“Con questo libro per bambini ho provato la stessa euforia dell’incoscienza che provai con il primo romanzo, e forse avevo bisogno proprio di questo, dopo ‘Le assaggiatrici’…”. In occasione dell’uscita di “Tutti giù per aria”, Rosella Postorino racconta a ilLibraio.it com’è stato scrivere la sua prima storia per ragazzi. E parla del suo approccio alla letteratura: “Non ho nulla da insegnare a nessuno. Mi interrogo, come tutti. Annaspo, come tutti. Sono piena di ossessioni, come tutti. La mia maniera per provare a indagare il mondo e me stessa è la scrittura, che consente di scavare nelle contraddizioni senza doverle risolvere”. Spazio, inoltre, all’impatto che ha avuto il successo internazionale del romanzo precedente, che ha vinto il premio Campiello e che diventerà un film. Nell’intervista parla anche del suo ruolo di editor: “Mi dà molta adrenalina e, a differenza della scrittura, è un lavoro di squadra e di relazioni”

Vincitrice del Premio Campiello 2018, Rosella Postorino (nella foto di Marco Rapaccini, ndr) torna in libreria, dopo il successo de Le Assaggiatrici, con un romanzo per ragazzi, Tutti giù per aria (Salani).

L’autrice, calabrese, classe ’78, racconta la storia di Tina, una bambina che non è molto simpatica ai suoi compagni di classe. Sarà perché è un po’ perfettina, sarà perché ha tutti i quaderni senza orecchie, perché non esce mai fuori dai margini mentre colora, sarà forse perché non si sporca mai di sugo quando mangia. Insomma, si sa, per i bambini la perfezione non è divertente, non fa ridere nessuno. E così la piccola, che fa sempre tutto bene – e quello che non sa fare bene preferisce non farlo -, si ritrova da sola, senza amici.

Poi un giorno per sbaglio accade che Tina finisce in un fiume e viene trascinata dall’acqua finché una donna, su una mongolfiera rossa e verde come un’anguria, non arriva a soccorrerla. Per la bambina da questo momento comincia un viaggio alla scoperta di una galleria di personaggi bizzarri e sopra le righe, come la scatenata Gianna Baloon, o come i dolci GiangiBrezzolino, due parrucchieri che acconciano i bambini con un irresistibile look al carciofo e che insegnano loro che una testa serve prima di tutto per essere coccolata. Un repertorio matto, stravagante ed eccentrico che porta il lettore in un nuovo mondo delle meraviglie, attraverso gli occhi di una protagonista che, grazie all’aiuto degli altri, impara che i difetti e i limiti esistono per tutti e che, a volte, possono essere accettati e superati.

ilLibraio.it ne ha parlato con l’autrice.

tutti giù per aria

Cosa l’ha spinta a scrivere la sua prima storia per ragazzi?
“Ho sempre immaginato che prima o poi l’avrei scritta. La storia di Tutti giù per aria nasce da alcuni disegni che avevo fatto sul quaderno in cui prendevo appunti per il mio secondo romanzo, ormai più di dieci anni fa; in particolare ricordo bene lo schizzo che rappresentava Gianna Baloon, la donna-mongolfiera. Avevo in mente questa storia sui difetti e sulla paura di non essere accettati – in fondo, anche i miei personaggi per adulti sono pieni di paure – e a un certo punto, quasi come se fosse un gioco con me stessa, ho deciso di provare a scriverla”.

Come cambia il suo approccio alla scrittura quando si rivolge a un pubblico di adolescenti?
“È stato molto più giocoso, come dicevo. Poi, c’è la stessa incoscienza di quando scrivi il primo romanzo, che è irripetibile con i successivi, perché solo la prima volta hai la sensazione di inoltrarti in un territorio completamente ignoto, e non sai se ti perderai, se ne uscirai e come. Un po’ mi capita con tutti i libri che scrivo: non conosco mai la storia dall’inizio alla fine, ed è per questo che scrivo, per vedere dove mi porterà. Però, se hai già scritto un romanzo, sai che cosa significa farlo. Ecco, con il libro per bambini ho provato la stessa euforia dell’incoscienza che provai con il primo romanzo, e forse avevo bisogno di questo, dopo Le assaggiatrici.

Cioè?
“Una specie di verginità. Nessuno si aspetta il tuo primo romanzo: è una cosa che riguarda solo te, per molto tempo è un rapporto esclusivo fra te e la tua scrittura, che dopo l’esordio non è più possibile, non con quella purezza; se ci pensi, rintanarsi ore in casa per scrivere una storia che non sai se nessuno mai leggerà è un gesto quasi assurdo. Nessuno stava aspettando una mia storia per bambini e credo sia per questo che è arrivata”.

