“Grazie a Primo Levi e a ‘Il sistema periodico’ ho cambiato il modo di guardare al mio mestiere di psichiatra, che mi apre squarci su una sensibilità romanzesca”. La scrittrice e filosofa Ilaria Gaspari ha intervistato per ilLibraio.it l’autore francese Emmanuel Venet, in libreria con il romanzo “Fila dritto, gira in tondo”, in cui lo spietato e spassoso protagonista (che ha la sindrome di Asperger) smaschera gli ipocriti e fa a pezzi i tabù, a partire da quello della morte: “Punto molto sull’umorismo, non solo quando scrivo…”

C’è un racconto di Tolstoj, Cholstomér, in cui tutta la vicenda è narrata dal punto di vista di un cavallo, vecchio e malato, che si ritrova a fare bassa manovalanza – ovvero il cavallo da soma – in un allevamento di giovani purosangue. Così ogni cosa, nel racconto, anche quelle che per abitudine ci sembrano normalissime, appare nuova di zecca, sconvolgente o stravagante: perché gli occhi del cavallo ce le restituiscono come se fosse la prima volta che le vediamo, e anche il meno animalista dei lettori non può esimersi dal provare una simpatia profonda e sincera per il vecchio ronzino, né può più dimenticare l’assurda crudeltà e le ipocrisie di un atteggiamento antropocentrico che ci rendiamo conto leggendo di dare per scontato, per pura forza d’abitudine.

Tolstoj si avvale di un procedimento letterario a cui solo anni dopo il critico Victor Slovskij avrebbe dato il nome di straniamento: utilizza una prospettiva eccentrica per raccontare le cose che conosciamo, con il risultato di farcele apparire nuove, come se proprio quello sguardo obliquo ci offrisse una nuova forma di innocenza. Qualcosa di simile fa Emmanuel Venet, scrittore e psichiatra francese che ho avuto il piacere di intervistare, nel suo Fila dritto, gira in tondo, da poco uscito in Italia per Prehistorica nella traduzione di Lorenza Di Lella e Giuseppe Girimonti Greco. Qui, il narratore e protagonista ha la sindrome di Asperger, e uno dopo l’altro demolisce molti tabù della nostra ipocrita società “perbene”.

Emmanuel Venet, Fila dritto gira in tondo

Venet, ho adorato il suo romanzo. Spassoso, spietato, il protagonista smaschera gli ipocriti e fa a pezzi i tabù, a partire da quello della morte e del ricordo di chi non c’è più. È stato divertente scriverlo?
“Sì, molto divertente. Questo libro è nato da un accumulo di collere: contro la famiglia, la menzogna, le apparenze. Ma la collera non ha nulla di seducente, può persino rapidamente virare al ridicolo. Ecco perché ho tentato di trasformarla in ironia e umorismo. Dovevo superare il semplice regolamento di conti e fare in modo che i lettori ritrovassero nel romanzo la traccia della propria esperienza, dei loro conflitti. E poi la scrittura mi ha dato l’occasione di scoprire il fascino delle catastrofi aeronautiche…”.

Ha creato un protagonista con la sindrome di Asperger. L’impressione che ho avuto è che il suo punto di vista, in quanto eccentrico rispetto a quella che chiamiamo “normalità”, gli offra una prospettiva molto più ampia: tant’è vero che con gran naturalezza mette in luce le contraddizioni di quel che siamo abituati a considerare normale. Come le è venuta l’idea di inventare un personaggio così?
“Avevo scritto una prima versione di questa storia in una forma quasi teatrale, che non ha convinto nessuna delle persone a cui l’ho fatta leggere. Ma tutti mi hanno consigliato di conservare il personaggio dell’autistico, la cui eccessiva sincerità, la mancanza di sfumature e l’incomprensione dei codici sociali permettono delle sorprese e dei rovesciamenti di prospettiva. Allora ho cercato di raccontare la mia storia dal suo punto di vista. Svariati lettori con Asperger l’hanno trovato credibile, ne vado molto fiero”.

