“In una sede i figli dell’alta borghesia, nell’altra i ceti bassi”: fa discutere la presentazione online di una scuola pubblica di Roma. Il commento di Enrico Galiano, insegnante e scrittore: “Mi auguro che i docenti sappiano usare per il figlio del disoccupato e per quello dell’avvocato lo stesso identico metro” – L’intervento

C’è questa homepage di una scuola di Roma che sta girando molto in queste ore (ecco la cronaca di Repubblica.it, ndr), con grancasse di indignazione e singulti di sdegno – sacrosanti, aggiungerei.

In pratica, seguendo le indicazioni del Ministero su come compilare un Ptof (Piano dell’offerta formativa, ndr) in modo “un po’ personale”, questo Istituto ha inserito alla voce “Analisi del contesto e bisogni del territorio”: “La sede di via Trionfale e il plesso di via Taverna accolgono alunni appartenenti a famiglie del ceto medio-alto, mentre il plesso di via Assarotti accoglie alunni di estrazione sociale medio-bassa”. Ma il meglio, come diceva Ligabue, deve ancora venire: qualche riga più sotto si legge che uno dei plessi dell’Istituto “conta tra gli iscritti il maggior numero di alunni con cittadinanza non italiana”, mentre un altro, quello in via Cortina d’Ampezzo, “accoglie prevalentemente alunni appartenenti a famiglie dell’alta borghesia assieme ai figli dei lavoratori dipendenti occupati presso queste famiglie (colf, badanti, autisti, e simili)”.

Ovvio che leggere certe cose ti lascia lì con gli occhi spalancati a chiederti: “Dai, non lo possono aver scritto davvero!”, ma forse un merito questo Istituto ce l’ha: aver messo nero su bianco e in bella evidenza qualcosa che in molti sanno e che nessuno dice. E cioè che sì: la scuola italiana è classista. E pure tanto.

Qualche numero? Meno di un diplomato su dieci del Liceo Classico è figlio di operai. Metà vengono dalla classe elevata. Un altro terzo da impiegati di buon livello. Solo il 7% di loro viene da genitori che non hanno fatto a loro volta un liceo.

Tradotto? In questo paese i figli di operai vanno a fare gli operai, i figli di professionisti vanno a fare i professionisti.

Senza contare tutti gli abbandoni, con un tasso di dispersione scolastica fra i peggiori d’Europa.

Don Milani diceva che la scuola italiana “è un ospedale che cura i sani e respinge i malati”, ma lo diceva nel 1967: eppure è una frase che sembra scritta oggi.

C’è stato forse un tempo in cui i genitori vedevano nella scuola uno strumento per spezzare le proprie catene, o almeno quelle dei propri figli. Un modo per dare loro un futuro diverso. Una possibilità. Ma oggi? Oggi sembra quasi che una nuvola nera di rassegnazione stia lì a fare un po’ più cupo il cielo delle famiglie di chi arriva dal basso.

Come a dire: se arrivi da lì, ci resterai. Nella vita potrai solo volare basso.

Al tempo stesso, chi è abituato a stare in alto vuole essere sicuro di mettere i propri figli con i loro pari: non sia mai che si mescolino con la plebe! E appaiono piuttosto puerili le giustificazioni dell’Istituto che dice di aver seguito la traccia del Miur nella compilazione del Ptof: perché si sa che quello è un documento che si scrive per i genitori, una lettera di presentazione il cui scopo è indirizzarli meglio nella scelta.

Direi che se l’intento era quello di formare istituti dove i ricchi stanno coi ricchi e i poveri coi poveri, be’, ottimo lavoro, ci siete riusciti alla grande.

Ho solo un augurio, per il futuro: che là fuori ci siano sempre più insegnanti che non ci stanno. Che sappiano usare per il figlio del disoccupato e per quello dell’avvocato lo stesso identico metro. Che ancora ci credano che la scuola sia l’unico modo per uscire dalle melme della rassegnazione, e che impariamo tutti insieme a fare quello che davvero dovremmo fare: essere un ospedale che cura i malati, rinforza i sani, e soprattutto dove sono tutti uguali.

 

L’AUTORE – Enrico Galiano sa come parlare ai ragazzi. In classe come sui social, dove è molto seguito. Insegnante e scrittore classe ’77, Galiano, dopo il successo dei romanzi Eppure cadiamo feliciTutta la vita che vuoi e  Più forte di ogni addio, torna in libreria, sempre per Garzanti, con un libro molto particolare: Basta un attimo per tornare bambini (in uscita il 7 novembre 2019), illustrato da Sara Di Francescantonio, che invita a riscoprire quegli attimi che rendono l’infanzia un’età magica che si vorrebbe senza fine.

Alla pagina dell’autore tutti gli articoli scritti da Galiano per ilLibraio.it.

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