“Il mondo sulle spalle” è un memoir unico per lo speciale punto di vista che ci viene presentato: Giulio Napolitano racconta suo padre Giorgio, ex Presidente della Repubblica, tra le figure più influenti della politica italiana degli ultimi cinquant’anni. Un ritratto inedito che ricostruisce la persona dietro al politico – Su ilLibraio.it un estratto dal libro

Un figlio che racconta suo padre, le sue lotte politiche, i suoi successi e i suoi fallimenti, i momenti drammatici e quelli felici vissuti insieme alla moglie.

Il mondo sulle spalle (Mondadori) è un memoir destinato a far parlare, per lo speciale punto di vista che ci viene presentato: quel figlio è infatti Giulio Napolitano, e sua padre è Giorgio Napolitano, ex Presidente della Repubblica Italiana e tra le figure più influenti della politica negli ultimi cinquant’anni.

Tra le pagine di questa “storia famigliare e politica” (come recita il sottotitolo), Giulio mostra un ritratto quasi inedito dell’ex Capo di Stato: non solo lo statista lucido, il politico attento ai propri doveri, ma anche il padre severo e complice. Emerge, così, la dimensione di una famiglia unita, prima nella casa di Monteverde – dove Giulio passa l’infanzia con i genitori e il fratello maggiore – e poi a Roma, tra le stanze dei grandi palazzi della politica italiana.

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Attraverso lo sguardo di un figlio curioso, seguiamo le tappe della carriera di Napolitano: gli incontri con gli altri dirigenti del Partito Comunista, le discussioni a Montecitorio e poi al Quirinale. E in tutto questo osserviamo anche la storia italiana, inevitabilmente protagonista con la fine del PCI, Tangentopoli e la crisi finanziaria.

Tra fatti inediti ed episodi sorprendenti, pagina dopo pagina ricostruiamo la persona dietro al politico, l’uomo “in servizio permanente” e che spesso sentiva il peso del mondo sulle proprie spalle.

Nato a Roma il 12 luglio 1969, Giulio Napolitano è professore ordinario di diritto amministrativo nel dipartimento di Giurisprudenza dell’Università degli studi Roma Tre e avvocato, e ha pubblicato saggi e volumi di carattere scientifico nei più vari campi del diritto pubblico e della comparazione giuridica. Ora il debutto nella narrativa in prima persona.

il mondo sulle spalle di Giulio Napolitano

Su ilLibraio.it, per gentile concessione della casa editrice, proponiamo un estratto:

Roma, piazza Montecitorio, 29 dicembre 1971.

Un fotografo della stampa ci scatta un’istantanea. L’obiettivo coglie mia madre che rimprovera mio fratello Giovanni per qualche sua birbanteria mentre mio padre lo guarda bonariamente e mi tiene per mano. Io sono Giulio, ho poco più di due anni e non sembro molto interessato a quel piccolo frammento di vita famigliare. Il mio sguardo è rivolto altrove, all’ingresso di palazzo Montecitorio. È appena terminato il giuramento di Giovanni Leone da presidente della Repubblica, eletto alla ventitreesima votazione pochi giorni prima, proprio alla vigilia di Natale. I parlamentari escono alla spicciolata e formano piccoli capannelli, si salutano e si scambiano gli auguri per il nuovo anno in attesa di ricongiungersi a parenti e amici dopo tre settimane di faticoso conclave. Nessuno di noi, all’epoca, avrebbe potuto immaginare che un giorno a uscire da quel palazzo, dopo aver prestato giuramento da capo dello Stato con tutti gli onori e le formalità di un rito solenne, sarebbe stato mio padre, Giorgio Napolitano.

Questo libro racconta la sua vita e quella della nostra famiglia partendo dall’angolo visuale di un bambino che guarda con curiosità quei genitori pienamente immersi nella temperie politica degli anni Settanta dello scorso secolo. La stessa prospettiva filiale ho adottato a mano a mano che crescevo fino a diventare un uomo mentre la mia consapevolezza e il mio coinvolgimento aumentavano sempre più. Ho così cercato di descrivere anche gli stati d’animo di chi si trova a svolgere il difficile mestiere di figlio da testimone indiretto di tanti passaggi importanti nella storia della nostra Repubblica. Ho steso una prima versione di getto, in poco più di un anno, durante la pandemia. Poi l’ho lasciata sedimentare, dedicandomi di tanto in tanto a riletture e integrazioni e aggiungendovi gli ultimi accadimenti.

È nata quasi per gioco, cominciando da alcuni ricordi d’infanzia e dalla loro condivisione nel tempo con gli amici più stretti che si divertivano ad ascoltare quelle piccole storie. Ben presto, però, l’impulso a scrivere è diventato quasi irrefrenabile, via via che si veniva componendo il mosaico del racconto e che la memoria degli episodi più lontani si legava a quella degli eventi più recenti. La narrazione mi ha restituito il calore di vicende e affetti personali e famigliari. Ma ha avuto anche una finalità terapeutica e di conforto: riannodare i fili di tanti fatti, piccoli e grandi, mi ha per- messo di capire meglio molte cose dei miei genitori, oltre che di me stesso, e mi ha consentito di stargli vicino negli ultimi anni della loro vita in un modo, se possibile, ancora più comprensivo.

