Tim Parks, giornalista e scrittore inglese che da anni vive in Italia, ci parla di libri e lettura (senza dimenticare certi “snobismi” sull’ebook). E sottolinea l’importanza di ascoltare uno scrittore leggere ad alta voce il proprio testo per capire davvero quello che l’opera vuole “trasmettere” – L’intervista de ilLibraio.it all’autore, che l’1 marzo sarà ospite di BRUMA, rassegna letteraria alla decima edizione

Tim Parks, scrittore e giornalista inglese che da trent’anni vive in Italia, svela a ilLibraio.it il suo rapporto con la lettura e, soprattutto, riflette sul significato dell’attività e il modo in cui noi fruiamo i libri. L’autore ha recentemente pubblicato Di che cosa parliamo quando parliamo di libri (Utet), un saggio in cui il libro e la sua funzione sociale vengono affrontati a 360° e l’1 marzo sarà ospite della decima edizione del festival BRUMA*, a Brugherio (Monza Brianza).

Tim Parks
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Cosa significa davvero leggere un libro?
“Un libro è un invito a un rapporto, a un incontro. Quando lo si apre cerca di sedurre e invogliare il lettore, quindi tocca al lettore stesso decidere se procedere con la lettura e a che ritmo. Ci sono libri che leggo molto velocemente, altri in cui ammetto di fare piccoli salti, se trovo sezioni che mi annoiano”.

Quindi si possono saltare alcune pagine senza sentirsi in colpa?
“Certamente, si può fare ciò che si vuole con un libro. L’importante è non fare finta di averlo letto in un modo diverso da quello in cui lo si è letto. Il libro è come una forma di invito e intrattenimento, è istruttivo anche, ma siamo adulti e decidiamo noi come trattare l’oggetto”.

E quando proprio non si riesce a portare a termine una lettura?
“Se siamo arrivati a un certo punto e pensiamo di aver capito tutto e in più abbiamo altro da leggere, possiamo metterlo da parte. Non c’è nessun bisogno di finirlo, l’importante è non mentire fingendo di averlo fatto”.

In alcuni casi, però, sembra un obbligo leggere (o dire di aver letto) alcune opere…
“Non è una novità, bisognerebbe tornare al Quattrocento. Una delle funzioni del libro è far parte della conversazione sociale: è più facile comunicare con qualcuno con cui condividiamo delle letture. Se non c’è una pressione puramente promozionale che mi spinge a leggere un certo libro, ma mi accorgo che c’è un qualcosa di nuovo che non posso fare a meno di conoscere per prendere parte alla discussione, allora ha senso leggere quell’opera. Se prima questo era un fenomeno più nazionale, ora sta diventando sempre più internazionale. Un lettore maturo, però, sa anche seguire il naso. Ha i suoi giardini e le sue terre da esplorare, ma sa anche tenere d’occhio gli spazi più pubblici e capire cosa succede”.

Anche partecipare come spettatore ai festival o dire di essere stato alla presentazione di un certo autore, ha un certo peso per i lettori forti e per gli addetti ai lavori…
“I festival sono frutto della globalizzazione, cercano sempre di avere nomi internazionali per superare il livello locale. Anche per quanto riguarda il pubblico, si tende a puntare non solo ai ‘locali’. A me, da spettatore, piace andare a vedere uno scrittore che mi incuriosisce per capire anche come leggere il suo libro. Se lo sento leggere mi avvicino di più alla voce che voleva trasmettermi. L’idea di andare al festival per raccogliere celebrità e, in un certo senso, sostituire la lettura con la visione dell’autore è invece molto triste. Parlando dello scopo dei festival, non mi risulta che se non ci fossero le vendite dei libri ne risentirebbero molto”.

