Nel libro “Genio e Inchiostro” sono raccolte le recensioni che Virginia Woolf pubblicò in forma anonima sulla rivista “Times Literary Supplement”. Una serie di saggi e interventi che ci offrono uno scorcio del pensiero che sta alla base delle opere di narrativa dell’autrice britannica e dello spirito curioso e femminista di “Una stanza tutta per sé” – Su ilLibraio.it un estratto, dedicato alle lettere di Henry James

Per più di un secolo il Times Literary Supplement – nato nel 1902 come supplemento letterario del Times e, dopo la seconda guerra mondiale, diventato indipendente – ha pubblicato alcuni dei più grandi scrittori, da T. S. Eliot a Henry James e Sylvia Plath, fino a Julian Barnes, Hanif Kureishi e Eimear McBride.

Ma una delle voci più rappresentative della rivista nei suoi primi anni di vita fu senz’altro Virginia Woolf. Dopo la pubblicazione dell’antologia delle lettere tra l’autrice e l’amico fraterno Lytton Strachey, Ti basta l’Atlantico? (nottetempo, traduzione di Chiara Valerio), continua la riscoperta della grande scrittrice britannica. Esce infatti per HarperCollins Italia, con una prefazione di Ali Smith, il libro Genio e Inchiostro, in cui sono raccolte le recensioni che Woolf pubblicò in forma anonima, dalle quali emerge tutta la sua genialità, il suo intrepido umorismo e la sua raffinata intelligenza.

genio e inchiostro

Leggerle adesso, in questo XXI secolo caratterizzato dall’eccessiva velocità dell’informazione, dalle fake news e dalle opinioni espresse in modo immediato, significa avere di fronte un modello alternativo di informazione, basato sulla competenza, sull’apertura e profondità di pensiero, sulla lentezza necessaria a discutere pienamente di un argomento.

Per questo la casa editrice ha deciso di dare avvio a una collana per riprendere i saggi pubblicati ieri e oggi dal Times Literary Supplement, a volte ampliandoli e sviluppandoli, e offrendoli ai lettori sotto la veste di un libro, in modo da riuscire a raggiungere un pubblico nuovo.

La spiazzante “landa selvaggia” della commedia elisabettiana, il piacere di riscoprire i propri romanzi preferiti, gli esempi supremi di Charlotte Brontë, George Eliot, Thomas Hardy e Joseph Conrad: è tutto qui, in questi saggi che ci offrono uno scorcio del pensiero che sta alla base delle opere di narrativa di Virginia Woolf e dello spirito curioso e femminista di Una stanza tutta per sé. In queste pagine c’è tutta la Virginia Woolf lettrice, il cui entusiasmo per la grande letteratura è ancor oggi palpabile e di grande ispirazione.

Per gentile concessione dell’editore, su ilLibraio.it un estratto:

Le lettere di Henry James

Chi, appena uscito dalla penombra della cattedrale, con il brontolio e il rimbombo dell’organo ancora nelle orecchie, con la mano a fare ombra sugli occhi per meglio osservare le sottigliezze dell’intaglio o la ricchezza del marmo lì nascoste, riesce ad affrontare il movimento della strada e a sintetizzare le proprie impressioni all’istante, a restituirle con vivacità? Come sceglierle?

Come formularle? Come osate pronunciare una qualsivoglia opinione su di me, ci sembra di sentire Henry James domandarci in tono severo? Sulle prime cerchiamo la protezione di una qualche figura capace di suggerire, mentre ancora annaspiamo abbagliati, che il nostro gesto finale è un’esclamazione più che un’interpretazione. A calmarci e infonderci coraggio sopraggiunge allora la consapevolezza che Henry James dà la propria benedizione al nostro tentativo, per quanto ai suoi occhi sia destinato a fallire.

A prescindere dalle modalità, il rinnovamento della vita, avvenga esso sulle labbra, nelle menti, qui a Londra, tra inglesi, riceverebbe da James il più generoso riconoscimento; e con compiacimento regale, ammetterebbe che le nostre attività non potrebbero trovare applicazione migliore. E non veniamo lasciati a brancolare senza una guida.
Non è facile trovare chi svolga un compito altrettanto difficile meglio di come fa Percy Lubbock nella sua introduzione e nei paragrafi di raccordo. Ci sembra, non solo prima di aver letto le lettere ma anche dopo, che le linee interpretative da lui proposte siano quelle giuste. Finiscono – è lui il primo a dichiararlo – nelle tenebre; ma, qualunque grado essa abbia raggiunto, la nostra comprensione delle cose difficili viene corroborata e indirizzata dal suo saggio, frutto di una riflessione intima.

Il suo intervento è sempre illuminante.

