“Il grande Nord” è un diario di viaggio, ma anche un memoir e un libro sul senso di appartenenza, sul vivere il Nord. L’autore, Malachy Tallack, è partito dalla sua casa alle Isole Shetland per compiere il giro del mondo seguendo la rotta del sessantesimo parallelo… Un percorso che non è soltanto fisico, ma anche e soprattutto emotivo

Malachy Tallack aveva sedici anni quando suo padre moriva in un incidente stradale nel Sussex, Inghilterra del sud. Malachy lo aspettava sulle rive di un lago poco distante da casa ma, a quell’appuntamento, il padre non si presenterà mai. 

“Quella sera tutti i miei progetti andarono in fumo e la settimana dopo, quando tornai alle Shetland, mi ritrovai senza più alcuna prospettiva. I miei genitori si erano separati anni prima e io vivevo sull’isola con mia madre e mio fratello, mentre mio padre abitava nel Sud dell’Inghilterra, all’altro capo delle isole britanniche”.

Comincia così il viaggio dell’autore de Il grande Nord (Iperborea, traduzione di Stefania De Franco). Viaggio che, nel pensiero, è iniziato proprio quel giorno, anche se – nel concreto – è iniziato dieci anni dopo. In almeno la metà di quei dieci anni, Malachy Tallack era stato lontano dalle Shetland, tra Scozia, Copenaghen e Praga. Ma le Shetland erano state sempre vicine a lui.

Il grande nord Tallack

E, allora, qui serve un inciso su questa terra incredibile: le Shetland sono un arcipelago sparso nelle acque a nord della Scozia, a cui formalmente appartengono. Distano circa 80 chilometri dalle Isole Orcadi e 280 dalle Fær Øer e lo spazio che occupano rappresenta una parte della divisione tra Oceano Atlantico e Mare del Nord. Vi sarà facile, dunque, immaginarne la dimensione surreale. Isolata in ogni senso del termine. Ma Tallack tiene a sottolineare che il grande Nord – così remoto e isolato – non è né remoto né isolato per chi lo abita. Per chi vive lì, quello è il centro del mondo. Da quel centro del mondo, però, lui si voleva allontanare, almeno per un po’.

Così, affacciato alla sua finestra sul porto di Lerwick, capoluogo delle Shetland, Malachy Tallack aveva sognato un viaggio intorno al globo, letteralmente intorno al globo. E aveva scelto come guida quello che, per tutta la sua vita, era stato un mantra: il sessantesimo parallelo.

“Negli anni le Shetland hanno sempre sottolineato con orgoglio la loro latitudine. Il circolo che frequentavo alle superiori si chiamava 60 North. Poco dopo un quotidiano che si occupava di pesca prese lo stesso nome. Come pure un’emittente radiofonica per turisti. E una rivista online. E una ditta che noleggiava cassoni. E una birra prodotta a Lerwick”.

Le Shetland, si sarà capito, si trovano sul sessantesimo parallelo, che è lo stesso che attraversa la Norvegia, poco a sud di Bergen, prosegue passando molto vicino a Oslo, oltrepassa la Svezia, l’estremo sud della Finlandia e poi entra in Russia, quasi a San Pietroburgo, fino a lasciarla per raggiungere l’Alaska e il Canada occidentale. Ancora una volta attraversa l’oceano, Atlantico questa volta, e giunge all’estremo sud della Groenlandia. Ecco, questa era la rotta di Tallack quando, qualche anno dopo la morte del padre, per quel viaggio intorno al globo era partito davvero. E proprio dalle Shetland.

Il grande Nord – Viaggio intorno al mondo lungo il sessantesimo parallelo è nato così, come un diario di viaggio, sì, ma anche come un memoir e un romanzo sull’appartenenza, sull’alienazione e sulla nostalgia.

Nelle sue pagine, Tallack ci dice delle chiacchiere condivise con qualche allegro ubriaco in Groenlandia e dei discorsi sul riscaldamento globale fatti con alcuni cacciatori Inuit. E poi fotografa per noi gli iceberg della Baia di Nanortalik e ci parla degli orsi nascosti nelle foreste del Canada. E poi ci racconta di un libraio danese, delle frotte di turisti in Alaska, del delicato equilibrio della Siberia, del colonialismo che hanno visto le terre che attraversa e della natura che ancora le abita.

Il Guardian, non a caso, inserisce Malachy Tallack all’interno di un fiorente gruppo di giovani scrittori di viaggio – di cui Robert Macfarlane è il punto di riferimento. Scrittori che aggiungono ai loro diari e ai loro resoconti elementi di psicogeografia, ovvero lo studio di come i luoghi ci fanno sentire. “Questi viaggiatori e queste viaggiatrici capiscono intuitivamente – se non lucidamente – che il mondo globalizzato è del tutto esaurito quando si tratta di panorami insoliti e creature meravigliose; ora, l’unica strada per il vero avventuriero è quella di guardare al conosciuto, per poi registrare con precisione il senso dell’unheimlich che ne consegue”.

Così, Tallack ci porta con sé in un viaggio che non è solo fisico, ma è anche e soprattutto emotivo. Tra le storie dei luoghi e delle persone che li abitano, l’autore intreccia il suo passato senza radici e il senso prezioso di abitare un Nord che non si esaurisce tra i confini delle Shetland, ma che continua lungo tutto il sessantesimo parallelo e oltre. Un Nord in cui Tallack si riconosce in ogni tappa, sentendo – insieme – la nostalgia e il bisogno di fuga. 

Il grande Nord è meritatamente parte della collana di Iperborea I Corvi, dedicata alla saggistica narrativa. “I Corvi cercano e traducono da tutti i paesi libri che aprono l’orizzonte, spostano lo sguardo, espandono il pensiero e che, al tempo stesso, mettono al centro il gusto per la narrazione e la qualità della scrittura”. E tra queste esplorazioni, non poteva che esserci anche quella di Malachy Tallack.

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Fotografia header: Il grande Nord Malachy Tallack (foto di Paul Bloomer)

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