Inizialmente avevo pensato di dedicarmi a questo lavoro soprattutto per me, per fissare e ordinare i tanti ricordi accumulati in cinquant’anni di partecipe osservazione delle nostre vite. Poi mi sono accorto che il testo, nonostante il taglio intimo, poteva avere un interesse più ampio e servire a illustrare cos’era una volta la politica per gli italiani e come sia profondamente cambiata nel tempo. Ho deciso dunque di cogliere l’occasione del centenario della nascita di mio padre per procedere alla sua pubblicazione, invece di rinviarla agli anni della mia vecchiaia, perché volevo che questo libro potesse essere letto anche da chi ha fatto parte del mondo che qui descrivo e da chi serba la memoria dei molti personaggi che attraversano queste pagine. Sono anzi rammaricato di aver dovuto omettere tanti nomi di persone carissime a me e alla mia famiglia per non gravare il lettore di troppe menzioni. Il loro ricordo, però, rimane scolpito nel mio cuore, così come lo è stato fino all’ultimo in quello dei miei genitori.

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In Italia chi ha svolto importanti incarichi pubblici raramente racconta la propria esperienza. E quando si cimenta in questo esercizio – come fece mio padre nell’autobiografia pubblicata poco prima di essere eletto presidente – predilige il discorso strettamente politico, senza abbandonarsi a particolari confessioni personali. Ancora più raro è che siano i famigliari a offrire la loro versione. Diversamente da quanto accade in altri Paesi, infatti, vi è una grande reticenza nel narrare le vicende private di chi ha ricoperto rilevanti cariche pubbliche. Ne parlano a volte giornalisti o scrittori d’occasione, mai i diretti interessati. E spesso soltanto per dare un po’ di colore o per offrire pettegolezzi e magari qualche piccolo scandalo, non per ricostruire più a fondo la vita, il carattere, il retroterra culturale e umano dei personaggi pubblici.

Non è un caso che quasi nessuno tra chi si sia trovato in situazioni analoghe alla mia abbia offerto la sua testimonianza e provato a descrivere il groviglio di emozioni speciali e contrastanti che si vive sotto il peso di grandi onori e insieme gravi responsabilità. Fa eccezione, se posso osare un tale riferimento, la straordinaria opera di Maria Romana De Gasperi, a cominciare dal bellissimo libro De Gasperi, uomo solo, pubblicato come questo da Mondadori nell’ormai lontano 1964. Credo che a sconsigliare imprese del genere siano molteplici fattori: un sentimento di naturale riservatezza e rispetto per la persona e per l’istituzione rappresentata, la fatica e talora il dolore provato in quei tragitti ricchi di soddisfazioni ma anche di sofferenza, l’esigenza di distanziar- si dalla presenza ingombrante di genitori importanti, il desiderio di proteggersi da attacchi e polemiche.

Tutto questo naturalmente vale anche per me. Ma ho deciso di rompere gli indugi perché non custodisco nessun segreto di Stato, né ho scheletri nell’armadio. Quanto ad attacchi e polemiche, ormai vi ho fatto il callo. Non posso fare nulla contro chi persegue – legittimamente, si intende – il suo tornaconto politico, economico, editoriale; né tantomeno contro chi è animato da rancori o invidie. E penso che i pur limitati benefici collettivi che potranno derivare dalla conoscenza pubblica di questa piccola storia famigliare superino i costi individuali che mi toccherà eventualmente sopportare. Più in generale, spero che la lettura di questa sorta di registro intimo possa trasmettere le stesse intense emozioni che ho provato nel vivere la mia vita di figlio e nel ripercorrerla in queste pagine. Il libro attinge alla mole di ricordi che ho sempre saputo di serbare dentro di me e che sono poi riemersi come un flusso continuo durante la sua stesura.

Mi sono chiesto spesso la ragione di questa memoria così vivida, al di là di ciò che è inspiegabile nella natura di ogni essere umano. Forse dipende dal fatto che sin da bambino mi sono sentito parte di qualcosa di più grande, di cui volevo apprendere il prima possibile ogni dettaglio, anche per avere titolo per interloquire con un padre altrimenti lontano e irraggiungibile. Proprio per questo motivo è come se fossi stato sempre concentrato su quanto succedeva attorno a me, testimone oculare e partecipe di accadimenti, gesta e stati d’animo come nell’istantanea da cui questo racconto prende avvio. Oltre alla concentrazione, credo che la mia memoria abbia tratto giovamento dall’esercizio al quale l’ho duramente sottoposta appena ho imparato a leggere, e dalla curiosa associazione tra eventi alti e bassi, se così si può dire, che hanno scandito la mia vita in una miscela inscindibile ancorché a volte paradossale.

