Come si individuano il soggetto e il predicato in una frase? Qual è la differenza fra il complemento predicativo del soggetto e quello dell’oggetto? E come distinguere un attributo da un’apposizione? – Una guida per orientarsi in modo efficace, e svolgere senza errori l’analisi logica di qualunque frase, a prescindere dalla sua difficoltà…

In lingua italiana, l’analisi logica è uno strumento che consente di capire quale sia la funzione svolta in una frase da tutti i suoi elementi, nonché quali rapporti grammaticali e di significato intercorrano fra di loro.

A differenza dell’analisi grammaticale, quindi, a cui abbiamo dedicato un vademecum a parte, l’analisi logica si basa su un ragionamento che procede per sintagmi, e non per singoli vocaboli.

Un sintagma, per capirci, è un gruppo di più parole che prese singolarmente possono anche appartenere a parti del discorso differenti (articolo, sostantivo, aggettivo…), ma che dal punto di vista della loro funzione logica vanno considerate un tutt’uno. Così, per esempio, nella frase Ho letto un romanzo di formazione ci troviamo davanti a sei diversi elementi se svolgiamo l’analisi grammaticale (Ho / letto / un / romanzo / di / formazione), ma solo davanti a tre sintagmi se svolgiamo l’analisi logica (Ho letto / un romanzo / di formazione).

Come capire, però, in che modo si formano i sintagmi e quale funzione logica va attribuita a ciascuno di loro? Senza dubbio possiamo partire da tre indicazioni di massima, per le quali:

  1. gli articoli vanno sempre considerati insieme al sostantivo da cui sono seguiti;
  2. l’avverbio non può essere considerato insieme al verbo da cui è seguito, oppure si può isolare e analizzare con la dicitura a sé stante di negazione;
  3. tutte le congiunzioni che collegano una proposizione a un’altra (dopo che, sebbene, siccome, se, poiché, etc) vanno analizzate da sole, con la dicitura a sé stante di congiunzione.

Per tutto ciò che riguarda, invece, la distinzione fra soggetto, predicato ed eventuali complementi, ecco di seguito una guida schematica per procedere senza errori nello svolgimento dell’analisi logica di qualunque frase, a prescindere dalla sua difficoltà.

Passo 1: individuare i predicati

Un buon punto di partenza consiste, in genere, nel cercare con attenzione tutti i verbi presenti nella frase, ovvero tutti i termini che esprimono l’azione del nostro enunciato.

A tal proposito è utile rammentare che un solo predicato può essere costituito da un tempo semplice (es. Scriviamo) o da uno composto (es. Abbiamo scritto), senza che il suo numero di parole – come già dicevamo – abbia importanza ai fini della nostra disamina. Essenziale, piuttosto, è la differenza tra predicato nominale e predicato verbale, che in sede di analisi logica bisogna sempre riuscire a distinguere.

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Parliamo di predicato nominale quando ci imbattiamo nel verbo essere o in un verbo copulativo (di cui parleremo nel paragrafo sui complementi diretti) seguito da un nome o da un aggettivo, come nelle frasi Molière era un drammaturgo o La conferenza è sembrata interessante. In questo caso, infatti, il verbo (qui da chiamarsi copula) ha senso solo se considerato insieme alla sua parte nominale, sostantivo (drammaturgo) o aggettivo (interessante) che sia.

Viceversa, per esclusione, parleremo di predicato verbale quando ci imbattiamo in qualunque altro verbo, inclusi i verbi servili e fraseologici che formano un unico predicato con il verbo da cui sono seguiti.

Per capire meglio il concetto osserviamo la frase Ti volevo ringraziare per il prestito, in cui volevo ringraziare forma un unico predicato verbale, ma anche Abbiamo cercato di contattare la biblioteca il prima possibile, in cui per la stessa ragione il predicato verbale è abbiamo cercato di contattare.

Passo 2: risalire al soggetto

Quando avremo individuato i predicati verbali o nominali del nostro periodo, potremo passare a chiederci chi è che svolge tutte le azioni da noi rintracciate. Per ogni predicato, infatti, deve necessariamente esserci un soggetto, ovvero un ente animato o inanimato, concreto o astratto, individuale o collettivo, che compie un determinato gesto o che in altri casi ne subisce gli effetti.

