“I librai se lo sono meritato, dopo aver dimostrato resistenza e inventiva nel primo lockdown… Poi è inutile nascondersi, per molte librerie una nuova chiusura avrebbe significato non riaprire più”. Nicola Lagioia, scrittore e direttore del Salone del libro di Torino, intervistato da ilLibraio.it parla della scelta del governo di tenere aperti i negozi di libri – ritenuti essenziali – in tutte le regioni. E sottolinea: “Chi le frequenta ne è consapevole, le librerie non sono solo luoghi in cui si comprano libri, ma attorno ad esse si sviluppano vere comunità”. E parla del futuro della manifestazione che dirige: “Il settore degli eventi è stato massacrato dalla pandemia, e per ora non si intravede una ripresa. Ma stiamo lavorando per cercare di mettere il Salone al servizio dell’intera filiera del libro, se possibile già da questo Natale. Nel frattempo valuteremo la situazione in vista di maggio 2021…”

“È una buona notizia, per almeno quattro motivi”.

Nicola Lagioia, direttore del Salone del Libro di Torino, è reduce da un’altra giornata in giro per le librerie italiane. Da giorni, infatti, si reca a firmare copie del suo nuovo libro, La città dei vivi, dedicato all’insensato omicidio di Luca Varani, per poi fermarsi a parlare con libraie e librai e testimoniare sui social questi incontri fisici.

La “buona notizia” a cui fa riferimento lo scrittore pugliese, e da cui parte la nostra intervista, è la possibilità di restare aperti data dal nuovo decreto ai negozi di libri di tutta Italia. Del resto un nuovo lockdown sarebbe stato un colpo durissimo per l’intero settore, che ha sì saputo reagire al primo, recuperando nei mesi di riapertura buona parte delle grandi perdite accumulate nei mesi primaverili di chiusura, ma che difficilmente avrebbe potuto resistere a una seconda battuta d’arresto ravvicinata. Tra l’altro siamo ormai a novembre, e tradizionalmente le settimane che portano al Natale sono quelle più importanti per il mercato librario.

Lagioia, gli appelli di editori, librai e dello stesso Salone hanno sortito l’effetto sperato. Quali sono le quattro ragioni di soddisfazione a cui si riferisce?
“Finalmente nel nostro Paese il libro viene considerato un bene essenziale, e ciò non ha solo un valore simbolico, ma anche una ricaduta pratica per i negozi di libri che restano aperti ovunque. Certo, ora sarà importante che libraie e librai facciano rispettare le misure di sicurezza, ma nel giro delle librerie italiane che sto facendo in questi giorni, e che mi ha già portato a Torino, Milano e Roma, sto notando molta attenzione. Mi viene da dire che i librai se lo sono meritato, dopo aver dimostrato resistenza e inventiva nel primo lockdown, tra consegne a domicilio, dirette social e dialogo con i clienti attraverso nuove forme. Quindi penso sia stato giusto premiare questa passione. Poi è inutile nascondersi, per molte librerie una nuova chiusura avrebbe significato non riaprire più”.

Dalla politica è stato riconosciuto il ruolo culturale e sociale delle librerie.
“Vero, e vengo al secondo motivo. Chi le frequenta ne è consapevole, le librerie non sono solo luoghi in cui si comprano libri, ma spesso, attorno ad esse, si sviluppano vere comunità. Non mi riferisco solo alle librerie di quartiere, ma anche ad alcune librerie nei centri commerciali, che nel tempo sono diventate dei riferimenti. Un esempio in questo senso è la libreria Nuova Europa I Granai, a Roma. In un momento storico molto difficile, in cui si rischia la disgregazione sociale, le librerie svolgono un ruolo centrale anche da questo punto di vista, di tenute delle comunità”.

E veniamo al terzo motivo di soddisfazione.
“Non servono giri di parole, lo dicono i dati: una nuova chiusura avrebbe avuto come conseguenza un’ulteriore perdita di quote di mercato dei negozi fisici a vantaggio dei giganti dell’online. Sarebbe stato falsato il concetto stesso di concorrenza”.

