Nella sua riflessione per ilLibraio.it, Francesca Sensini riflette sul significato e l’importanza del mito per la nostra cultura, da Omero a oggi, epoca in cui i retelling mitologici riscuotono sempre più successo, anche grazie a #BookTok. L’autrice, in uscita in libreria con “La trama di Elena”, illustra alcune delle ragioni alla base del recente amore dei giovani per la mitologia: “Il mito è l’attrazione di questo punto di fuga della nostra storia. È il legame che si rinnova tra il passato e il presente” e ancora: “Credo che i lettori più giovani possano meglio riconoscersi in questo scenario, attraversato da ogni possibilità, aperto a tutte le sfide, sconvolto da pianti e risa a ogni cambio di vento, capriccioso come gli dèi dell’Olimpo, malinconico e saggio come i suoi mostri. Dopo tutto, è il mondo che abitano, nelle loro stanze”

“Il mondo nasce, Omero canta”, scrive Victor Hugo, in uno scritto del 1864 in cui l’autore francese sviluppa una sua meditazione sui geni letterari che si sono avventurati tra i grandi sogni dell’umanità, tentando di farne racconto e, nello stesso tempo, di affrontare gli interrogativi che da questi stessi sogni discendono.

La sua lista si apre, appunto, con Omero, presentato come il mitico cantore della prima giovinezza del nostro mondo. Sebbene questa idea abbia ben poca validità scientifica e la cosiddetta “questione omerica” resta un fascinoso e aperto ginepraio, la figura dell’aedo cieco ed errante di Iliade e Odissea resiste alla verità storica e filologica. Continua ostinatamente a impressionare la retina della nostra immaginazione. E lo fa accompagnata da tutto l’armamentario del mito: dèi e dee, eroi ed eroine e mostri diversi, viaggi e battaglie, concili celesti, discese nell’oltretomba, collere, amicizie che sono anche amori, tradimenti e odi, tutti perfettamente eccessivi e implacabili. A partire da Omero, questo materiale transita da una sponda all’altra del Mediterraneo, passa dalla Grecia a Roma e alla civiltà ellenistico-romana, per poi diventare, attraverso l’esperienza dell’Umanesimo e del Rinascimento, patrimonio del moderno occidente.

A giudicare dagli scaffali delle librerie e dagli hashtag dei social media, il mito classico dà prova di essere… un classico intramontabile, apprezzato, in particolare ultimamente, da lettrici e lettori più giovani. Non mi soffermo qui sui titoli di maggiore successo nel genere delle riscritture mitologiche, o retelling. Sono ormai notissime.

Una delle ragioni di questo fenomeno mi pare sia inscritta, per così dire, nell’essenza stessa del mito. Nella lingua di Omero, il termine mýthos si riferisce a una parola eloquente, efficace, complementare a érgos, “azione”, che vuole essere ripetuta, raccontata ancora e ancora, che cerca incessantemente la sua voce narrante e il suo pubblico. A quale scopo? Per il puro piacere di essere detta e ascoltata. Perché fonda la sua bellezza non meno della sua autorevolezza su un repertorio di storie antichissime, che le preesistono; sui resti di un’aurora del mondo scientificamente inesplorabile, dato che non ha lasciato dietro di sé tracce materiali, nessun indizio concreto nella stratigrafia del pianeta. Eppure è stata. Il mito è l’attrazione di questo punto di fuga della nostra storia. È il legame che si rinnova tra il passato (tutto il passato, che in mito inevitabilmente si trasforma) e il presente.

È questo racconto non obbligatorio, immotivato, non di rado incongruo per la nostra mentalità razionale, di moderni, che ci porta notizie di un tempo primo, larger than life. Allude a una possibile giovinezza del genere umano, turbolenta, esuberante ma anche irritata e introversa, smisurata nella sofferenza e nella gioia, come è – o è stata – la giovinezza di noi tutti.

E qui sta, a mio parere, la possibile seconda ragione dell’amore che i giovani lettori manifestano per i retelling mitologici. Se è Omero è quel “gigante poeta fanciullo” che Hugo descrive, sembra naturale che il suo pubblico privilegiato, quello che più immediatamente si accorda alla musica della sua cetra e della sua voce, che meglio intende il senso e coglie il valore dei suoi racconti, sia un pubblico di suoi, per così dire, coetanei. Il fanciullo primitivo entra così in comunicazione con i fanciulli moderni in un processo di evocazione che si attua nel ripetersi stesso dei racconti mitici. È una specie di rituale magico, negromantico. Cambiano i punti di vista, personaggi secondari si accampano in primo piano, sulla scena, si vendicano del silenzio loro imposto. Si affacciano prospettive di nuove conquiste, la necessità di combattere nuove battaglie si afferma. Ma si tratta sempre, in fin dei conti, di storie familiari, quasi di famiglia, su cui torniamo perché ci rimettono continuamente in gioco. Perché c’è bisogno di consolidare, o di scuotere, le nostre fondamenta.

