“Il ritorno di Dafne nella letteratura contemporanea sembra riportare alla luce conoscenze che forse un tempo possedevamo e che abbiamo dimenticato…”. Raffaele Cataldo, all’esordio con il romanzo “Di me non sai”, su ilLibraio.it riflette sull’archetipo della donna-albero nella letteratura contemporanea, ispirato da “La vegetariana” di Han Kang, “Crisalide” di Anna Metcalfe e “Come sono diventata un albero” di Sumana Roy: “L’idea di una donna-pianta prolifera nell’immaginario di ogni epoca e luogo…”

La serie Netflix Tuca & Bertie, creata da Lisa Hanawalt (già disegnatrice di BoJack Horseman), è ambientata in un bizzarro mondo panistico dove gli oggetti si animano e gli animali e le piante hanno spesso sembianze antropomorfe. Le protagoniste della serie sono due donne-uccello, una tucana e una tordella, diversissime per carattere ma unite da una grande amicizia.

Nello stesso condominio di Tuca e Bertie vive anche Draca, che invece è per metà donna e per metà pianta d’appartamento (una Dracaena Fragrans). È un personaggio muto ― non ha letteralmente la bocca ― eppure Draca comunica con la sua sola presenza, emana un’aura di coolness e fascinosa distanza che Bertie e Tuca guardano con ammirazione, come un modello a cui aspirare (“Ricordi quando ti ho prestato lo zucchero e tu hai smosso le foglie in modo misterioso? È stato un bellissimo momento, davvero!”). Draca è quella che sui social verrebbe chiamata “madre” e che un tempo si sarebbe chiamata “diva” o “guru”.

L’idea di una donna-pianta non è un’invenzione di Netflix: prolifera nell’immaginario di ogni epoca e luogo. Narrazioni potentissime e immortali, alcuni miti in determinati periodi storici sono più vitali di altri: vengono “risvegliati” per rispondere a una particolare esigenza del momento.

Se c’è un mito che oggi è tornato con insistenza a generare nuove storie è sicuramente quello di Dafne.

Tutti conosciamo la ninfa che si trasforma in albero per sfuggire al desiderio opprimente di un dio. La sua storia rappresenta una fuga in extremis dallo sguardo maschile, dalla violenza di una società patriarcale che ― come Apollo ― vorrebbe reclamare il possesso della donna.

Quello di Dafne è un mito che, oggi più che mai, genera domande.

Dafne sarà felice nel suo nuovo stato arboreo? L’immobilità, il silenzio e la passività di un albero sono davvero una condizione preferibile, se non proprio un lifestyle da adottare?

Il mito di Dafne ci mette di fronte ai nostri preconcetti, sia sul corpo femminile che sulla vita vegetale.

La vegetariana di Han Kang

La vegetariana di Han Kang

In una delle sue interpretazioni più recenti e radicali, Dafne è una ragazza coreana. Parlo della protagonista de La vegetariana di Han Kang (Adelphi, traduzione di Milena Zemira Ciccimarra), romanzo vincitore del Booker Prize nel 2016. Dopo un incubo, Yeong-hye decide improvvisamente di smettere di mangiare carne. Tanto più gli uomini della famiglia ― il marito, il fratellastro, il padre ― diventano ostili e violenti verso di lei, tanto più le scelte di Yeong-hye si estremizzano, finché la donna decide di nutrirsi solo di acqua e luce solare, identificandosi totalmente con un albero. Il suo è un suicidio a rallentatore, una reazione radicale al trauma di una vita e di una società controllata dall’uomo. Quando le fanno notare che se continuerà a non mangiare andrà incontro alla morte, Yeong-hye risponde con una provocazione: “Perché, è così terribile morire?”.

Crisalide di Anna Metcalfe

Crisalide di Anna Metcalfe

Crisalide, l’esordio di Anna Metcalfe, (NNE, traduzione di Ada Arduini), si ispira dichiaratamente a La vegetariana, e racconta un’altra incarnazione di Dafne in modo assolutamente contemporaneo e originale.

Per riprendere possesso di se stessa dopo una relazione tossica, la protagonista ― che resterà senza nome ― sceglie di ritirarsi gradualmente dalla società. L’unico mezzo con cui comunica con il mondo esterno sono brevi video sui social, in cui si mostra mentre medita, sola in mezzo alla natura, immobile come un albero. La sua storia viene raccontata da tre personaggi che ne sono magnetizzati ma che non riescono a capirla fino in fondo. Tutto quello che possono fare è contemplare il suo mistero, unirsi al numero sempre più impressionante dei follower che la osservano nel suo auto-isolamento.