Prima di allargare il discorso, chiudiamo con il quarto motivo. 
“Si diceva prima degli appelli. In questo caso il mondo del libro ha dimostrato compattezza: editori e librai grandi e piccoli, lo stesso Salone, hanno unito le forze e il governo ha ascoltato questa richiesta comune. I libri meritano questa centralità, e meriterebbero ancora più attenzione: se avessimo letto per tempo quanto scritto sui virus da David Quammen, avremmo preso coscienza con anticipo di quanto si è poi puntualmente verificato”.

Nel frattempo in Francia, dov’è tornato il lockdown, le librerie per ora restano chiuse e anche oltralpe non mancano appelli e proteste. Per una volta il nostro Paese si è dimostrato più sensibile e attento al libro…
“È vero, di solito guardiamo sempre alla Francia – e alla Germania – come ai paesi-faro per le politiche sul libro e la lettura… e spesso ci riferiamo con ammirazione al modello francese, ma questa volta a livello istituzionale l’Italia si è dimostrata un passo avanti. Non nascondo un po’ di orgoglio, ma non sono neppure troppo stupito: abbiamo sì meno lettori della Francia, ma anche l’Italia ha una grande tradizione editoriale. E poi chissà, presto magari oltralpe prenderanno esempio dalla scelta del nostro governo…”.

la città dei vivi lagioia

Torniamo a lei. Cosa l’ha spinta a visitare le librerie di diverse città nonostante la pandemia e l’impossibilità di incontrare i lettori?
“La verità è che sono innamorato delle librerie. Quando uscì La Ferocia (romanzo che nel 2015 ha vinto il premio Strega, ndr) feci un giro lunghissimo, che documentai in un reportage altrettanto lungo che pubblicò Internazionale con il titolo Giro d’Italia in ottanta librerie. In realtà allora visitai ben più di ottanta negozi…”

E stavolta?
“A causa dell’emergenza sanitaria i numeri si sono molto ridotti, ma ho voluto farlo comunque. Per un autore è sempre un’emozione varcare la soglia di una libreria, e trovare una testimonianza materiale del lavoro fatto, vedendo il proprio libro tra gli scaffali. E poi, in un periodo così difficile, fa bene al morale parlare con libraie e librai. Non a caso, terminato il firmacopie di turno, mi fermo a chiacchierare, e chiedo al libraio di consigliare a sua volta un altro libro. Mi faccio volentieri testimonial di romanzi e saggi altrui: i libri si aiutano tra loro, non si fanno concorrenza, è una delle regole non scritte della civiltà del libro”.

E così oggi sarà a Firenze…
“Poi andrò Napoli e poi ancora a Bologna. Nelle città mi muovo a piedi, un po’ alla Werner Herzog, per raggiungere queste oasi di bellezza nel bel mezzo della tempesta. Ci tengo a ribadirlo, ho sempre trovato librai scrupolosissimi nel rispettare le norme anti-Covid”.

Dal Lagioia scrittore al Lagioia direttore del Salone. Premesso che i contagi stanno aumentando, che la situazione della pandemia resta molto critica (non solo in Italia) e che dovremo convivere con l’emergenza ancora per diversi mesi, state valutando di rimandare l’edizione 2021, o di sviluppare la manifestazione online come nel maggio scorso?
“In realtà al momento stiamo lavorando per cercare di mettere il Salone al servizio dell’intera filiera del libro, se possibile già da questo Natale. Nel frattempo valuteremo la situazione in vista di maggio 2021. La scorsa primavera siamo stati tra le prime grandi manifestazioni a livello internazionale a portare online gli incontri. Ma l’emergenza purtroppo permane, e con il virus dovremo convivere”.

Quindi cosa avete in mente?
“Presto lo sveleremo. Al momento non possiamo fare eventi fisici, e non possiamo fare la fiera. Ma cercheremo comunque di dare una mano a un mondo, quello del libro, a cui siamo legatissimi, perché è importante essere solidali. Certo, nell’ambito delle nostre possibilità, e tenendo conto che il settore degli eventi è stato massacrato dalla pandemia, e che per ora non si intravede una ripresa. Per il Salone il 2020 è stato un anno di mancati incassi, ma nonostante questo abbiamo comunque dato un contributo alla promozione della lettura”.

Fotografia header: Nicola Lagioia

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