Tim Parks

Tim Parks

Se sentire un autore leggere fa comprendere più a fondo l’opera, allora è fondamentale conoscere lo scrittore per godere appieno dell’opera?
“Tutti leggono di tanto in tanto dei libri senza conoscere gli autori, in particolare quando non c’è quasi nulla di disponibile sulla biografia dello scrittore. Generalmente, però, sappiamo in quale epoca è vissuto, se è ancora in vita… un senso di contesto lo si ha. Ogni storia indica la posizione dell’autore verso una certa condizione e così anche noi ci schieriamo in relazione al suo punto di vista. La curiosità però è normale, man mano che uno scrittore ci piace e ci affascina vogliamo saperne di più”.

Ma se si tratta di autori non più in vita?
“Ci sono autori del passato di cui non sappiamo nulla o pochissimo, però anche in questo caso conoscerne bene la vita ne fa comprendere più profondamente i romanzi. Ovviamente non è possibile sentir leggere un autore deceduto. Ma sentire un autore che legge la sua opera è il modo più accurato per comprendere il senso del libro. Si capisce proprio come la voce si impone nella storia e per questo mi piace”.

A proposito della ‘voce dell’autore’: alcuni lettori, proprio per leggere le vere parole dell’autore, preferiscono i libri in lingua originale. Cosa ne pensa?
“Tutto dipende dalla conoscenza della lingua. Spesso migliorarla è anche lo scopo della lettura: è molto bello leggere per perfezionarsi. Però può capitare di non avvicinarsi troppo alla vera voce dell’autore perché non si conosce il contesto e manca la dimestichezza con tutti i registri della lingua e delle parole stesse. Magari non si coglie la stranezza di due parole usate in accostamento, se ne riconosce però il significato. In alcuni casi viene naturale decidere per l’originale: io stesso non penserei mai di leggere autori italiani in traduzione. Se leggo un libro della Ferrante in inglese, mi stupisce e mi sembra opera di un’altra autrice”.

Scegliere se leggere l’originale o la traduzione dipende, quindi, da alcuni fattori…
“Se quello che conta è godere il libro, è meglio la traduzione. Però se si ha una conoscenza dell’altra lingua abbastanza alta, oppure la si vuole migliorare, come dicevo va bene l’originale. Anzi, oggi con Kindle c’è spesso la possibilità di fruire di un dizionario bilingue o di spiegazioni dei lemmi più difficili. Così diventa molto più facile leggere nella lingua originale grazie alla tecnologia. Io stesso incoraggio i miei studenti a leggere in inglese in digitale”.

Visto che ha citato Kindle, qual è la sua posizione sull’ebook?
“Sono prodotti diversi, ma uno non è migliore dell’altro, spesso c’è un estremo snobismo. La carta è bellissima e a me piace anche perché sono cresciuto leggendo così e ho sviluppato un’incredibile memoria fotografica, so in che zona della pagina e del libro si trova una certa frase. Sul cartaceo poi è rapido girare le pagine, si capisce quanto manca alla fine del libo… Tuttavia anche l’ebook ha vantaggi enormi: si può trovare facilmente una parola, contare quanto spesso l’autore la usa e in più scompare ogni feticismo di copertina; sei con il testo puro, puoi ingrandire il carattere per leggere meglio. Quando devo scrivere una recensione, richiedo sempre entrambi i formati: così posso tenere sempre con me il testo, anche fuori casa”.


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Tim Parks

IL FESTIVAL* – Tim Parks racconterà la nascita dei suoi libri e il suo percorso come osservatore della società italiana il primo marzo a BRUMA, la rassegna letteraria della biblioteca di Brugherio (Monza Brianza).

La rassegna letteraria monografica, ormai alla decima edizione, è curata dalla giornalista e scrittrice Camilla Corsellini e promossa dall’assessorato alla Cultura e dalla Biblioteca del Comune di Brugherio. BRUMA, oltre all’incontro con Tim Parks l’1 marzo alle ore 21, ospiterà anche l’autrice belga Amélie Nothomb il 22 febbraio alle 21.

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