A proposito, alcuni scrittori per l’infanzia dicono che non esistono libri solo per bambini. La sua storia è destinata anche agli adulti?
“Io leggo spesso libri per bambini o albi illustrati, colleziono manga e a volte mi alzo presto apposta per vedere i cartoni animati per i quali avevo una dipendenza nell’infanzia. Quindi direi che la storia di Tina può essere destinata agli adulti tipo me, ma è assolutamente una storia per bambini”.

Oggi si parla molto delle narrazioni che vedono come protagoniste “bambine ribelli”. Come definirebbe la piccola Tina di Tutti giù per aria?
“Non la considero una bambina ribelle: è una bambina che tiene il punto, magari, ma lo fa per ansia di controllo, per paura di sbagliare. Tina è soprattutto una bambina preoccupata del giudizio altrui. Molte mamme mi hanno detto: mio figlio è esattamente così, vuole fare solo le cose che sa fare! Ma questa difficoltà ad accettarsi, questa rinuncia a forme di felicità o di relazione per evitare il confronto con i nostri limiti o con il confine che ci avvicina a e nello stesso tempo ci separa dagli altri – una delle cose più difficili da imparare – mi sembra una nevrosi anche molto adulta. Inutile dire che Tina mi somiglia, non solo perché come lei io ero veramente scarsa a pallavolo (se sei la più bassa della classe, come ti viene in mente di iscriverti a pallavolo?, mi domando oggi), ma anche perché teme se stessa in mezzo agli altri, sebbene dagli altri sia tremendamente attratta”.

Nel corso della narrazione Tina conosce tanti personaggi bizzarri, un po’ come Alice nel Paese delle meraviglie. Il libro di Lewis Carroll è tra i suoi riferimenti?
“Certo. Infatti, quando ho scoperto che questo mondo di freaks che popolavano il mio quaderno sarebbe stato raggiunto accidentalmente da una bambina, l’ho riletto. Ho subito saputo che Tina sarebbe arrivata nel Paese degli Scarti scivolando giù da una cascata. Da piccola non sognavo altro: scoprire un altrove nascosto atterrando da una cascata”.

Ci sono stati altri autori per ragazzi che l’hanno ispirata?
“Gianni Rodari, che amavo moltissimo alle elementari. Ho ancora in mente la pagina di sussidiario in cui c’era la poesia Un bambino al mare, per quanto mi colpì la mattina in cui la lessi. Non è un caso che in Tutti giù per aria ci siano tre filastrocche”.

Secondo lei la letteratura per l’infanzia (e la letteratura in generale) deve sempre veicolare un insegnamento, una morale?
“Io non ho nulla da insegnare a nessuno. Mi interrogo, come tutti. Annaspo, come tutti. Sono piena di ossessioni, come tutti. La mia maniera per provare a indagare il mondo e me stessa è la scrittura, che consente di scavare nelle contraddizioni senza doverle risolvere. Di solito i miei personaggi non imparano nulla che li porti a stare meglio, se mai trovano un modo per sopravvivere. Con Tina però è diverso. Lei è una bambina, e io so che certe paure che si hanno da bambini si possono superare, semplicemente perché mi è successo. Poi lasceranno il posto ad altre paure, per carità, ma la storia per fortuna finisce prima”.

Le assaggiatrici è piaciuto molto all’estero, in particolare in Francia: come si spiega il successo di critica e pubblico che il suo romanzo ha avuto Oltralpe? 
“Perché dovrei spiegarmelo? È accaduto, ed è meraviglioso. Di solito uno cerca di spiegarsi il perché delle disgrazie, non delle benedizioni. Quelle può prenderle così come vengono, con un senso di gratitudine, e continuare a rimuginare come al solito sul resto”.

Lei è anche editor, per Stile Libero di Einaudi. Il grande successo de Le assaggiatrici ha in qualche modo influenzato il suo lavoro in casa editrice e l’approccio alla sua attività editoriale?
“Ho continuato a fare esattamente come prima un mestiere che mi dà molta adrenalina e che, a differenza della scrittura, un gesto per me del tutto solitario e un po’ misterioso, è un lavoro di squadra e di relazioni”.

Parliamo dell’adattamento cinematografico del film tratto da Le Assaggiatrici, che sarà diretto da Cristina Comencini. È coinvolta anche lei nella scrittura della sceneggiatura? Quali sono le sue aspettative? E i suoi timori?
“Per il momento è tutto ancora da decidere, e il cinema è una macchina estremamente complessa, che non conosco da vicino. Quindi sono molto curiosa, per ora mi lascio prendere da quest’altra euforia”.  

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