“In questi mesi abbiamo visto i giovani faticare, a volte soffrire, rischiare di scivolare in una solitudine di cui noi adulti dobbiamo farci carico. Eppure, anche durante una semplice ora di lezione, la bellezza è tornata ad accadere nelle domande di ragazzi che scoprono la realtà. Questo mi insegna che il tempo presente può farci soffrire, ma che il cuore dei ragazzi è più grande. E che su questo cuore possiamo scommettere tutto. E che forse è da questo che possiamo ricominciare…”. Su ilLibraio.it Maria Segato, all’esordio con il romanzo “Come fiori nel gelo notturno”, racconta il mondo della scuola, che lei frequenta come insegnante di italiano e che l’ha ispirata nella stesura di questa storia

Durante i mesi di scuola in didattica a distanza ho dialogato con i miei alunni su Dante. Abbiamo letto tutta la Vita nova, abbiamo ascoltato le paure e il buio profondo che Dante decide di affrontare mentre attraversa il suo personale inferno. Come spesso accade, la vertigine che accompagna le prime lezioni su Dante mi ha portata a interrogarmi sul senso del mio lavoro: quali sono le domande che Dante mi pone oggi? Perché vale la pena, nella crisi profonda che stiamo attraversando, incontrare l’esperienza di un uomo vissuto secoli fa? Con quale orizzonte di senso chiedo ai miei alunni di affrontare la fatica dello studio? Quanto emerso nel cammino di questi mesi mi ha insegnato, ancora una volta, che gli autori che tentiamo di insegnare sono una bellezza che ci aspetta per porci le domande più vere, per risvegliare in noi la nostalgia di vivere i desideri infiniti che abitano il cuore.

Anche se attraverso uno schermo, abbiamo iniziato a parlare del dolore di Dante, della durezza con cui la vita lo sottopone a progressive privazioni: Beatrice prima gli toglierà il saluto, poi, ancora giovanissima, lascerà la vita su questa terra. Decidendo di attraversare tutto questo, decidendo di combattere la sua “guerra” della vita, Dante vive un’esperienza così grande da sembrare quasi impossibile: dice di soffrire come non mai e di rinascere, al punto da voler dedicare il resto dei suoi giorni a scrivere ciò che mai era stato detto di una donna. E lo dice senza averla mai “posseduta”, e lo dice dopo averla apparentemente perduta per sempre. Dante piange mentre scopre che esiste un amore più grande, che misteriosamente può riempire il cuore anche nel dolore: amare l’altro nonostante tutto, affermare la sua bellezza senza pretendere nulla in cambio.

Mentre guardavo, giorno dopo giorno, i piccoli rettangoli sullo schermo riempirsi di quella dolce e infiammata attesa che abita gli occhi di ogni adolescente, ho visto la letteratura accadere nelle domande che Dante non si stanca mai di sollevare. Durante il lavoro ci siamo chiesti se sia possibile vivere un amore che ci accompagni a cercare un senso nella vita anche quando tutto va male. Ci siamo chiesti se esista un amore più grande della morte, un amore che possa abbracciare anche il dolore e compiersi nell’eterno. Siamo stati di fronte al fatto che nella Commedia la verità è vissuta solo nell’amore: Beatrice dal paradiso scende all’inferno perché si commuove per l’infelicità di Dante, e cerca così di salvarlo. Il Cielo rompe le sue leggi e lascia che Beatrice corra da Virgilio per cercare Dante, ormai smarrito. Il lavoro condiviso con i ragazzi mi ha rimessa di fronte al fatto che amare è muoversi per salvare: amare l’altro nel suo inferno commuovendosi per il suo desiderio di felicità.

In questi mesi abbiamo visto i giovani faticare, a volte soffrire, rischiare di scivolare in una solitudine di cui noi adulti dobbiamo farci carico. Eppure, anche durante una semplice ora di lezione, la bellezza è tornata ad accadere nelle domande di ragazzi che scoprono la realtà. Questo mi insegna che il tempo presente può farci soffrire, ma che il cuore dei ragazzi è più grande. E che su questo cuore possiamo scommettere tutto. E che forse è da questo che possiamo ricominciare.

Questa è la domanda da cui è nato Come fiori nel gelo notturno: la curiosità di scoprire perché è possibile ricominciare anche quando la vita fa soffrire. Ho cercato di vivere questa domanda seguendo i miei personaggi dentro la vita che conosco e che vivo, la vita della scuola. Un libro non potrà mai risolvere una domanda, tantomeno dare una risposta, che può solo essere incontrata fra le vite degli uomini; la scrittura può però aiutare ad abitare le proprie domande. E così è nata Iris, ferita dalla vita ma in cerca di un amore che dia un senso alle cose; e così è nato Manfredi, un ragazzo in attesa di qualcosa che gli permetta di vivere l’abisso e la grandezza del cuore.

Questo romanzo è semplicemente una storia di relazioni, e da questo nasce lo stile dialogico che lo caratterizza, perché credo che la salvezza non sia fatta di eroi individuali ma di una catena di relazioni che incarnano un amore più grande, un amore da conoscere e scoprire in un cammino. Tra le pagine si incontrano adulti diversi, tutti abitati dalle loro fragilità, come ciascuno di noi. Eppure, fra loro, c’è chi i ragazzi li incontra perché impara ad ascoltare le loro domande per lasciarsi cambiare, per scoprire qualcosa che ancora non sa, e così restare vivo.

Riguardare i personaggi durante le ultime riletture mi ha permesso di capire che non sono solo gli adulti a indirizzare i ragazzi: sono soprattutto i ragazzi a educare chi li circonda attraverso le loro domande. Sono gli adolescenti a sfidarci con le loro inquietudini, alle volte con la loro rabbia, e a far sì che la vita torni finalmente a interrogarsi. Ai più grandi spetta il compito di abbracciare quelle stesse domande come il bene più prezioso, facendosi compagni di cammino, in una strada che ancora non si conosce, alla ricerca di un senso che abbia a che fare con l’amore.

maria segato

IL LIBRO E L’AUTRICE – Come fiori nel  gelo notturno (HarperCollins) dell’esordiente Maria Segato (nella foto di Laura Minotto, ndr) è un romanzo di formazione con echi danteschi, che racconta come l’amore sia capace di far superare anche i dolori più profondi, e come la bellezza sia un’arma potente contro la solitudine.

Iris ha sedici anni, tante insufficienze a scuola e una continua ribellione incollata addosso. Vive col padre, un uomo buono ma stanco, che non sempre riesce a far tornare tutto. Così, Iris trascorre le giornate naufragando tra i sogni e le domande che ogni adolescente porta con sé.

Ma i suoi silenzi iniziano a frantumarsi grazie a Manfredi, un ragazzo buono e dolce, amante della musica e della bellezza, ma dimenticato a casa, dove i suoi genitori, severi e assenti, lo danno per acquisito. Manfredi è l’amore che Iris non può vivere, l’amico che non si stanca di attenderla sulla collina del silenzio, un posto solo loro da dove si può cercare il cielo. E poi c’è Chiara, una giovanissima supplente di italiano. Agli occhi di Iris Chiara è la solita professoressa, piena di parole e vuota di domande. Ma Chiara scorge in Iris un talento nascosto e il riflesso di un dolore conosciuto…

Il libro è ispirato all’esperienza di insegnante di lettere alle scuole superiori dell’autrice, laureata in lettere a Firenze e poi a Milano, ha frequentato un dottorato di ricerca all’università di Padova. Attualmente insegna in un liceo linguistico e scientifico, e Dove cade il silenzio è il suo primo romanzo.

Fotografia header: foto di Laura Minotto

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