Uscita negli Usa nel 2024, è arrivata in Italia “Il mio primo libro”, provocatoria raccolta di racconti d’esordio della scrittrice, it-girl, influencer e controversa podcaster Honor Levy, dallo stile nevrotico, ironico e cinico. Le protagoniste delle storie, appartenenti alla Generazione Z, sono demoralizzate e deluse dalla società, dal comportamento degli adulti, e da loro stesse. Sono aggressive perché terrorizzate, confuse e privilegiate. Stravolte dalla tecnologia, dalle droghe, dalla pornografia, dall’insensatezza del presente…

Honor Levy mi ha ricordato quando Norman Mailer mi aveva recensito con un: ‘Mio Dio sto vedendo la voce della nuova letteratura’”, dice Bret Easton Ellis sulla quarta di copertina di Il mio primo libro (Mercurio Books, traduzione di Chiara Manfrinato). E, leggendola, i livelli interpretativi si mescolano.

Chi conosce Norman Mailer solo di nome potrebbe davvero pensare che quel commento sia solo un complimento. Chi non conosce Bret Easton Ellis, invece, potrebbe pensare la sua sia solo piaggeria.

Mailer non aveva infatti pronunciato quelle parole con un sorriso sulle labbra ma, più probabilmente, con una malcelata espressione contrariata. Doveva riconoscere il talento e la penna benedetta di Ellis, ma certo lo faceva con una punta di amarezza, come se di questa ‘nuova letteratura’ potesse fare anche volentieri a meno.

Bret Easton Ellis era, ed è tuttora, un autore divisivo, uno di quelli che se lanciati nel bel mezzo di un bookclub di avidi lettori rischia di spaccare amicizie di lungo corso.

Il tentativo di inserire Honor Levy (annata ‘97) in questa scia diventa quasi estremo, perché travalica i libri, la scrittura, invade le pagine dei magazine culturali e le bacheche di Instagram. Marketing o autenticità, in un mondo dove i confini si confondono e i piani comunicativi si sovrappongono.

E, alla fine, chi dice che chi scrive debba essere moralmente irreprensibile, un esempio per gli altri? Certo non Honor Levy, e a dirla tutta nemmeno Bret Easton Ellis.

Il mio primo libro

Il mio primo libro è una raccolta di racconti brevissimi, lapidari e allucinati. Fotografano relazioni, perlopiù, ed esseri umani nascosti da uno schermo, un vetro o uno specchio, a volte un prisma, che li restituisce continuamente cambiati eppure sempre uguali.

Sono giovani, giovanissimi, stravolti dalla tecnologia, dalle droghe, dalla pornografia, dall’insensatezza del presente. Cinici e illusi, disillusi e ingenui, teneri e violenti, in preda a una depressione incurabile e scintillanti di vita.
Il mio primo libro Honor LevyA queste oscillazioni si adegua la lingua di Honor Levy, la cui pratica memetica – sia come fruitrice che come creativa – rende l’esperienza della lettura vivida, anche se alle volte ostica, soprattutto per chi vive meno direttamente l’agone social.

Sceglie un pubblico di riferimento, la generazione Z, quella a cui appartiene, costringendo tutte quelle precedenti a uno sforzo mentale notevole per capire cosa sta leggendo. Delimita, per riferimenti culturali, i suoi lettori e le sue lettrici a una zona nord occidentale del mondo con frasi perentorie, stringate e aggressive. Sono così, sembra dire. Prendere o lasciare.

“Ho undici anni. Dopo la scuola, nella mia stanza, faccio un safari su Safari col mio portatile Apple del 2006, il MacBook Intel Core Duo 2.0 bianco 2GHz/2GB di memoria. Sono da sola. Aggiro il parental control. Muoio dalla voglia di sapere cosa c’è là fuori. È il 2008 e io sono così piccola e libera e vuota e su internet ci sono 186.727.854 siti web.”

Honor Levy ha una penna intelligente, nevrotica, ironica e cinica: “Mi capita spesso di annaspare nel disgusto – come un matematico sommerso dai calcoli”, vuole scandalizzare, vuole calpestare piedi, così come le ragazze dei suoi racconti vogliono essere abbracciate, capite profondamente.

Il mio primo libro è il racconto di una lunga adolescenza con protagoniste demoralizzate e deluse dalla società, dal comportamento degli adulti, e da loro stesse, aggressive perché terrorizzate. Confuse e privilegiate.

Hono Levy in uno scatto di Olivia Parker & Parker Hao

Honor Levy in uno scatto di Olivia Parker & Parker Hao

Levy scrive per editti, twitta verità, ma non significa che ciò che dice sia, in effetti, la verità, o anche solo quello che pensa per davvero.

“Ho detto […] che anche se non considero i trigger warning una forma di censura, penso che incoraggino l’autocensura. Ho detto che l’autocensura è controrivoluzionaria e antiaccademica. Ho detto che mi sono iscritta al college per essere più controrivoluzionaria e accademica possibile. Ho detto che poi però mi sono resa conto che è impossibile essere sia accademici che controrivoluzionari. Ho detto che i trigger warning mi triggerano perché mi ricordano tutte queste cose. Non so perché l’ho detto in tono sarcastico. Ci credevo.”

E, forse, dalle provocazioni continue che Honor Levy solleva nei suoi racconti il sentimento che emerge più di qualsiasi altro – più dello spaesamento, più del distacco, più dell’offesa che chi legge può sentir montare, a tratti – è una grande e incommensurabile tenerezza.

Una tenerezza che probabilmente le farebbe accapponare la pelle.

Honor Levy è un’autrice nuova, forse difficile da collocare e che pone un interrogativo: ciò che racconta (e come lo racconta) è davvero molto nuovo oppure è un’esperienza antica come l’essere umano, sparata a velocità raddoppiata come un vocale su WhatsApp?

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