Il soggetto grammaticale compie l’azione quando la forma del verbo è attiva (es. Saffo ha scritto numerose liriche, con soggetto Saffo che compie l’azione di scrivere numerose liriche), e viceversa subisce gli effetti di un’azione quando la forma del verbo è passiva (es. Da Saffo sono state scritte numerose liriche, con soggetto numerose liriche che subiscono l’azione di essere state scritte da Saffo). Ai fini dell’analisi logica, comunque, la distinzione è ininfluente: che l’azione di una frase venga compiuta o subita, l’importante è risalire correttamente al suo soggetto.

A volte, inoltre, il soggetto può essere apertamente espresso nella frase, e quindi basta rintracciare il sostantivo che si accorda in genere e numero con il predicato per proseguire: se diciamo Ieri sera Claudio si è addormentato mentre leggeva, per esempio, il soggetto di si è addormentato è Claudio.

Altre volte, invece, il soggetto può essere sottinteso, e cioè risultare assente nella proposizione, ma essere riconducibile per logica a un pronome personale (io, tu, egli/lui, ella/lei, esso, noi, voi, essi/esse/loro): se riprendiamo Ieri sera Claudio si è addormentato mentre leggeva, noteremo per esempio che il soggetto del predicato leggeva non è esplicitato, ma considerando che si tratta di un verbo alla terza persona singolare, e che nello stesso periodo è presente un nome proprio maschile, possiamo dedurre che il soggetto sottinteso sia egli/lui, concettualmente riferito a Claudio.

Passo 3: distinguere attributi e apposizioni

Finora abbiamo parlato di soggetti costituiti da un solo lemma, come Saffo o Claudio, ma in che modo dobbiamo comportarci se sono invece accompagnati da ulteriori indicazioni, quali La poetessa Saffo o Lo stanchissimo Claudio?

Ebbene, se così fosse dovremmo innanzitutto capire se abbiamo a che fare con un sostantivo o con un aggettivo: il primo in analisi logica si chiama infatti apposizione, mentre il secondo viene denominato attributo. Dal momento che entrambi si riferiscono sempre e comunque a una terza parola (vd. Saffo, o Claudio), la prassi è menzionarli insieme al sintagma di cui fanno parte.

Di conseguenza, ricordandoci che gli articoli non contano ai fini dell’analisi logica, negli enunciati in questione avremo:
La poetessa Saffo = soggetto (Saffo) + apposizione (poetessa)
Lo stanchissimo Claudio = soggetto (Claudio) + attributo (stanchissimo)

La regola, naturalmente, vale anche per qualsiasi complemento diretto o indiretto, che dovremo sempre analizzare secondo la dicitura complemento + apposizione/attributo. Fa eccezione solo il predicato nominale, che come abbiamo visto si serve di una nomenclatura tutta sua.

Passo 4: riconoscere i complementi diretti

Una volta scovati soggetto e predicato, resta da vedere se nel periodo figurano poi dei complementi, ovvero degli elementi non essenziali per determinare il senso compiuto di un enunciato, e che tuttavia ne specificano meglio alcune sfumature.

I complementi si dividono in due macrocategorie: diretti, se non sono preceduti da una preposizione e pertanto si legano direttamente al verbo; e indiretti, se al contrario sono preceduti da una preposizione che per l’appunto li collega al verbo in modo indiretto.

Alla prima categoria appartengono solo tre complementi: il complemento oggetto, il complemento predicativo del soggetto e il complemento predicativo dell’oggetto.

Il più semplice da riconoscere è il complemento oggetto, sul quale un vademecum più dettaglio può essere consultato qui. In questa sede ci basterà tenere a mente che il complemento oggetto in riferimento al verbo risponde alla domanda Chi?/Che cosa?, e che si trova solo in frasi contenenti un predicato verbale. Per intenderci, osserviamo nuovamente il periodo Saffo ha scritto numerose liriche: posto che Saffo è il soggetto e ha scritto il predicato verbale, resta da chiederci che cosa abbia scritto Saffo. La risposta (numerose liriche) sarà il nostro complemento oggetto.

Quanto ai complementi predicativi, come evidenzia il loro stesso nome, sono caratterizzati da un legame indissolubile con il predicato della frase, che in sostanza senza di loro non esprimerebbe appieno il suo significato e che perciò in genere viene ritenuto dai linguisti un predicato nominale a tutti gli effetti.

A reggere i complementi predicativi sono i verbi copulativi (sembrare, riuscire, diventare), intransitivi (nascere, crescere, restare), appellativi (chiamare, dire), elettivi (nominare, eleggere), estimativi (ritenere, considerare), effettivi (fare, rendere) e in alcuni casi riflessivi (sentirsi, ritenersi e affini).

