Dodici anni dopo l’uscita di “Chiamami col tuo nome”, portato al cinema da Luca Guadagnino nel 2017, Andrè Aciman arriva in libreria con “Cercami”. Lo scrittore torna a raccontare il sentimento amoroso con toni sensuali e seduttivi, ma questa volta al centro della narrazione non c’è solo la storia di Elio e Oliver, ma anche quella tra Samuel e una giovane fotografa: due relazioni diverse e allo stesso tempo profondamente uguali, accomunate dallo stesso interrogativo di fondo: si può smettere di amare? – L’approfondimento

Dodici anni dopo l’uscita di Chiamami col tuo nome, pubblicato nel 2007 e portato al cinema da Luca Guadagnino nel 2017, Andrè Aciman torna in libreria con un nuovo romanzo, Cercami (Guanda, traduzione di Valeria Bastia) .

Lo scrittore statunitense di origini turco-sefardite, nato ad Alessandria d’Egitto nel 1951, torna alle vite di Elio e Oliver, ma per farlo decide di intraprendere una strada più lunga (perché, si sa, di solito le vie più tortuose offrono panorami più belli ed emozionanti). Infatti, prima di raccontare che fine hanno fatto i due amanti a cui i lettori (e gli spettatori) si sono tanto affezionati, Aciman decide di soffermarsi su un una nuova storia d’amore: quella tra il padre di Elio e una fotografa misteriosa, dall’aspetto sgualcito e affascinante.

Samuel è un uomo ormai in là con gli anni, mentre lei, Miranda, è una giovane donna che a occhio e croce potrebbe avere la stessa età del figlio di lui – un’aggiornata Lolita nabokoviana, determinata e al contempo disperata, l’ha definita Teresa Ciabatti su La Lettura. I due si incontrano per caso sul treno che li sta portando da Firenze a Roma. L’uomo la vede, la nota – come potrebbe non farlo, Miranda è la classica ragazza con cui sicuramente tutti gli uomini cercano di attaccare bottone, pensa – la desidera fin dal primo istante. Non immagina nemmeno di provarci, ma qualcosa di irrefrenabile lo spinge a chiederle, senza riuscire a trattenersi: “Perché quell’aria cupa?”.

Da questo momento inizia una conversazione quasi surreale, intima e viscerale, che porta i due interlocutori ad aprirsi e a parlarsi a cuore aperto. Tra loro c’è una profonda connessione. Si inoltrano in un fitto scambio di battute che diventa un balletto di corteggiamento dai toni sensuali e seduttivi. Discutono dell’amore, della vita, dei rimpianti, delle paure e del passato che li ha portati a essere quello che sono oggi. Sono solo due estranei, eppure c’è una sintonia – o forse una vera e propria magia – che li accomuna, che li fa sentire vicini, simili, che gli fa credere di essersi finalmente trovati.

Ecco: è bastato un incontro, si stanno innamorando.

Aciman riprende uno dei temi più forti di Chiamami col tuo nome e torna a parlarci di come il sentimento amoroso sia immediato e totale: l’amore nasce in un solo istante e, da quell’istante in poi, dura per sempre. Così, dopo essersi soffermato sulla storia tra il professore e l’irresistibile fotografa, l’autore riprende i fili delle vicende di Elio e Oliver. Adesso il primo vive a Parigi, è diventato un pianista di successo e si è innamorato di Micheal, un uomo che ha più o meno l’età del padre – sta vivendo in pratica una sorta di relazione specchio rispetto a quella tra Samuel e Miranda. Il secondo, invece, è un docente universitario, si è sposato e ha avuto due figli. Le loro vite sono andate avanti, ma il legame che li ha uniti sembra non essersi mai sciolto.

Parlando di Cercami, la facilità con cui vengono usate parole solitamente spropositate come “per sempre” e “mai” non è affatto casuale, perché quello che racconta Aciman è un amore che non conosce il passare del tempo. È la sospensione di passato e futuro, è un presente che non lascia spazio a cambiamenti e mutamenti (del resto, “Amore non è Amore se muta quando scopre un mutamento”, aveva già detto Shakespeare). L’autore scivola da una situazione all’altra con naturalezza, riuscendo a raccontare relazioni diverse tra loro, ma allo stesso tempo profondamente uguali, accomunate dallo stesso interrogativo di fondo: si può smettere di amare? Si può tornare a essere semplicemente se stessi, dopo essersi uniti, confusi e diventati un’unica essenza – il noi – dopo essere stati insieme? Si può tornare a essere se stessi dopo essersi chiamati ognuno con il nome dell’altro?

Aciman sembra dirci di no.

È un po’ l’idea che l’amore – se è stato vero amore – non può finire. È eterno. Ci si innamora in un giorno e si continua ad amare per tutta la vita. È questo che succede quando ci si cerca, e ci si trova.

Una convinzione apparentemente sdolcinata, utopistica, retorica, ma che Aciman, professore di letteratura comparata alla City University di New York, sa trattare senza essere sdolcinato né retorico. In un romanzo dove tutto parla di sentimenti e della loro forza di sopravvivere e di adattarsi al tempo, non c’è mai una descrizione o un dialogo che risulti scontato o lezioso.

“L’amore non è un sentimento che si può definire con una parola”, ha raccontato lo scrittore in un’intervista del Messaggero. Per definirlo, allora, Aciman crea uno spazio letterario che non segue regole e non ha confini, ricorrendo a un linguaggio poetico e filosofico insieme, un linguaggio senza tempo, appunto, astratto e musicale (la presenza della musica, quella classica in particolare, come in Chiamami col tuo nome si fa molto sentire). Ed è proprio questa capacità – del tutto romantica e anticonvenzionale – di parlare d’amore a renderlo un nuovo classico contemporaneo.

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