Questa memoria è stata sino a oggi custodita in larga misura nella mia mente. Voglio dire che non è stata metodicamente organizzata e assistita attraverso, ad esempio, un diario: opera alla quale non mi sono mai regolarmente dedicato né da ragazzo né più avanti nella vita. Ne ho avuto naturalmente la tentazione durante il mandato di mio padre da capo dello Stato. Ma ho desistito perché temevo in qualche modo di violare la riservatezza dell’istituzione e non volevo correre il rischio che quel diario, fisico o digitale, venisse trafugato, mettendo così a repentaglio lo svolgimento della sua funzione di presidente della Repubblica.

Per il resto, mi sono avvalso di una varietà di materia li alla cui conservazione mi sono più o meno consapevolmente dedicato sin dall’adolescenza. Mi riferisco a ritagli di giornali, volantini, cartoncini di invito, corrispondenze, foto che ritraggono momenti di vita privata e famigliare, attestazioni dell’impegno politico di mio padre così come, se mi si passa il paragone, del mio negli anni del liceo. Tutti questi documenti sono sempre stati custoditi nelle case in cui ho abitato, sopravvivendo da un trasloco all’altro, nonostante la periodica e fortunatamente insoddisfatta tentazione di alleggerire il carico che mi stavo trascinando appresso. Carico che poi è naturalmente aumentato con la moltitudine di eventi, celebrazioni e missioni che si è susseguita ne gli anni del Quirinale. Non ho mai riordinato la documentazione antica e recente un po’ perché assorbito dalla vita quotidiana, un po’ per non esserne in qualche modo gravato, preferendo lasciare che si accumulasse in scatole, cassetti, ripiani delle librerie, prima di riportarla alla luce per la stesura di questo volume.

C’è, infine, un’ultima categoria di fonti che hanno svolto un ruolo fondamentale non solo di ausilio alla memoria ma anche di ispirazione per così dire morale e sentimentale: mi riferisco alle lettere che mio padre mi ha scritto dal giorno del mio diciottesimo compleanno fino a quando le forze glielo hanno consentito. Non me le ha quasi mai consegnate direttamente, forse perché temeva che quel gesto sarebbe stato troppo intimo, o persino retorico. Nella maggior parte dei casi le ho dunque trovate in una busta chiusa, ora sul tavolo dello studio a casa, ora nella cassetta della posta, ora in mezzo a un libro che mi stava regalando. Le leggevo sempre con gratificazione, ma anche con inquietudine. In quelle missive, infatti, mio padre spesso confessava di sentirsi “il mondo sulle spalle” e, pur volendo proteggermi da un analogo destino, finiva inconsapevolmente per trasferire su di me un po’ di quel peso. Dopo averle lette e aver dato una rapida conferma di ricezione alla prima occasione, le riponevo in una scatola o in un cassetto, oppure nel volume in cui le aveva infilate lui stesso. Di alcune serbavo un ricordo preciso, di altre avevo persino dimenticato l’esistenza.

Giulio Napolitano, autore di Il mondo sulle spalle

Giulio Napolitano, autore di Il mondo sulle spalle

Come si può facilmente immaginare, il loro ritrovamento e la rilettura sono stati particolarmente emozionanti, e in alcuni casi non sono riuscito a trattenere le lacrime, protetto dall’intimità delle mura domestiche. Le lettere di mio padre sono il vero tesoro di questo libro.

Due precisazioni finali. La prima è che la fonte delle mie informazioni circa determinati fatti politici e istituzionali è sempre stata indiretta. Infatti, non ho mai partecipato ad alcun colloquio di mio padre, che anzi è sempre stato attento a tenermi almeno fisicamente separato dall’esercizio delle sue funzioni. Al massimo, mi è capitato di essere chiamato al termine di un incontro per un saluto; oppure di venire associato ai momenti conviviali o pubblici che, soprattutto in giro per l’Italia o nelle visite all’estero, precedevano o seguivano gli appuntamenti ufficiali. Era poi mio padre, se e quando lo riteneva opportuno, a raccontarmi il contenuto di una conversazione, a mettermi a parte di una sua considerazione o di un suo stato d’animo, oppure, più di rado, a chiedermi un’opinione o un consiglio.

La seconda è che ogni ricostruzione presente nel libro è il risultato della mia personale memoria e della mia valutazione di fatti e situazioni, per di più velate dall’amore filiale, con tutti i limiti e le distorsioni che ciò può comportare. Naturalmente, laddove utile alla narrazione, mi sono avvalso anche dei materiali a mia disposizione e di atti e documenti pubblici. Ma non ho fatto ricerche sistematiche nell’ampio archivio di mio padre e nella sua ricca corrispondenza; né ho raccolto interviste e testimonianze per verificare la correttezza e la completezza di quanto ricordavo o pensavo di sapere, ritenendo che ciò sia compito degli storici che vorranno eventualmente cimentarvisi. Questo libro è soltanto la mia verità.

(continua in libreria…)

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Fotografia header: Giorgio Napolitano, foto di Giorgio Cosulich/Getty Images (20/01/2025)

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