Tutti questi verbi si completano solo quando vengono accompagnati da un complemento predicativo, come accade nelle frasi Conan Doyle era considerato da tutti un gentiluomo o Tutti consideravano Conan Doyle un gentiluomo. Capito questo, veniamo alla differenza fra il primo e il secondo enunciato, nonché a quella fra il predicativo del soggetto e dell’oggetto.

Nel primo caso, il predicato è era considerato, da cui deduciamo che il soggetto è Conan Doyle; un gentiluomo, che si riferisce a Conan Doyle, sarà di conseguenza un complemento predicativo del soggetto.

Nel secondo caso, invece, il predicato è consideravano, il cui soggetto deve dunque essere tutti; di conseguenza, un gentiluomo, che si riferisce sempre a Conan Doyle, sarà stavolta un complemento predicativo dell’oggetto, dal momento che Conan Doyle risponde alla domanda Chi consideravano tutti un gentiluomo? ed è quindi un complemento oggetto.

Passo 5: orientarsi fra i complementi indiretti

Se fin qui abbiamo potuto distinguere a colpo d’occhio un predicato verbale da uno nominale, o un predicativo del soggetto da uno dell’oggetto, addentrandoci nel vasto mondo dei complementi indiretti la faccenda si complica notevolmente. Qui, infatti, non esistono sottoinsiemi intuitivi e ben delimitati, quanto piuttosto decine di possibili alternative fra cui scegliere.

Per orientarsi al meglio, allora, uno specchietto di valore pratico può essere il seguente, nel quale vengono sintetizzati i complementi indiretti più comuni in lingua italiana:

  • complemento di specificazione → risponde alla domanda Di chi?/Di che cosa?;
  • complemento partitivo → risponde alla domanda Tra chi?/Tra che cosa?;
  • complemento di termine → risponde alla domanda A chi?/A che cosa?;
  • complementi d’agente o di causa efficiente → rispondono rispettivamente alla domanda Da chi?/Da che cosa?;
  • complementi di luogo → rispondono a varie domande riferite al luogo in cui si svolge un’azione;
  • complementi di tempo → risponde alla domanda Quando?/Per quanto tempo?;
  • complemento di causa → risponde alla domanda Per quale motivo?;
  • complemento di fine o scopo → risponde alla domanda Con quale scopo?;
  • complemento di mezzo o strumento → risponde alla domanda Per mezzo di chi?/Attraverso che cosa?;
  • complemento di modo o maniera → risponde alla domanda Come?/In quale maniera?;
  • complementi di compagnia o di unione → rispondono rispettivamente alla domanda Con chi?/Con che cosa?;
  • complemento di qualità → risponde alla domanda Di che tipo?/Di che qualità?;
  • complemento di argomento → risponde alla domanda A proposito di chi?/Riguardo a che cosa?;
  • complemento di limitazione → risponde alla domanda In quanto a chi?/In quanto a che cosa?;
  • complemento di vantaggio → risponde alla domanda A vantaggio di chi?/A favore di che cosa?;
  • complemento di svantaggio → risponde alla domanda A svantaggio di chi?/A sfavore di che cosa?;
  • complemento di denominazione → risponde alla domanda Di quale nome?;
  • complemento di materia → risponde alla domanda Di quale materia?/Di quale sostanza?;
  • complemento di paragone → risponde alla domanda Rispetto a chi?/Rispetto a che cosa?;
  • complemento di quantità → risponde a domande riguardanti età, peso, misura, stima o prezzo.

Al di là del nome, che qualora si avesse un vuoto di memoria può essere ripescato in un qualunque manuale di grammatica o in una delle tante piattaforme di apprendimento online, a rivelarsi fondamentale per identificare un complemento indiretto è la capacità di porsi di volta in volta la domanda giusta.

Spesso, infatti, capita di analizzare una frase con più complementi anticipati da preposizioni come con, da o a, e che in realtà potrebbero avere tante valenze diverse. Rientrare da Parigi, per esempio, non è associabile in alcun modo a riposare in una camera da letto, o ad aspettare in stazione da mezz’ora, anche se formulando d’istinto la domanda Da che cosa? potremmo credere erroneamente di essere sempre di fronte allo stesso complemento.

Solo tenendo in considerazione la differenza fra un complemento di moto da luogo (da Parigi), un complemento di fine (da letto) o un complemento di tempo continuato (da mezz’ora) sapremo dunque venire a capo della nostra analisi logica, ragionando sui concetti espressi in ogni frase senza trarre conclusioni affrettate o superficiali.