E questi racconti continuano a convocare lo scontro e la guerra, intorno a cui gravitano tutte le passioni umane. Esaltano la dimensione del viaggio, intorno a cui gravitano tutte le avventure possibili, per cui si dispiegano le carte geografiche del pianeta intero, e di mondi che stanno oltre.

Inoltre, il mito offre al suo pubblico un’umanità – e con essa una realtà – aumentata: non semplici uomini e donne, ma eroi ed eroine, a volte discendenti di divinità, a volte solo mortali, ma sempre tendenti alla disproporzione, del destino, del coraggio, della bellezza, dell’arroganza, dell’abnegazione, della follia… Ed è, in fondo, la rappresentazione dell’umanità ottenuta attraverso l’ingrandimento dell’umanità stessa: il reale generato dall’ideale. La fiaba e la storia si intrecciano nel mito e ci spalancano gli occhi su entusiasmanti visioni, fantastiche, inverosimile e potentemente vere.

Credo che i lettori più giovani possano meglio riconoscersi in questo scenario, attraversato da ogni possibilità, aperto a tutte le sfide, sconvolto da pianti e risa a ogni cambio di vento, capriccioso come gli dèi dell’Olimpo, malinconico e saggio come i suoi mostri. Dopo tutto, è il mondo che abitano, nelle loro stanze. Posso dire che me lo ricordo ancora molto bene. Anzi, che ci abito ancora spesso, a dispetto dell’età.

Per questo ho scelto proprio una stanza per aprire il primo capitolo di La trama di Elena, per accomodarmi ad ascoltare l’eroina, la sua voce, per osservare che cosa tesseva ancora sul suo telaio, che cosa nascondeva nella nuova casa che si era scelta per parlarmi, cosa voleva mostrarmi, cosa no. È una stanza nuova, grande lo spazio di un romanzo, grande come tremila anni di riscritture, musiche, dipinti, sculture, film attraversati con l’incoscienza dell’amore per una donna straordinaria, forse una dea, sulla bocca di tutti, strattonata qui e là da esseri umani, da forze sovrumane; una figura sempre costretta a muoversi tra due opposti, innocente o colpevole, carnefice o vittima, la più bella, la peggior rovina. La sua stanza è diventata per un po’ la mia. Con lei sono tornata alla prima età del mondo, sono ringiovanita riascoltando il mito raccontarsi, intrecciarsi sul telaio in ricami e visioni, e impigliarmi dentro La trama di Elena, parlare di me.

francesca sensini la trama di elena

IL LIBRO E L’AUTRICE – Francesca Sensini è nata a Genova nel 1974. Da questa città ha imparato il senso del mare, mutamento continuo e passaggio sempre aperto, e il bisogno di andare altrove, per poter tornare. Così, dopo una laurea in lettere classiche, è partita per la Francia, dove ha insegnato in varie università e ha continuato i suoi studi, dottorandosi in Italianistica all’Università Paris-Sorbonne. Oggi è professoressa di Italianistica all’Università Côte d’Azur, ed è ostinatamente convinta che i miti greci, così lontani, mettano in gioco la nostra vita di moderni.

La trama di Elena, il suo romanzo d’esordio in uscita per Ponte alle Grazie, racconta la storia di Elena, figlia di Zeus e di Leda, nata dall’uovo di un cigno: bionda, dalle braccia candide, è la donna più bella del mondo, come dice la stessa Afrodite a Paride quando vuole che le venga assegnato il pomo d’oro. È la più desiderata di tutta la Grecia, tutti gli eroi greci – da Ulisse a Aiace – si sono presentati a suo padre per averla in sposa. È la traditrice per eccellenza: ha lasciato il marito Menelao, re di Sparta, per fuggire con Paride, figlio di Priamo e di Ecuba, e vivere a Troia. Per causa sua, è scoppiata la guerra, una delle più narrate della letteratura, la guerra di Troia.

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