggio, L’arte di sbagliare alla grande.

Con Salani Galiano ha pubblicato la sua prima storia per ragazzi, La società segreta dei salvaparole, un inno d’amore alle parole e alla lingua.

Ora è in libreria per Garzanti con il suo nuovo saggio, Scuola di felicità per eterni ripetenti.

Alla pagina dell’autore tutti gli articoli scritti da Galiano per ilLibraio.it.

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