Lei, oltre che scrittore, è psichiatra. Pensa che le sue due professioni siano complementari?
“Sì, e la maggior parte dei miei libri lo testimoniano in maniera evidente. Quando ero giovane, però, sognavo di disgiungere completamente la psichiatria in quanto mezzo di sussistenza dal nobile lavoro dello scrittore. Fu un italiano, Primo Levi, ad aiutarmi a uscire da questa impasse: Il sistema periodico mostra in maniera magistrale che è possibile conciliare la creazione letteraria con l’umile attività di chimico. Grazie a lui, ho cambiato il modo di guardare al mio mestiere di psichiatra, che mi apre squarci su una sensibilità romanzesca”.

Il suo libro mi ha ricordato un romanzo che amo molto, Opinioni di un clown di Heinrich Böll, per la sua amara ironia. Lei crede – da scrittore, ma anche da psichiatra – che l’umorismo sia importante?
“Punto molto sull’umorismo, sia come scrittore, per rendere meno dolorosi gli affetti negativi universali – la già menzionata collera, ma anche la tristezza, l’angoscia, la vergogna… – sia come psichiatra, per liberarmi dalle situazioni disperate che troppo spesso incontro. Ho in questo campo un modello prestigioso: Freud, che coltivava una passione per l’umorismo degli ebrei e che ha creato un importante libro sul motto di spirito. E correrò ad acquistare Opinioni di un clown, che non ho ancora letto”.

Quali sono i suoi idoli letterari?
“Innanzitutto Flaubert, a cui devo la mia prima sconvolgente emozione letteraria. Da liceale, avevo letto per compito Madame Bovary, senza capirci nulla. A 28 anni l’ho riaperto una sera in cui non avevo niente da fare, e l’ho letto d’un fiato fino al mattino, meravigliato. Amo infinitamente Proust, il cui universo è molto differente, benché adotti la stessa forma di umorismo: dietro a un discorso grave e spesso doloroso, cattiverie sottintese e ammiccamenti al lettore… E infine Thomas Bernhard, che sa essere al tempo stesso lugubre e irresistibilmente divertente”.

Ho amato molto l’idea del “Trattato di criminologia domestica”: com’è nata?
“Non può neanche immaginare quanto io abbia sognato di uccidere mia moglie… Ma sono rimasto molto composto fino al divorzio. In un altro dei miei libri, 49 Poemi quadrati di cui uno triangolare, il narratore si propone di scrivere un ‘Manuale di sopravvivenza in ambiente coniugale’. Si tratta di libri che mi richiederebbero molti sforzi. Dato che probabilmente non avrò il tempo di scriverli, mi sono assicurato almeno la paternità dei titoli…”.

Nella vita del suo protagonista, l’amore è un amore molto puro e idealizzato, direi “cortese”. Si tratta di un antidoto all’ipocrisia dei conformisti?
“Sì e no. Credo, come Geoffrey Firmin, il console di Sotto il vulcano di Malcom Lowry, che ‘l’amore sia l’unica cosa che dà un senso al nostro misero va e vieni sulla terra’, e il mio narratore con Asperger è completamente d’accordo con me su questo punto. Certo lui, diversamente da me, prova sì un amore virtuoso, sincero, esclusivo e puro, ma per un’immagine. Non si confronta con la vera alterità, ma con una donna su cui ha tanto fantasticato, donna di cui è legittimo dubitare che troverebbe la felicità tra le sue braccia!”.

L’AUTRICE – Ilaria Gasparicollaboratrice de ilLibraio.it, è nata a Milano. Ha studiato filosofia alla Scuola Normale di Pisa e si è addottorata con una tesi sulle passioni all’università Paris 1 Panthéon Sorbonne. Nel 2015 è uscito il suo primo romanzo, Etica dell’acquario (Voland). Ha poi pubblicato Ragioni e sentimenti – L’amore preso con filosofia (Sonzogno) e Lezioni di felicità. Esercizi filosofici per il buon uso della vita (Einaudi).

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