Ha fatto il giro del mondo con una sua fotografia a seno nudo, accompagnata dalla scritta “Il mio corpo mi appartiene”. Poi il carcere, e la “fuga” in Francia. Ora la storia di Amina Sboui, femminista e blogger classe ’94, diventa un libro di estrema attualità

“Mi piacerebbe vivere in un mondo in cui non esiste la ‘nostalgia di casa’ perché il mondo intero è la nostra casa. E a questo proposito: ebbene, sì, la Tunisia non mi manca. Mi capita invece di stare male perché delle persone vengono arrestate e io sono del tutto impotente. Sogno un mondo senza razzismo, senza omofobia, senza xenofobia, un mondo d’amore, senza frontiere… un mondo di pace, di musica. Un mondo che abbia per slogan: ‘Libertà, dignità, giustizia sociale’, il mio slogan preferito durante la Rivoluzione tunisina. Innanzitutto perché in Tunisia bisogna ancora gridarlo forte e chiaro, visto che i cittadini non godono né di libertà né di dignità e la giustizia sociale non esiste. Ma anche e soprattutto perché questo slogan è universale e tutti noi possiamo sentirlo come nostro”.   Parola di Amina Sboui, tunisina classe ’94, femminista e blogger, figlia di un medico e di un’insegnante. L’1 marzo 2013 era una studentessa di liceo quando ha diffuso su Facebook una sua fotografia a seno nudo, accompagnata dalla scritta “Il mio corpo mi appartiene”. Dopo lo scalpore generato da questa forma di protesta, la sua vita è cambiata radicalmente. Amina si fa portavoce della sua generazione, dei giovani che come lei hanno partecipato attivamente alla Primavera araba: più libertà in un paese ormai in mano agli integralisti islamici.

Questo gesto le costa quasi la vita: prima viene segregata dai suoi stessi genitori, scandalizzati e timorosi che le conseguenze di un atto così eclatante si ripercuotano su tutta la famiglia; poi, dopo l’adesione al movimento delle Femen, finisce in prigione. Anche da dietro le sbarre Amina continua a battersi: in difesa delle detenute, sistematicamente percosse e angariate, e per la libertà di espressione. Una volta scarcerata, proprio a causa della notorietà che la sua figura ha acquisito nel mondo, Amina non è ancora libera; deve lasciare il suo Paese, in Tunisia le sarebbe impossibile studiare e anche solo vivere, la famiglia teme ritorsioni. Così si rifugia a Parigi

Ora la sua storia diventa un libro, Il mio corpo mi appartiene (in arrivo in libreria per Giunti), il quinto titolo della collana Giunti Narrativa Non Fiction.

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