“Ho scritto ‘La ferocia’ come fosse una questione di vita o di morte…”. Chi è Nicola Lagioia, il vincitore (annunciato) del premio Strega 2015

Chi è Nicola Lagioia, il vincitore annunciato del premio Strega 2015 (qui tutto quello che c’è da sapere sulla finalissima, con le analisi e le polemiche del giorno dopo), uno dei più apprezzati autori della sua generazione?

Nato a Bari, classe ’73, Lagioia ha esordito (per minimum fax) con Tre sistemi per sbarazzarsi di Tolstoj (senza risparmiare se stessi), uscito nel 2001. Nel 2004 il passaggio a Einaudi, con cui ha pubblicato Occidente per principianti e, soprattutto, il suo romanzo più riuscito, Riportando tutto a casa (2009). Nel 2014 è poi arrivato La ferocia, romanzo con cui ha appena vinto lo Strega.  Nel corso della sua carriera, Nicola Lagioia ha pubblicato anche racconti e saggi.

L’autore pugliese è anche un editor (dirige Nichel, la collana di letteratura italiana di minimum fax), e dal 2010 conduce periodicamente Pagina3, la rassegna quotidiana delle pagine culturali di Radio3. Inoltre, è tra i selezionatori della Mostra del cinema di Venezia.

Tra l’altro, Lagioia è particolarmente sensibile ai problemi delle librerie indipendenti.

-Qui di seguito alcuni suoi punti di vista sul mestiere di scrittore, tratti da un’intervista concessa a ilLibraio.it nei mesi scorsi.

“SONO UNO SCRITTORE LENTO” – “Sono uno scrittore lento, ci metto tempo per mettere a fuoco le mie urgenze più eclatanti e i miei bisogni più profondi. Quello che più desidero scoprire è quello che più temo di portare alla luce”.

SCRITTORI & INTELLETTUALI – “Il mestiere dello scrittore mi è sempre sembrato una via di mezzo tra quello dello scienziato e quello dell’esorcista… Da una parte, hai a che fare con la tecnica, dall’altra con certi demoni privati. A questo aggiungerei un altro dato. Credo che scrittori e intellettuali debbano avere un approccio abbastanza diverso sulla pagina, anche quando coincidono con la stessa persona…”.

“SCRIVERE? E’ UN LAVORO ABBASTANZA DURO SUL PIANO EMOTIVO…” – “Devo calarmi nei panni di tutti i personaggi che popolano il romanzo che scrivo, anche i più spregevoli. Divento simile e fratello di tutti loro. La ferocia è pieno di personaggi spregevoli, o che fanno cose spregevoli. Hemingway diceva che bisogna sempre aver vissuto ciò che si racconta. Secondo me non bisogna necessariamente averlo vissuto, bisogna però esserselo meritato. Se scrivo di un assassino devo calarmi nei suoi panni. Non devo necessariamente aver ucciso qualcuno in vita mia, ma (questo sì) devo andare a recuperare l’assassino che c’è in me, che esiste ma per fortuna è inattivo. Se descrivo un vigliacco, devo riacciuffare qualche mio passato atto di vigliaccheria, cose che ho fatto e di cui avrei dovuto vergognarmi. E’ un lavoro abbastanza duro sul piano emotivo”.

“UNA QUESTIONE DI VITA O DI MORTE” – “(…) In questi anni intorno a me è successo di tutto. Persone care che hanno tentato il suicidio. Persone ancora più care che si sono ammalate. Crolli economici, di tutto. Ho scritto La ferocia come risposta a tutto questo, come fosse proprio una questione di vita o di morte, e in un certo senso lo è stata”.

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