André Aciman, già autore del bestseller “Chiamami col tuo nome” e del sequel “Cercami”, torna in libreria con “L’ultima estate”, un romanzo ambientato nel mezzo di una nuova decisiva stagione, la più importante per lasciare segni permanenti nel cuore e per far vivere emozioni degne dell’invidia degli dèi – L’approfondimento su una storia di nostalgie e appuntamenti mancati con la felicità

La Recherche di André Aciman ha il suono del mare e il profumo dei limoni della costiera amalfitana. È qui, in un lussuoso hotel affacciato sulla spiaggia, che un gruppo di giovani americani si ritrova a causa di un guasto alla barca. Sospesi e festosi, a gustare buon cibo sui tavoli della terrazza, a ridere per un nulla, godono la fermata imprevista, in attesa di poter ripartire, e non badano agli altri ospiti, tutti in età, che assaporano la tranquillità delle loro vacanze. È una sorta di sogno di una notte di mezza estate il loro, quel tempo perfetto e immobile di incontri che sbrogliano i misteri, rimediano agli errori e determinano i destini.

“Quando la barca si è fermata, siamo usciti dal tempo. Ci siamo lasciati i problemi alle spalle e praticamente abbiamo appena iniziato a divertirci, dunque di sicuro accadrà qualcosa di bello”.

Quando al loro tavolo si avvicina Raúl, i giovani sono incuriositi prima, divertiti poi e infine allarmati: Raúl è un elegante e riservato signore di sessant’anni che sembra sapere tutto di loro. Conosce i loro nomi, i loro passati, i segreti che non sono mai stati svelati, e che prendono vita nel mezzo di quella sera, annusando scorze di limone e bevendo vino rosso.

Può sembrare l’astuzia di un intrattenitore, il sotterfugio di un incantatore, un gioco di prestigio: fatto sta che Raúl conquista la notte, e il suo pubblico, con la previsione di un investimento azzardato, il tocco delle mani che cura un dolore alla spalla, un racconto che svela un amore tenuto nascosto tra due presenti, e rivela le origini mai conosciute di un figlio.

Tra tutti i convitati, la giovane Margot è la più velenosa, sarcastica e diffidente: non le piace il misterioso gentiluomo che arriva dal Perù, ha vissuto ovunque, e parla di gite al lago Averno, di accesso agli inferi, di anime morte e di cuori spezzati. Non le piace che la chiami con il suo vero nome, Maria.

Siamo fatti di memoria, racconta André Aciman ne L’ultima estate (Guanda, traduzione di Valeria Bastia) e il nostro è un continuo vagare, tornando indietro, ai nostri molteplici io, che sono ombre inquiete. Siamo cuori che viaggiano, cercando di correggere la propria vita passata, attraversando la transitorietà del tempo e le imperfezioni delle nostre azioni, solo per incontrare l’eternità dell’amore. La nostra è una ricerca senza sosta della perfetta connessione, che ci fa rincorrere uno con l’altro, nella nostalgia, nel rimpianto e nel ricordo.

E non importa che servano più vite per trovarlo, il senso dell’esistenza è fatto della stessa sostanza dei sogni, ed è questo cercare l’allineamento ideale, che è la cosa più difficile, ma l’unica che conta.

“Chiamatelo come volete, fantasticare, o sognare, ma in realtà pian piano torniamo tutti indietro, ognuno a proprio modo. Pochissimi di noi conoscono la strada, la maggior parte non trova neanche la porta d’accesso, e tanto meno la chiave per aprirla. In buona sostanza, brancoliamo nel buio”.

Aciman_L'ultima estate libri da leggere 2021

André Aciman ambienta la sua storia nel mezzo di una nuova decisiva estate, la stagione più importante per lasciare segni permanenti nel cuore, per far vivere emozioni degne dell’invidia degli dèi. La sua è una natura accecante di sole, che sembra presa a prestito dai grandi poemi antichi, e fa da ponte tra passato e presente, dove il tempo si infrange sugli scogli, e dove il racconto di amori inevitabili si nutre di uva nera, mentre nei Lugentes Campi, i campi del lutto, le anime dal cuore infranto raccontano le loro storie.

Tra antichi uliveti e alberi di fichi, Raúl ottiene l’attenzione ironica e sospettosa di Margot e la conduce in un viaggio assolato nella memoria, alle origini di un sentimento che ha spezzato il tempo, e che è nato lì vicino, in una casa in collina, nel luogo più pacifico della terra, tra i cori di cicale e i gemiti delle tortore.

“Potrebbe essere qui che, secondo la leggenda, vivevano i mangiatori di loto”.

In un gioco di associazioni mentali, che danno forma al ricordo per rievocare un temps perdu a cui affidare un nuovo ordine nel presente, e una speranza nel futuro, Raúl, il gentiluomo del Perù, racconta alla giovane Margot, l’americana dai sandali rossi, i turbamenti di un ragazzo, un volto in un’immagine in bianco e nero la cui presenza porta alla luce la più umana delle verità: non si guarisce mai, un amore irrisolto rimane una ferita che accompagnerà per sempre.

E, dato che essere scaraventati in una dimensione assoluta non ha nulla di razionale, ma si compone di emozioni, le parole lasciano spazio alle sensazioni e a tutto il loro universale mistero: il ricordo del suono di un violino, il gusto del frutto dell’ira, il brivido di quel primo tocco sulla pelle scaldata dal sole, che condanna a una perenne inquietudine.

“Per citare le parole di Shakespeare, e ciascuno fu il tutto dell’altro. La persona amata ritorna sempre”.

L’autore del bestseller Chiamami col tuo nome e del seguito Cercami (entrambi editi in Italia da Guanda e tradotti da Valeria Bastia), firma una storia estiva di nostalgie e appuntamenti mancati con la felicità, e anche una nuova e intensa dichiarazione d’amore all’Italia, che appare come una terra magica e immaginaria: nella semplicità e nitidezza della scrittura, gli echi proustiani e platonici si fondono per dare un senso all’inspiegabile natura dell’eterno cercare, e caratterizzano una conversazione magica e seducente con il tempo, dove la morte non è niente, e l’amore è un legame che nasce in un istante e diventa un’attesa eterna di ricongiungimento.

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