“Più grande del cielo” dell’autrice francese Virginie Grimaldi è uno uno di quei romanzi che ti fanno stare bene. Due protagonisti che si incontrano – o forse si scontrano – nello studio di uno psicanalista, due voci che si alternano in capitoli scorrevoli, una storia che sa emozionare e ma anche far ridere di gusto. Lei è un vulcano, lui un inverno perenne. Insieme, possono salvarsi, capirsi, farsi compagnia o persino reinventarsi

Entra a gamba tesa nella categoria dei libri che sanno tirarti su il morale Più grande del cielo, l’ultimo lavoro di Virginie Grimaldi (e/o, traduzione di Alberto Bracci Testasecca), una delle autrici più lette degli ultimi anni in Francia.

È uno di quei romanzi perfetti da leggere a colazione, seduti a un tavolino assolato accanto a una brioche e un cappuccino, oppure da infilare nel cestino di una bicicletta pieno di tulipani, e sfogliare placidamente in un parco, sotto l’ombra di un albero. E va bene, sì, forse sono immagini un po’ abusate, ma in un’epoca in cui viviamo di vibes e suggestioni, cosa c’è di meglio per catturare l’essenza di una storia?

“La trama!”, dirà qualcuno. “Lo stile!”, aggiungerà qualcun altro. E allora andiamo con ordine.

Copertina del nuovo romanzo di Virginie Grimaldi: Più grande del cielo

Questo libro, con la sua copertina color ciliegia e cobalto, merita un posto d’onore nello scaffale del cuore, tra le storie rassicuranti di Kawaguchi, l’ironia affilata di Nick Hornby e le atmosfere sognanti della nostra Lorenza Gentile. Perché? Perché i suoi protagonisti, Elsa e Vincent, sono l’incastro perfetto di vulnerabilità e sarcasmo. Si incontrano – anzi, si scontrano – nella sala d’attesa del loro psicanalista. E già qui capiamo che sarà una storia speciale, perché mentre loro si raccontano, scavano, si confessano, lui, lo psicanalista, non parla. Ascolta e basta. Quello che ne nasce è un doppio monologo che si intreccia come un fiume in piena, rivelando due vite, due segreti, due anime che hanno ancora tanto da capire di sé stesse.

Elsa ha quarant’anni e ha appena perso suo padre (e, in passato, anche sua madre). Lavora a stretto contatto con i defunti – ironia della sorte – e ha un figlio adolescente che vorrebbe ancora stringere tra le braccia, ma che invece, come tutti gli adolescenti, sta già prendendo il largo. Vincent, dall’altra parte, ha una ex moglie che lo detesta (e, va detto, con buone ragioni), due bambine e una carriera da scrittore che lo ha reso una vera rockstar della narrativa. Bestseller su bestseller, presentazioni gremite, adorazione di lettori e critici. Eppure, dietro il clamore e i riflettori, si nasconde un cuore che fatica a scaldarsi.

Cosa hanno in comune Elsa e Vincent, oltre alla scelta – discutibile? provvidenziale? – dello stesso psicanalista? La battuta pronta, di sicuro. Ma anche un senso di smarrimento profondo. Perché ci si può sentire persi dopo una perdita enorme, come Elsa. Ma ci si può anche sentire persi quando, almeno in apparenza, si ha tutto, come Vincent. Sono due solitudini che si riconoscono, che si sfidano, che si specchiano l’una nell’altra. E forse è vero che gli incontri possono cambiarci la vita. Che basta un attimo per trovare la persona capace non solo di rivoluzionare il futuro, ma anche di riscrivere il passato, di dare un nuovo senso a ciò che è stato “prima”.

Uno scambio continuo tra due voci che si rincorrono, che si perdono e si ritrovano, in capitoli brevi e scorrevolissimi, in un’alternanza di dialoghi dal ritmo perfetto, brillanti e pieni di vita. Ma c’è anche un terzo sguardo, lieve e delicato, che osserva questa danza di destini incrociati con affetto e tenerezza. La prosa è fresca, diretta, capace di strappare un sorriso anche nei momenti più malinconici.

Lei è un vulcano, lui un inverno perenne. Insieme, possono salvarsi, capirsi, farsi compagnia o persino reinventarsi.

E alla fine, Più grande del cielo è proprio questo: una storia d’amore, sì, ma anche una storia di rinascita, di connessioni impreviste, di risate e dolcezza. Un romanzo che accoglie e scalda, come un abbraccio in una giornata fredda. E, alla fine, cosa si può chiedere di più a un libro?

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