Bisogna ammettere che nei primi capitoli queste osservazioni non sembrano scaturire da qualcosa di particolarmente astruso. Se mai un giovane americano si è dimostrato capace di offrire un resoconto chiaro e composto delle proprie esperienze in Europa durante gli anni Settanta del secolo scorso, quel giovane americano è Henry James. Racconta ciò che ha visto e fatto, le cene, gli incontri, le visite nelle dimore di campagna, è un ospite troppo educato per mostrarsi sorpreso anche quando lo è. Era molto più probabile che un «americano cosmopolitanizzato», come si definisce lui stesso, trovasse simili cose noiose anziché sorprendenti, che affondasse negli abissi della civiltà inglese come in un morbido letto di piume che concilia il sonno, che infonde calore e sicurezza anziché sensazioni forti. Henry James, naturalmente, era troppo occupato a registrare impressioni per addormentarsi; sembra solo che nel primo periodo non abbia mai fatto nulla, né incontrato nessuno che stimolasse in lui qualcosa di diverso dall’umore gaio e frizzante che sfoggiava con gran facilità e divertimento nelle lettere che scriveva a casa. Eppure andava ovunque; incontrava tutti, come testimonia la spruzzata di nomi eccellenti e grandi occasioni.

Basterà un solo esempio: Ieri ho cenato con Lord Houghton – presenti Gladstone, Tennyson, il dottor Schliemann (che sta conducendo scavi a Micene e compagnia), e cinque altri esponenti dell’«alta cultura». Tra me e il Bardo sedeva una sola persona, e ho ascoltato gran parte della sua conversazione, tutta sul Porto e il tabacco; sembra saperla lunga in proposito, ed è capace di bere una bottiglia intera di Porto senza batter ciglio. Ha la carnagione scura, è emaciato, e a prima vista è molto meno bello che in foto: ma poi si capisce che ha il volto di un genio. Ha un non so che di semplice, uno strano accento di campagna e in generale sembra una creatura appartenente a qualche schiatta inglese primordiale, lontano anni luce dalle fattezze americane. Immaginatemi, dopo cena, in amena conversazione con Gladstone – e non l’ho cercato io, è stato un intervento assai improvvido di Lord H. Ma sono stato felice di avere la possibilità di sentire la «personalità» di un grande leader politico – o, per come ormai lo considerano qui, credo anche i suoi stessi sostenitori, ex leader. Quella di Gladstone è decisamente affascinante – è un uomo di estrema urbanità, ha gli occhi di una persona di genio – e la sua apparente dedizione alla conversazione è impeccabile. Mi ha fatto un’ottima impressione – migliore di quella di chiunque
altro abbia incontrato qui: ma forse ciò è dovuto alla mia ingenuità, e alla mia scarsa familiarità con gli uomini di stato…

E così via, fino alla regata Oxford-Cambridge. L’impressione è restituita con abilità e brillantezza; forse a mancarci è un elemento di resistenza, a conferma che la mente ricettiva non è solo uno schermo bianco. Il
commento migliore giunge poco dopo. «Imparare a scrivere è già qualcosa.» Se consideriamo molte di quelle pagine giovanili come gli esperimenti nell’arte della scrittura di chi ha un gusto di livello altissimo, che prima di cimentarsi nelle cose più grandi deve avere il massimo dominio di quelle più piccole, capiremo che la loro perfezione è di quella natura inespressiva che spesso precede la maturità.

James dice tutto ciò che i suoi mezzi gli permettono. Inoltre si rivolge già, come molti bravi scrittori di lettere imparano a fare, non a un individuo ma a un consesso di eletti. «Credo che l’essenza stessa di una buona lettera sia essere mostrata» scrive; «va sprecata, se riservata a una sola persona… Vi do il permesso di leggere le mie ad alta voce durante le vostre serate!» Quindi, se ci asteniamo dal citare, non è perché manchino brani di qualità. Tuttavia, malgrado il fascino, l’intelligenza e l’equilibrio della sua scrittura sugli argomenti più diversi, si fa strada in noi l’idea che la sua mente sia altrove, e finiamo per risentircene. Non sono le cene – centosette in una sola stagione – né le signore e i signori, nemmeno i Tennyson e i Gladstone a interessarlo davvero; lo spettacolo si consuma davanti ai suoi occhi in una pioggia incessante di impressioni; eppure, mentre vi assistiamo, restiamo in attesa di un indizio, del segreto che tutto spiega.

© 2019 Times Literary Supplement. First published in Great Britain in 2019 byTLS Books, An Imprintof HarperCollins Publishers © 2021 HarperCollins Italia S.p.A., Milano

(continua in libreria…)

Fotografia header: Foto di copertina scaricata da Getty, Luglio, 2021

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