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Come sono diventata un albero di Sumana Roy

Come sono diventata un albero di Sumana Roy

Se i romanzi di Han Kang e Anna Metcalfe sono opere di fantasia, il bisogno che raccontano è però estremamente reale. Le riflessioni di Sumana Roy, contenute nel saggio-memoir Come sono diventata un albero (Aboca, traduzione di Gioia Guerzoni) mostrano una via più praticabile ― ma non meno provocatoria ― per mettere in discussione il nostro stile di vita ed educare il nostro sguardo, guardando alle piante come modello.

Come dimostrano i più recenti studi di neuro-botanica, tra cui quelli del professor Stefano Mancuso, per troppo tempo siamo stati ciechi di fronte alle piante e alle loro virtù. Diamo per scontata la loro generosità quando ci offrono ossigeno e un fresco riparo dal sole, e ignoriamo come siano creature forti e anche sagge, che per prosperare hanno imparato a decentralizzare: respirano con tutto il corpo, sentono con tutto il corpo; sono organismi olistici.

Le piante, inoltre, sono creature sociali: creano vere e proprie colonie, comunicano tra loro rilasciando messaggi chimici e si scambiano impulsi attraverso reti di funghi.

Sumana Roy ci mostra come il nostro sguardo non sia solo viziato dal sessismo, ma anche dall’indifferenza rispetto alla vita vegetale. La società patriarcale “non vede” le piante così come “non vede” la donna. Roy sottolinea come la donna venga paragonata sì spesso alle piante, ma solo per le qualità negative o più superficiali: la bellezza, la fragilità, la passività, l’immobilità (basti pensare ai molti nomi di donna d’ispirazione floreale, come Rosa, Margherita o Jasmine). Roy si riappropria di questo antico paragone, fondamentalmente sessista, e lo ribalta, lo risemantizza. La donna può essere come una pianta: cioè forte come una pianta, saggia come una pianta, solidale e generosa come una pianta.

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Come ricorda Sumana Roy, la parola tree, “albero”, nasce dalla stessa radice di truth, “verità”. Il ritorno di Dafne nella letteratura contemporanea sembra riportare alla luce conoscenze che forse un tempo possedevamo e che abbiamo dimenticato. Con le loro storie, personaggi e pensieri, Kang, Metcalfe e Roy dimostrano quanto sia grande ancora il potere rivoluzionario dei miti e quanto gli alberi possano essere sorgenti d’ispirazione, per la letteratura e per la nostra esistenza.

Di me non sai di Raffaele Cataldo, (Accento)

L’AUTORE E IL LIBRO – Raffaele Cataldo è nato nel 1991 in Puglia. Si è laureato in Lingue e Letterature Moderne a Bari e ha frequentato la Scuola Holden a Torino, dove vive.

Di me non sai, il suo primo romanzo, in libreria per Accento edizioni, racconta la storia tra Lucio e Davide: Lucio si innamora “del ragazzo” ancora prima di conoscerlo: gli basta osservarlo dalla finestra del suo ufficio, mentre aspetta il treno diretto a Scappagrano, per ossessionarsi. Quando inizia a frequentarlo scopre che ha un nome, Davide, che è ben più giovane di lui (sta ancora studiando), e che ha amato un uomo sparito nel nulla, Lorenzo. Per due mesi Lucio e Davide cenano insieme, fanno sesso, vanno al mare, spesso dormono a casa di Lucio. Davide invece non si innamora.

Continua a cercare Lorenzo, di cui conserva solo una foto pixellata sul cellulare; fa sesso con sconosciuti in mezzo ai campi in cambio informazioni su di lui. Di Lucio non sopporta la saliva, i baci, le mani pronte a frugarlo la notte; si accoccola nella quotidianità di una Coca-Cola pronta per lui in frigorifero, nelle gite in spiagge isolate. Quando si stufa, inizia a eclissarsi. Di me non sai racconta una relazione vissuta in modo opposto, incompatibile, la cui natura si disvela al lettore solo con lo scorrere del romanzo.

Alternando i punti di vista dei due protagonisti in capitoli brevi, a volte brevissimi, Cataldo mostra il disallineamento dei sentimenti e le conseguenze dolorose che può avere, la lentezza delle estati calde pugliesi, e gli amori ossessivi (presenti e assenti) che come i semi d’avena infestante si attaccano a capelli, scarpe e vestiti.

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Fotografia header: Un dettaglio della statua di Gian Lorenzo Bernini Apollo e Dafne collezione Bettman via GettyImages

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